Morte di Anita Garibaldi, 4 agosto 1949, referto autopsia: unico indizio, strangolamento
La Repubblica di Roma aveva preso una piega diversa dalle aspettative.
Garibaldi, braccato dalle guardie papaline è in fuga verso Venezia, una delle ultime città italiane che resiste all’assedio degli austriaci.
A Cesenatico, il 2 agosto prende il mare con tredici bragozzi ma viene quasi subito intercettato dalla marina austriaca. I due bragozzi superstiti con Garibaldi e un trentina di persone si arenano sulla spiaggia della Pialassa, fra la Mesola e Magnavacca.
La situazione è tragica, Garibaldi, resta solo con il legionario Maggior Leggero e Anna Maria Ribeiro da Silva, è questo il nome Anita, che è ormai agonizzante.
Poco dopo compare un compatriota di Ravenna, Nino Bonnet, che richiamato dalle cannonate austriache, è accorso sul posto. Questi, con i mazziniani del luogo, organizza una rete di soccorso.
Si rifugiano in un casolare dove i due uomini abbandonano l’uniforme per vestirsi da contadini.
Per l’intera giornata del 3 agosto si spostano a piedi e in barca per sfuggire alle pattuglie dei gendarmi,
Il pomeriggio e la sera si rifugiano a Villa Zanetto, ospiti della signora Patrignani che cerca di convincere Anita a fermarsi lì e permettere al Generale di fuggire più facilmente.
Ancora una volta però Anita chiede al marito di non lasciarla.
Garibaldi si rivolge a Bonnet:
“Voi non potete immaginarvi quali e quanti servigi mi abbia resi questa donna! Quale e quanta tenerezza ella nutra per me. lo ho verso di lei un immenso debito di riconoscenza e di amore… lasciate che mi segua”.
La fuga continua il giorno dopo, con un carretto, su cui viene adagiata Anita ormai morente.
Nel tardo pomeriggio del 4 agosto del 1949, alla fattoria Ravaglia del marchese Guiccioli, alle Mandriole, a 29 anni, Anita muore.
Il medico Pietro Nannini, chiamato da amici patrioti, non può che constatarne il decesso.
“avendola dopo alcuni minuti nuovamente visitata riconobbe che era morta, e lo verificò dopo averle nuovamente tastato il polso, e fatte quelle altre esplorazioni, che in simili casi sono ordinate dall’arte medica. Che nessun segno di Maleficio riscontrò in quel cadavere”
(Ivàn Boris e Mino Milani, op.cit., pago 164).
Garibaldi, a questo punto, si abbandona a una scenata fuori di ogni controllo, urla e impreca, esce all’aperto, si strappa gli abiti con i quali si era travestito.
Poi si calma, rientra in casa, chiude gli occhi di Anita e scoppia in un pianto irrefrenabile.
Prega i presenti di portare la salma di Anita a Ravenna e di farla imbalsamare. Gli fanno notare l’impossibilità dell’operazione e allora lui chiede che ne conservino almeno le ossa.
Bonnet lo sollecita di allontanarsi prima dell’arrivo dei gendarmi: prega.
Dopo che Garibaldi se ne è andato, Anita viene sepolta frettolosamente sotto un cumulo di sabbia.
Dopo qualche giorno, dei ragazzi vedono una mano che affiora dal terreno.
Arrivano le guardie, se ne dissotterra la salma e si richiede un’ autopsia, del cui risultato viene redatto un regolare verbale in cui si ipotizza la morte per strangolamento della donna.
Testo del rapporto stilato dal Delegato Pontificio di Polizia in Ravenna, conte Lovatelli, e consegnato a monsignor Bedini, Commissario Pontificio Straordinario di Bologna, il 12 agosto 1849:
“Eccellenza Reverendissima, mi reco a premuroso dovere rassegnare rapporto a Vostra Eccellenza Reverendissima sul reperimento d’ ignoto cadavere. Venerdì scorso 10 corrente da alcuni ragazzetti in certe lande di proprietà Guiccioli alle Mandriole in distanza di circa un miglio dal Porto di Primaro, e di circa 11 miglia da Comacchio, fu trovato sporgere da una motta di sabbia una mano umana.
Presso la ricevuta notizia accedette ieri la Curia in luogo, dove giunta fu osservata la detta mano e parte del corrispondente avambraccio, che erano stati divorati da animali, e dalla putrefazione.
Fatta levare la sabbia, che vi era, per l’altezza di circa mezzo metro, fu scoperto il cadavere di una femmina, dell’altezza di un metro e due terzi circa (1,65 cm) dell’apparente età di 30 in 35 anni alquanto complessa, i capelli già staccati dalla cute e sparsi fra la sabbia, erano di colore scuro piuttosto lunghi, così detti alla Puritana.
Fu osservato avere gli occhi sporgenti, e metà della lingua pure sporgente fra i denti, nonché la trachea rotta ed un segno circolare intorno al collo, segni non equivoci di sofferto strangolamento.
Ne alcuna altra lesione fu osservata nella periferia del di lei corpo; fu veduto mancarle due denti molari della mandibola superiore alla parte sinistra ed altro dente pur molare alla parte destra della mandibola inferiore.
Sezionato il cadavere, fu trovato gravido di circa sei mesi.
Era vestita di camicia di cambrik (tela di cotone) bianco, di sottana simile, di sournous (un corto mantellino) egualmente di cambrik, fondo paonazzo,fiorato di bianco.
Scalza nelle gambe e nei piedi, senza alcun ornamento alle dita, al collo, alle orecchie, tuttoché forate.
Li piedi mostravano di essere di persona piuttosto civile, e non di campagna, perché non callosi nelle piante.
La massa delle persone accorse da Mandriole, da Primaro, da Sant ‘Alberto e altri finitimi luoghi non seppero riconoscere il cadavere. Non si è potuto stabilire il colore della carnagione per essere il cadavere in putrefazione, nel qual caso non rappresenta il color naturale.
Ne si credette trasportarlo in più pubblico luogo per lo ricognizione, atteso il gran fetore per cui fu subito sotterrato anche per riguardo della pubblica salute.
Tutto ciò conduce a credere che fosse il cadavere della moglie o donna che seguiva il Garibaldi, sì per le prevenzioni che si avevano del di lui sbarco da quelle parti, sia per lo stato di gravidanza.
Fin qui è oscuro come sia giunta quella donna in quei siti, e come sia rimasta vittima.
Si stanno però praticando le opportune indagini, delle quali sarà mia premura sottomettere all’Eccellenza Vostra Reverendissima alla opportunità l’analogo risultato”
(Riportato da: Ivàn Boris e Mino Milani, op.cit., pagg. 156- I 57).
Dopo l’autopsia, il corpo venne sepolto nudo, avvolto in una stuoia di canne, nel piccolo cimitero delle Mandriole, 1’11 agosto 1849.
Fonte: liberamente tratto da srs di Gilerto Oneto