Scalpellini
Nei lunghi secoli di storia l’arte popolare ha prodotto modelli e tipologie che testimoniano l’esistenza di una cultura insediativa di tipo rurale, legata al territorio nel suo lento e progressivo mutamento.
Il paesaggio è intimamente connesso ai materiali del luogo, alla terra, alla sua storia. Le architetture rurali in pietra, per millenni resistenti al tempo e all’uomo, ci conducono in quel cammino secolare in cui il territorio è stato lentamente trasformato, disegnato e sfruttato in ogni suo angolo.
La cultura della pietra non ha tempo e nasce da atteggiamenti e abitudini mentali estremamente costanti. La disponibilità della pietra sul luogo e la facilità di estrazione e montaggio secondo tecniche usuali tramandate nella pratica e nel corso dei secoli, ne hanno consentito l’impiego con semplici combinazioni di elementi essenziali.
Scenari in cui la pietra è l’elemento prevalente si trovano un po’ ovunque: nei vicoli, nelle piazze, nelle campagne. Opere senza nome né tempo dei valenti scalpellini pontelandolfesi, che diedero vita ad una delle più riverite maestranze, apprezzata ovunque e che raggiunse il massimo dell’espressione artistica nell’800.
L’immagine del paese viene data soprattutto dalle tante strade, piazze, vicoli, scalinate in basole e acciottolato, tutte pregevoli opere degli scalpellini.
Fu lo scalpello, l’attrezzo principale che i maestri artigiani utilizzavano per il loro lavoro, a dare il nome al mestiere.
Gli scalpellini, lavoravano maggiormente, come ci ricorda il Daniele Perugini (nella sua Monografia di Pontelandolfo del 1878:”Evvi una specie di tufo poroso, ossia il vero tufo di alluvione di concrezioni calcari e silicee, che si cava nei monti lungi dal paese due miglia ed importano ducati otto la canna cubica di palmi otto: s’impiega nei muri interni e nelle volte”) la pietra
calcarea di silice e il vero tufo di alluvione di concrezioni calcari e silicee, che estraevano dai monti. Dopo aver scelto il blocco di pietra a loro occorrente, i tagliatori la spaccavano in punti precisi con mazze di ferro e cunei. Il blocco veniva poi poggiato su travi unte con grasso al fine di facilitarne la scorrevolezza. Si arrivava così sino alla strada rotabile ove il blocco veniva trasportato, a bordo di carri trainati da muli, fino al luogo dove si effettuava la lavorazione vera e propria: la località Campetelle.
L’arte del cesello, della pietra “ricamata” è il sedimentato di secoli e secoli di dura fatica. Percorsi lunghi, difficili, sofferti; lunghe tappe e tantissimi cambiamenti di costume e sensibilità per arrivare alla tradizione artigianale, alla familiarità con i problemi teorici dell’arte e della pratica architettonica. Basterà fermarsi dinanzi al portale dell’antica Congrega, miracolosamente messo in salvo, per trovare conferma dell’ingegno degli scalpellini. Nel portale della diruta Congrega si ritrovano tutti i segni del processo creativo di assimilazione, trasformazione e lavorazione della pietra.
Il cemento, l’asfalto e la pietra lavica post terremoto del 1962 deturparono molte di quelle strade e di quelle piazze, ma da alcuni anni l’insipienza si è attenuata e si va riformando la cultura di quest’arte, tant’è che qualche strada è stata recuperata, come via Municipio, via Forno Vecchio, l’Arena Vittoria, piazza avv. Michele Colesanti, piazza Concetta Biondi.
Interventi di demolizione e di ricostruzione fuori sito si fecero chiamare” processo di rinnovamento urbano” ma senza produrre episodi architettonici ed urbanistici di qualità. Con il rinnovamento andarono perduti portali ed altari e quant’altro del lavoro dei maestri scalpellini. Il portale, elemento di filtro, passaggio obbligatorio tra esterno ed interno, tutto in pietra lavorata a mano, viene sostituito con elementari lastre di marmo. E’ la fine di un’epoca. E’ la morte della scuola degli scalpellini di Pontelandolfo. Con disinvoltura ,ai limiti dello sfregio, vennero portati a discarica portali, cornici, capitelli, fascioni: materiale di grande pregio, dalla significativa chiarezza di esecuzione che ricollegavano le maestranze locali alla scuola architettonica napoletana.
