Campagnoli e Bonucci-I ponti di ferro sul Gariglian e sul Calore

RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “POLIORAMA PITTORESCO” ANNO PRIMO-SEMESTRE PRIMO- NAPOLI AGOSTO 1836
Da pag.78 A 80
COPERTINA da 80 Poliorama_pittorescoI PONTI DI FERRO SUL GARIGLIANO E SUL CALORE

Ponte Ferdinandeo sul Garigliano – Quattro colonne isolate di architettura egiziana ciascuna 28 palmi nell’altezza, e 10 nel diametro, s’innalzano sul fiume, due sulla sponda destra, e due a rincontro sulla sinistra, Adagiansi tutte solidissimamente sopra dadi massicci di fabbrica per vaga maniera rivestiti con pietra ad intaglio; e sorreggono quattro catene di ferro in due piani verticali e paralleli disposte.
Ogni catena è lunga in tutto palmi 518;306 compongono l’arco rovescio, da noi chiamato ramo o tratto di sospensione; il quale ha la corda di palmi 303, e la greecia di bel circa di 20, e gli altri 212 fanno i rami o tratti di ritenuta. Spiccansi questi dalla cima d’ogni colonna sotto la direzione di 28 gradi dell’orizzonte, e vanno sotterra per più di 40 palmi confitti in profondi massi di pietra.
Altre robuste fabbriche rinfiancano i massi ed alle fondamenta delle colonne li congiungono.
Cento e otto aste di ferro cadenti dall’arco rovescio tengon sospeso lo sfratto del ponte. Esso è lungo palmi 286, largo 22, e in 3 sentieri scompartito. I laterali per commodo de’pedoni, e quindi più rilevati, il mezzano per gli animali e le ruote.
Lungo i primi camminano parapetti, a’quali se ti affacci crederai essere in una svelta ed ariosissima terrazza che sporga sul fiume; le aperture de’cuniroli, dove si affondano le catene di ritenuta, son ricoperte da salde basi di pietra con sopra sfingi, che ritraggono dell’antico.
Né mancano, a’quattro lati, scalini, che a tuo bell’agio potranno menarti fino à greti dove il fiume lambe le rive.
I capi del ponte alle due estremità rispondono ciascuno an una piazza di forma ottagona adorna di due casette di eguale architettura fatte per commodo de’custodi, e delle guardi, e con alberi frammessi, i quali aggiungon vaghezza, quanta non puoi credere, al resto.
L’ opera fu di punto compiuta all’uscir di Aprile dell’anno 1832, essendocisi consumati poco più di quattro anni.
Il ferro per le catene pesava Kil: 68, 857 (cantari 786,76)
L’intera spesa ha sommato 75 mila docati di Regno.
Convien ora da quel sito veder la magnifica mostra, che fa di se il nuovo ponte librato come in aria sul fiume, nel bel mezzo di vasta pianura. Tu scopri da una parte colline e monti, che pittorescamente e svariatamente sì prolungano fin dove giunge lo sguardo; dall’altra un mare sfogato ed azzurro, che alle grigie torri di Gaeta fa specchio. Byron lo avrebbe detto il ponte delle Fate.
E perchè poi non manchi vita e movimento alla scena ci ha un andare, un venire, uno scontrarsi continuo di carrozze, di carri, di barche, d’uomini, di donne spesso con abbigliamenti e foggia bizzarre e capricciose de’contadi prossimani; e tutto questo sotto il più lucido cielo del mondo, e in mezzo alle memorie sublimi di tanti fatti gloriosi!(Questo squarcio è tratto da una lunga descrizione del ponte di ferro sul Garigliano, inserita negli Annali Civili e segnataG.** F.**)
Il ponte Cristino sul Calore.- la magnifica strada, che da Napoli conduce al ponte di ferro sul Calore attraversa un paese, che la natura, la storia e le arti hanno renduto famoso.
