Il Sud non ha più Banche, ne compagnie di assicurazioni. Il commercio è gestito da 19.000 super mercati tosco padani o esteri.I Porti sono gestiti dalle Autorità portuali e non dai comuni. Una ricchezza di svariati miliardi. I Musei, i siti archeologici,sono tutti statali.Il Petrolio è gestito dall’ENI. Ai paesi produttori regalano il 7%, alla Libia dal 55 al 90%. La burocrazia, inesistente fino al 1861, è stata accentrata dai Savoia. E’ rimasta tale, come tutte le leggi che la regolano.Con un’Autonomia amministrativa, rinascerebbero tutte le nostre attività, commerciali, industrstriali, bancarie, turistiche. Ecco cosa eravamo fino al 1861.
Società finanziarie
Nel 1818 nacque la Società Napolitana di Assicurazione per i rischi marittimi il cui capitale arrivò a 110.000 ducati, diviso tra 1100 azionisti.. Nel 1823 cominciò la concorrenza: nacque la Compagnia del Commercio di Napoli con capitale di 100.000 ducati; nel 1825 fu fondata a Meta di Sorrento la Compagnia di Associazione e Cambi Marittimi del Piano di Sorrento con capitale sociale di 30.600 ducati, poi portato a 40.000. Nel 1826 nacque la Compagnia Partenopea con 40.000 ducati di capitale. Sempre a Meta nacque la Prima Compagnia Metese di Assicurazioni Marittime con capitale iniziale di 18.000 ducati successivamente elevato a 30.000 diviso fra 63 azionisti. Nel 1829, a Napoli, fu fondata la Compagnia per i Rischi Marittimi con capitale di 50.000 ducati e la Società Tontina per i Rischi Marittimi con capitale di 75.000 ducati. Nel 1831 sempre a Meta di Sorrento nacque la Seconda Compagnia Metese di Assicurazione e Rischi marittimi con capitale di 47.000. Dal 1818 al 1831 furono 552.000 i ducati investiti in compagnie di assicurazioni e cambi marittimi. Oggi non esistono più società di assicurazioni meridionali. Tutte del nord, divise tra Genova, Trieste, Milano, Torino e Bologna. Parlare di tutte le società nate tra il 1815 e il 1860 sarebbe cosa ardua, ma possiamo affermare con certezza che il Regno delle Due Sicilie stava strabiliando il mondo mentre in Piemonte e in Lombardia si moriva di pellagra e di inedia. Nel 1826 fu fondata la Cassa di Conservazione delle Rendite dei Beni Fondi del Regno delle Due Sicilie e la Compagnia di Assicurazione contro gli Incendi. Nel 1827 nacquero la Cassa Rurale, la Cassa di Risparmio di Napoli e la Banca Fruttuaria che aveva un capitale di 600.000 ducati diviso in 10.000 azioni e fu la prima banca specializzata negli investimenti industriali, la Compagnia Tipografica con capitale di 50.000 ducati. Grande sviluppo ebbe la Società di Assicurazioni Diverse istituita nel 1825 con capitale di 500.000 ducati diviso in 500 azioni; detta compagnia stipulava polizze su tutto: sulla vita, sulla sopravvivenza, sui vitalizi, sugli incendi, ed inoltre anticipava denaro agli impiegati statali. Nel 1833, nel giro di pochi mesi sorsero le seguenti compagnie: la Società Enologica, con capitali di 60.000 ducati iniziali poi raddoppiati; la Società Industriale Partenopea con 600.000 ducati di capitali; la Economica Commerciale, la Compagnia Sebezia con capitale di 1.000.000 di ducati, promotrice delle industrie nazionali; la Compagnia di assicurazioni generali del Sebeto, con capitale di 60.000 ducati; la Compagnia Commerciale di assicurazioni, con capitale di 400.000 ducati; la Società di circolazione e garanzia, con capitale di 400.000 ducati; nacque una Compagnia d’Industria e belle arti, con capitale di 60.000 ducati che riuscì ad appaltare la costruzione del teatro San Carlo come pure dello stesso tipo nacuero una Compagnia di manutenzione ed un’altra di Edilizia con capitale di 300 mila ducati. Nel 1834 nacque la Banca del Tavoliere con un capitale di 2.500.000 di ducati. Ludovico Bianchini, dall’opera del quale abbiamo attinto questi dati così si espresse a proposito dello scoppiettare di tanta energia:”…E fu spettacolo veramente singolare in quei giorni che bastava render noto per le stampe gli statuti di siffatte compagnie, perché grandissimo numero di persone corresse ad associarvisi acquistando le azioni…”.( Ludovico Bianchini, Ibidem, pag 613)
Capitali esteri affluivano nel Reame e l’industria tutta ne godeva benefici incommensurabili. Tali capitali, favoriti dalla politica moderatamente protezionistica voluta da Ferdinando II, non fecero che rendere più ricco e prospero il Regno e rafforzare la sua indipendenza; era così liberista, per i tempi, il sistema ferdinandeo che persino Lord Peel, al Parlamento inglese, elogiò il Governo napolitano.
Antonio Ciano