Le decine e decine di scalpellini, vanto di Pontelandolfo, che per secoli avevano costituito una gloriosa corporazione artigiana, tramandandosi il mestiere di padre in figlio, come si fa con un bene prezioso, oggi sono del tutto scomparsi, come del resto molti antichi mestieri, a causa delle profonde trasformazioni legate al progressivo scomparire di tutto un mondo culturale.
La casa rurale
L’uso della pietra sul territorio pontelandolfese si evidenzia anche nella costruzione delle abitazioni rurali: questo è infatti il materiale più diffuso adoperato nell’edilizia abitativa a prescindere dalla tipologia e dalla funzione dell’abitazione.
Dal lato tecnico-costuttivo la pietra viene adoperata con molta semplicità e lavorata per la realizzazione del portale , composto di più pezzi.
Gli strumenti per la lavorazione sono di semplice fattura, distinti tra strumenti a percussione (mazzola,martello,bocciarda) e strumenti da taglio (scalpello,gradia,subbia). Ognuno di essi può essere adoperato con forza e inclinazione diversa, a seconda del tipo di pietra (dura o tenera) e della rifinitura che si vuole ottenere. Ogni strumento viene utilizzato in una fase specifica della lavorazione, in maniera metodica e sequenziale. A questo proposito è il caso di citare una frase di Peter Rockwell tratta dalla presentazione del suo libro Lavorare la pietra: “Un pezzo di pietra lavorata costituisce un documento che, se correttamente compreso, descrive la propria manifattura, un documento il cui linguaggio può essere letto solo da coloro che ne abbiano imparato i segni”.
L’ARTE DELLA PIETRA – GLI SCALPELLINI
IL nostro è un paese costruito sulla roccia e le case, almeno quelle di una volta, tutte in pietra lavorata a faccia vista, come dicevano gli antichi. Una tradizione di lavoro e di arte, con la torre monumentale a ricordarlo anche al passante occasionale e distratto. Un racconto complesso, un lungo viaggio nei secoli: dall’anno mille sino al 1962,quando il terremoto del 22 agosto fece scempio del borgo medievale ed aprì le porte alla cultura del cemento. Il terremoto segnò anche la fine di esperienze professionali della tradizione artigianale. Quasi d’improvviso non ci fu più domani per il mastro muratore e lo scalpellino. Interventi di demolizione e di ricostruzione fuori sito si fecero chiamare” processo di rinnovamento urbano” ma senza produrre episodi architettonici ed urbanistici di qualità. Con il rinnovamento andarono perduti portali ed altari e quant’altro del lavoro dei maestri scalpellini. Il portale, elemento di filtro, passaggio obbligatorio tra esterno ed interno, tutto in pietra lavorata a mano, viene sostituito con elementari lastre di marmo. E’ la fine di un’epoca. E’ la morte della scuola degli scalpellini di Pontelandolfo. Con disinvoltura ,ai limiti dello sfregio, vennero portati a discarica portali, cornici, capitelli, fascioni: materiale di grande pregio, dalla significativa chiarezza di esecuzione che, senza tema di smentita, ricollegavano le maestranze locali alla scuola architettonica napoletana. Tutte le opere erano in pietra calcarea locale. Sicchè, prima dei maestri scalpellini vanno ricordati i cavapietre: lavoratori senza salario e senza garanzie; il lavoro alla giornata, che rompe la schiena e che fa soltanto sopravvivere. L’arte del cesello, della pietra “ricamata” è il sedimentato di secoli e secoli di dura fatica. Percorsi lunghi, difficili, sofferti; lunghe tappe e tantissimi cambiamenti di costume e sensibilità per arrivare alla tradizione artigianale, alla familiarità con i problemi teorici dell’arte e della pratica architettonica. Basterà fermarsi dinanzi al portale dell’antica Congrega, miracolosamente messo in salvo, per trovare conferma dell’ingegno dei nostri scalpellini. Nel portale della diruta Congrega si ritrovano tutti i segni del processo creativo di assimilazione, trasformazione e lavorazione della pietra. Non tutto è perduto! Nel ricordo dei mastri muratori e scalpellini – da Demetrio De Michele a Francesco Ranaudo, figure esemplari, mai scolorite nella nostra memoria- raccoglieremo i reperti fotografici di portali, altari, fregi ornamentali e quant’altro della scuola degli scalpellini. Vogliamo realizzare una galleria o, più semplicemente, un album di fotografie per fare un viaggio a ritroso, nella Pontelandolfo arcaica, nella ricchezza della nostra tradizione artigianale ed artistica.
>>GALLERIA ANTICHI PORTALI