Passano gli anni e gli avvenimenti si ripetono , Anni 2004- 1866
La crisi della “mucca pazza”
(Credit: Peter Krüger 2004)
Nei primi anni del terzo millennio scoppia la crisi della mucca pazza. La BSE viene identificata in quasi tutti i Paesi della Unione Europea esclusa la Svezia, viene segnalata anche in Paesi extracomunitari quali Giappone, Canada e Stati Uniti. In Italia la prima segnalazione è del 16 gennaio 2001. I divieti includono sempre più organi tra il materiale specifico a rischio che devono essere esclusi dall’alimentazione umana e animale: il cervello, il midollo spinale, tutta la testa, esclusa la lingua e i masseteriDizionario, tutto l’intestino escluso il rumine, tutta la colonna vertebrale degli animali di età superiore ai 12 mesi, l’esclusione di quest’ultima ha determinato la scomparsa della vendita della bistecca tagliata “alla fiorentina”. Questo metodo di lavorazione della carne infatti porta alla possibilità di consumare carne che contiene i gangliDizionario nervosi spinali nei quali è stata dimostrata la presenza delle proteine prionicheDizionario patologiche.
Il primo caso di Bse è stato identificato nel Regno Unito nel 1986. La causa dell’insorgenza della malattia fu imputata all’uso delle farine animali come supplemento proteico nell’alimentazione dei bovini. Nel Regno Unito infatti, le norme sul trattamento ad alta temperatura dei sottoprodotti erano molto meno restrittive rispetto ad altri Paesi. Otto anni dopo la comunità europea ha messo al bando definitivamente questa pratica evitando, in questo modo, il riciclaggio dell’agente infettante attraverso l’utilizzo di carcasse di bovini malati nella produzione di farine di carne ed ossa destinate all’alimentazione animale. In Italia, il Ministero della Sanità, è intervenuto – con l’ordinanza di marzo 2001 con cui si vieta la vendita delle parti del bovino che interessano la colonna vertebrale e i gangli, il cervello e le “frattaglie” – con la legge 9 che dispone per la distruzione del materiale specifico a rischio per encefalopatie spongiformi bovine e delle proteine animali ad alto rischio, – e con l’etichettatura delle carni bovine che consente la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni ai consumatori.