Dopo alcune ore d’incantevole viaggio, s’incontra Maddaloni, che presenta sull’alto d’una sterile rupe le sue vecchie mura e le sue torri erette dai Longobardi, e da’Normanni. Ivi ebbero illustre stanza i Conti Roberto e Raulo, che seguirono Guglielmo II in Oriente, e che diffusero la gloria delle nostre armi fra’nemici della umanità, dell’incivilimento, e della fede.
Poco lungi da Maddaloui era l’antica Calatia, ove alcuni Sanniti travestiti da pastori diedero a’Consoli romani la falsa nuova, che Luceria era assediata, e additarono loro per soccorrerla il sentiero più breve, ma più angusto della Valle caudina.
Lasciando a dritta la prima fauce di questa valle, si scuopre di rincontro l’acquidatto Carolino, che sembra lanciare maestosamente dal monte Longano a Tifati un triplice ordine di archi trionfali, a fine di recare alla vicina Caserta, erede delle delizie e della grandezza di Capua, il corso di due intieri fiumi, il Fizzo , e l’Isclero.
Si direbbe, che quest’opera colossale ed ardita, a cui non mancano, che i secoli per farla credere romana, sia colà situata come per indicare con una meraviglia lo ingresso di quel Sannio caudino, che dee terminare con un’altra meraviglia, col ponte di ferro; riepilogando così in questi due capilavori del genio e della munificenza Borbonica, i luminosi risultamenti delle nostre arti, e della nostra coltura nel secolo passato, e presente.
Salimmo su di una collina presso l’acquidotto per osservare la contrada, che avevamo trascorsa, e quella, che ci restava a percorrere fino al Calore.
Appiè d’un olivo selvaggio, su di un suolo ricoverto di mirti, mentre il vento del Matese ci spingea sul volto le foglie de’cerri, che vi crescono orgogliosi noi contemplavamo la più stupenda prospettiva. — All’oriente si mirava il castello d’Arienzo sorgere isolato su di un’altura quasi per segnarci il passo più pericoloso delle Forche caudine. — Più in là, si distendea la regione montuosa degli Irpini e la pianura di Benevento. — A mezzogiorno, il mar tirreno risplendente di luce confondeva il suo languido azzurro con quello del cielo; ad occidente i piani di Capua, e di Casilino ci ricordavano gli Etrusci, ed Annibale; finalmente a settentrione, la vista si perdea nel Matese ricoverto di nevi, nel Taburno cinto di nebbia e di foreste, e nella vallata ove il Calore, dopo di essersi avanzato e ripiegato più volte intorno a se stesso, come un serpente, si riunisce maestosamente al Volturno.
Oltrepassatoo intanto l’acquidatto della Valle, il paese cangia improvvisamente di sembianza e di clima. L’autunno, che quasi potrebbe dirsi cominciato nella Campania, invia di già il suo ultimo raggio sulle balze caudine. Alle pianure fertili ed estese, ove i più ricchi pascoli sostituiscono le messi e la vendemmia, succedono i monti sterili e le valli, in cui gli olivi solitari si alternano maestosamente co’vari gruppi delle querce e de’faggi. La storia svela nell’opposta natura di questa contrada le sue memorie più melanconiche. La Campania, che scuopriva voluttuosa e ridente le sue dovizie allo sguardo de’poveri abitatori degli Appennini dovea ben presto divenir la preda della loro avidità , e del loro coraggio. I Sanniti appresero a vicenda, che a Capua si sarebbero incontrati co’Romani, e colà si dovea decidere la lunga quistione della pace e della guerra, della servitù e dell’indipendenza.
Giunta a Salipaca , villaggio surto fra ruderi di Plistia, e di Vitalia, e che privo di celebrità sembra nascondersi fra’burroni e le selve, la strada sannitica non potendo superare le smisurate rocce volcaniche del Taburno, si rivolge verso il Calore. Colà un elegante ponte di ferro, sospeso a un doppio ordine di catene, la riceve graziosamente, e la ricongiunge all’altra sponda della riviera….
