L’ Mait’nàt’
Una delle tradizioni tra le più belle che hanno ceduto il passo, si consumava la notte di San Silvestro. Goliardici gruppi di suonatori giravano per le case del paese eseguendo le cosiddette mait’nàt’, canti augurali per il nuovo anno.Era questa l’occasione per cimentarsi in ardimentosi sottintesi, esilaranti allegorie, pungenti sfottò, con frasi forti e rime gustose, che coinvolgevano personaggi e fatti più chiacchierati durante il corso dell’anno appena terminato.Seguiva il canto augurale. I cosiddetti mait’naturifacevano ritorno alle proprie casea notte ormai inoltrata, stanchi e infreddoliti, ma pur sempre in allegria. Già in piedi alle prime luci dell’alba del primo gennaio, si rimettevano in cammino per un’altra lunga e piacevole giornata. Facevano ritorno presso le abitazioni di quelle famiglie a cui avevano fatto gradita visita la sera precedente dove intonavano il canto augurale mattutino. Non chiedevano soldi, consumavano un fragrante biscotto fatto in casa con acqua, farina e strutto e bevevano un boccale di vino rosso, ben accetto anche se spuntato. Le famiglie ospitantil’allegra e festosa brigata, spontaneamente elargivano in dono, in segno di riconoscenza e di buon auspicio per il nuovo anno, un piatto colmo di granturco, che rimait’naturi raccoglievano in una bisaccia. Una voltariempita la sacca, divenuta pesante portarsela dietro, veniva lasciata in deposito presso il casolare di un amico fidato, per poi provvedere al ritiro del prezioso bottino la domenica successiva (non era possibile prima perché impegnati nel duro lavoro dei campi). Il granturco raggranellatopoteva essere diviso tra i suonatori, oppure venduto ai mulini o a famiglie interessate all’acquisto, con la spartizione del denaro ricavato.
Gabriele Palladino