Foggia di vestire: il costume
Il costume folklorico nel suo specifico significato indica le fogge di vestire tradizionali e popolari e ha un’area di diffusione che quasi mai coincide con quella della regione e della nazione.
Varia secondo il ceto e la posizione sociale di chi lo indossa, e i suoi singoli elementi assumono una funzione specifica.
Il Corredo maschile:
Camicia in cotone di colore bianco con ricami intessuti a mano e nascosta da un gilèt di panno di lana blu.
Calzoni. Definiti di panno di lana di casa, pesante, di color blu, trattenuti alla vita con una fascetta di lana, sempre tessuta in casa, chiusi davanti con bottoni neri, forniti di tasche.
Calze di lana di pecora filata in casa dalle donne con fuso e conocchio. Erano di colore bianco, tubolari, lunghe fin sotto le ginocchia e fermate con lacci colorati. Dall ’ inchiesta murattiana del 1812 risulta che esse erano già in uso nel ’700, contemporaneamente alle pezze di lino o di canapa o di pelle di capra. Si può supporre che tale lavorazione, iniziata in Italia nel XVII secolo, sia stata conosciuta e praticata dalle donne pontelandolfesi già dal secolo XVIII.
Zampitti. Ispirati ai calzari romani e analoghi alle cioce laziali vennero portati dai pastori durante la transumanza. Erano composti da un pezzo di pelle di asino, bue o mulo, più grandi della pianta del piede, così da poter essere sollevati tutt’intorno e tenuti fermi con stringhe che arrivavano alle caviglie e fin sopra i polpacci, mediante vari ed originali intrecci. Mantello di panno di lana di casa, pesante, nero, a tutta campana o meno, secondo le possibilità economiche, con colletto agganciato alla base del collo con una borchia di metallo.
Il corredo femminile:
Camicia di cotone di colore bianco caratterizzata da particolari pizzi ad intaglio sia sulle maniche che sul petto.
Gonna di pesante panno blu scuro, presenta molte pieghe nella parte posteriore sia in alto che in basso; in alto è retta da due bretelle intrecciate dietro.
Grembiule (mantera o avantera) di lana colorata intessuta a mano o con telai, rispecchia tutti i colori del folklore. Su fondo bianco vi sono ricamati fiori, geroglifici e animali; quello usato durante gli sponsali presenta, invece, laminette di oro e di argento.
“Scolla ” di seta, a frange colorate, viene intrecciata sul petto e fermata con spille sui fianchi.
Nastri colorati posti al centro della schiena e su un spalla rendono il costume particolarmente vistoso.
Scialle di lana blu, con ricami alle estremità, veniva usato dalle donne per coprire le spalle nei freddi inverni.
Panno rosso un mantello ottenuto con lana flanella e tinto in rosso o scarlatto era portato dalle donne nei giorni di festa affinché non si vedesse il bianco della camicia che fuoriusciva tra i due spacchi della gonna.
Fazzoletto legato dietro la nuca copre il capo delle donne lasciando scoperti i lobi dell’orecchio da cui pendono grossi orecchini. Il colore del fazzoletto indica lo stato civile della donna: se nubile può essere di vari colori; se vedova, di colore nero; se indossato per la festa nuziale, è di colore bianco.
Daniele Perugini così descrive i cosiddetti panni, gli indumenti, delle donne, nella sua Monografia di Pontelandolfo edita nel 1878:
“Le donne di campagna poi, sì nell’inverno, che nella state, vestono sempre gonne di panno blù con molte pieghe fermate ad un busto del panno istesso, sostenuto da due strisce guarnite di nastri, che girano sulle spalle dai reni al petto. La gonna poi dalla parte di dietro offre due aperture, in corrispondenza delle natiche, e si distinguono per essere guarnite di molte fettucce o nastri increspati di color verde per lo più: ed onde non far comparire la camicia, aprendosi, vi sottostà un panno di lana rosso o scarlatto, guarnito di fettuccia verde che si allaccia nel petto ed è solo visibile sotto le ascelle. Il grembiale detto antiseno è di lana colorata nel mezzo: sopra e sotto presenta un ricamo a telaio di un’arte propria del comune. Fiori, geroglifici, ed animali si veggono in su fondo bianco, e quelli che usano negli sponsali sono intessuti con laminette di oro e di argento, lana e seta di vario colore”.
I tessuti – Lana. Di questa fibra furono tutti i capi del costume pontelandolfese. Il tessuto, realizzato con telai rudimentali ottenuti in famiglia- e perciò detto “di casa” o “paesano”- risultava grossolano, pesante, ma resistentissimo. Poteva essere valicato e quindi ammorbidito presso gualchiere operanti nel paese. Il procedimento per ottenere tale panno era primitivo: si lavava la lana tosata, si faceva bollire agitandola senza interruzione in una caldaia di rame su fiamma vivace, si scolava, si lasciava raffreddare ed infine, filata a mano, si passava al telaio.
Per la biancheria intima si produceva un tessuto più leggero con filo di lino, accia per l’ordito e di lana per la trama. E questo, di solito veniva valicato.
Cotone. Tra i tessuti derivanti da questa fibra, ricavata dalle capsule di una pianta delle malvacee, maggiormente usato per la biancheria intima era il fustagno.
Seta. Di questo tessuto fu la “scolla” e le frange del fazzoletto; è ottenuta dalle ghiandole di alcune specie di insetti (e particolarmente dalla larva del baco da seta) in forma di filamento sottilissimo di bava.
I colori
Prima dell’uso di prodotti chimici, l’uomo imparò ad adoperare elementi naturali per dare il colore ai tessuti, spinto dalla forza istintiva di soddisfare le sue esigenze ed i suoi desideri, riuscì ad ottenere una gamma sufficientemente differenziata di colori.
Nero. Dalla fuliggine, feligna, raschiata dai paioli perennemente sospesi sul fuoco o dalle gole dei camini. Essa veniva setacciata per eliminare i grumi, fatta bollire per circa mezz’ora in acqua in cui, poi, s’immergeva la stoffa facendola a sua volta bollire per dieci minuti; indi si lasciava raffreddare per 24 ore, si sciacquava con abbondante acqua fredda e si lasciava ad asciugare. La quantità di fuliggine era proporzionata alla quantità di stoffa da tingere e all’intensità del nero che si desidera ottenere.
Rosso. Sia dalla robbia, pianta mediterranea contenente principi coloranti rossi, sia dalle barbabietole sia dal verzino, piante leguminose il cui legno fornisce materia di questo colore.
Azzurro :dall’indaco, pianta leguminosa.
Celeste. dalle foglie di scotano, arbusto comune nelle zone submontane.
Verde. Ottenuto attraverso due fasi di lavorazione: colorando dapprima la stoffa in giallo e poi facendola bollire con crusca, acqua e sale.
Le materie vegetali venivano in genere fatte essiccare, ridotte in polvere, versate in un caldaio con acqua alla temperatura suggerita dall’esperienza, con un po’ d’aceto di vino, di sale elementi fissativi della tinta; prima di immergervi il tessuto si saggiava l’intensità del colore, intingendovi un fiocchetto di lana ben pulito.
L’ introduzione di fibre sintetiche nei tessuti e la diffusione su tutti i mercati di confezionamento in serie, adatti ad ogni tipo di stagione, ad ogni tipo di lavoro, di ogni misura, di ogni prezzo fanno si che il contadino si serve di esse proprio per la facilità di procurarsi ciò che gli occorre.