Questo ponte presenta la larghezza di palmi 22 compresi i marciapiedi ; e la lunghezza dì p.226. La sua altezza dal filo più basso delle acque è di circa p.35 ; sicchè le più grandi alluvioni non eccedendo ordinariamente i 21 palmi, il ponte è loro superiore di 14. Il suo pavimento resta sospeso a 4 fasci, o rami di catene, ognuno della corda di palmi 240 misurata tra gli assi de’pilastri; e della freccia di circa palmi 15. La sua costruzione è quasi interamente simile a quella del Ferdinandio; se non che la forma delle articolazioni, il disegno de’sospensori, e la cangegnazione de’pendoli sono più semplici, ed il numero delle maglie alquanto minori.
L’opera fu incominciata a luglio del 1832, e compiuta in marzo del 1835.
La valuta de’lavori ascese alla somma di circa 59 mila ducati.
Il metallo si è estratto, e lavorato nelle ferriere del Principe di Satriano Cav. Carlo Filangieri di Gaetano.
I pezzi di getto sono stati fusi nella Real fabbrica dalla Mongiana.
Prima di aprirsi al commercio, il nuovo ponte fu sottoposto all’esperimento d’un carico di circa 956 cantari.
L’opera fu diretta dal Cavalier Luigi Giura Ispettor generale delle acque e strade; e fu inaugurato il 5 aprile 1835 dalla Maestà del Re,che gli dié il nome della
sua Augusta Consorte Cristina di sì cara, e dolorosa rimembranza.
Immobili avanti ad uno de’Leoni di marmo, che sembrano star di guardia sugl’ingressi del ponte, noi volgevamo lo sguardo a’suoi magnifici contorni. Quivi tre province allungano i loro angoli estremi, come per darsi la mano, il Contado di Molise, la Terra di Lavoro, ed il Principato Uiteriore, A destra si hanno le balze pittoresche di Camposcuro, la valle ed il punte delle streghe celebri nelle tradizioni nazionali, ed il piano di Benvento, ove la dinstia di Manfredi erì sotto i colpi de’Guelfi fiorentini, e di Carlo.
A sinistra si scuoprono le rovine di Telesia patria di Erennio amico d’Archita, e di Platone, e de’due Ponzi Telesini, che misero più volte agli estremi la fortuna di Romaa. Montenero eleva colà la sua punta vulcanica, e denpmina co’ruderi d’un accampamento romano le fortificazioni d’un castello sannita.A’suoi piedi scorre la fontanaa de’tre colori, così chiamata per la tinta graziosa prodotta da’principali minerali delle sue acque. Più sopra è Cerrito, dove Annone ricevè una grave disfatta dal Console Fulvio.

Seguono infine gli avanzi di Limata, città de’mezzi tempi, che fu distrutta per aver conteso il passaggio del fiume a Ruggiepo, il fondatore della nostra Monarchia.
L’orizzonte è chiuso da’giochi volcanici del Tiferno,il baluardo dell’indipendenza Sannitica, che sorpassano in altezza la regione delle nubi, e delle procelle, e su
quali mirasi tuttora, come fralle Alpi, il sole ed il crepuscolo, quando nella pianura regnano da più ore le tenebre e la notte. Dietro a quelle rupi son tramontati
27 secoli di sciagure,di rimembranze e di gloria; ma quelle cime sono si stavate, che il loro ultimo raggio vi risplende tuttora.
In tal guisa fralle catastrofi del tempo, della natura e degli uomini, il nostro ponte di ferro si ritrova in mezzo del Sannio, come un monumento di prosperità e di pace, che narrerà a’posteri una della più belle pagine della nostra storia.
PASQUALE CAMPAGNOLI.
CARLO BONUCCI.