RICERCA EFFETTUATA SU “GOOGLE LIBRI” DAL LIBRO “IL BRIGANTAGGIO; O L’ITALIA DOPO LA DITTATURA DI GARIBALDI..” di Giacomo Oddo edito da SCORZA editori-Milano-186
Da pag.310 a 316
Venuti alla necessità di capitolare, i generali Borbonici si adunarono per determinare alcuni importanti articoli della capitolazione. Comunque cotesti articoli dovessero esser pure discussi dal nemico già vincitore, pure vollero determinarli, se non per imporli al Cialdini, almeno perchè egli conoscesse le opinioni della guarnigione.
Adunque il giorno stesso 13 di febbrajo, fu stabilita e firmata da ambe le parti la seguente capitolazione:
Art.° 1° La piazza di Gaeta, il suo armamento completo, scuderie, magazzini a polvere, vestiario, viveri, equipaggio, cavalli di truppa, navi, imbarcazioni ed in generale tutti gli oggetti di spettanza del Governo, siano militari che civili, saranno consegnati all’uscita della guarnigione alle truppe di S. M. Vittorio Emanuele.
Art.° 2° Domattina alle ore 7 saranno consegnate alle truppe suddette le porte e posterle della città dalla parte di terra, non che le opere di fortificazioni attinenti a quelle porte, cioè della cittadella inclusa sino alla batteria Transilvania, ed inoltre Torre Orlando:
Art.° 3° Tutta la guarnigione della piazza, compresi gl’impiegati militari, ivi rinchiusi, usciranno cogli onori della guerra.
Art.° 4° Le truppe componenti la guarnigione, esciranno colle bandiere, armi e bagagli; queste dopo aver resi gli onori militari, deporranno le armi e le bandiere sull’istmo, ad eccezione degli ufficiali, che conserveranno le loro armi, i loro cavalli bardati, e tutto ciò che loro appartiene, e sono facoltati altresì a ritenere presso di loro i trabanti rispettivi.
Art.° 5° Esciranno per le prime le truppe straniere, le altre in seguito, secondo il loro ordine di battaglia, colla sinistra in testa.
Art.° 6° L’uscita della guarnigione dalla Piazza si farà per la porta di terra a cominciare dal giorno 15 corrente alle 8 del mattino, in modo da essere terminata alle 4 pomeridiane.
Art.° 7° Gli ammalati e feriti e il personale sanitario degli ospedali, rimarranno nella piazza, tutti gli altri militari ed impiegati, che rimanessero nella piazza senza motivo legittimo, o senza apposita autorizzazione dopo l’ora prestabilita dall’articolo precedente, saranno considerati come disertori dì guerra.
Art.° 8° Tutte le truppe componenti la guarnigione di Gaeta rimarranno prigionieri di guerra finchè siansi rese la cittadella di Messina e la fortezza di Civitella del Tronto.
Art.° 9° Dopo la resa di quelle due fortezze, le truppe componenti la guarnigione saranno rese alla libertà. Tuttavia i militari stranieri, dopo la prigionia, non potranno soffermarsi nel Regno e saranno trasportati nei rispettivi paesi. Assumeranno inoltre l’obbligo di non servire per un anno contro il governo, a partire dalla data della presente capitolazione.
Art.° 10° A tutti gli ufficiali ed impiegati militari nazionali capitolati sono accordati due mesi di paga considerati in tempo di pace.
Questi stessi ufficiali avranno due mesi di tempo, a partire dalla data in cui furono messi in libertà, o prima se lo vogliono, per dichiarare se intendono prendere servizio nell’esercito nazionale, od essere ritirati, oppure rimanere sciolti da ogni servizio militare. A quelli che intendono servire nell’esercito nazionale, od essere ritirati, saranno, come agli altri ufficiali del già esercito napoletano, applicate le norme del regio decreto dato in Napoli il 28 novembre 1860.
Art.° 11° Gli individui di truppa, ossia di bassa forza, dopo terminata la prigionia di guerra, otterranno il loro congedo assoluto, se hanno compiuta la loro ferma, ossia il loro impegno. A quelli che non l’avessero compiuto sarà concesso un congedo di due mesi, dopo il qual termine potranno essere richiamati sotto le armi.
A tutti indistintamente, dopo la prigionia, saranno dati due mesi di paga, per ripatriare.
Art.° 12° I sott’ufficiali e caporali nazionali che volessero continuare a servire nell’esercito nazionale, saranno accettati coi loro gradi, purché abbiano le idoneità richieste.
Art.° 13° E’ accordato agli ufficiali, sott’ufficiali e soldati esteri, provenienti dagli antichi cinque corpi Svizzeri, quanto hanno diritto per le antiche capitolazioni e decreti posteriori fino al 7 settembre 1860. Agl’ufficiali, sott’ufficiali e soldati esteri che hanno preso servizio dopo l’agosto 1859 nei nuovi corpi, e che non facciano parte dei vecchi, è concesso quanto i decreti di formazione, sempre anteriori al 7 settembre 1860, loro accordano.
Art.° 14.° Tutti i vecchi, gli storpi e mutilati militari, qualunque essi siano, senza tener conto della nazionalità, saranno accolti nei depositi degl’invalidi militari, qualora non preferissero ritirarsi in famiglia col sussidio quotidiano, a norma dei regolamenti del già regno delle Due Sicilie.
Art.° 15° A tutti gl’impiegati civili, sì napoletani che siciliani, racchiusi in Gaeta, ed appartenenti al ramo amministrativo e giudiziario, è confermato il diritto al ritiro, che potrebbero reclamare, corrispondente al grado che avevano al 7 settembre 1860.
Art.° 16 ° Saranno provvedute di mezzi di trasporto tutte quelle famiglie dei militari esistenti in Gaeta, che volessero uscire dalla fortezza.
Art.° 17° Saranno conservate agli ufficiali ritirati che sono nella piazza le rispettive qualità, qualora siano conformi ai regolamenti.
Art.° 18° Alle vedove od agli orfani dei militari di Gaeta saranno conservate le pensioni che in atto tengono, e riconosciuto il diritto per domandare tali pensioni, sul tratto avvenire a termine della legge.
Art.° 19° Tutti gli abitanti di Gaeta non saranno molestati nelle persone e proprietà per le opinioni passate.
Art.° 20° Le famiglie dei militari di Gaeta che trovansi nella piazza, sono poste sotto la protezione del re Vittorio Emanuele.
Art.° 21° Ai militari nazionali di Gaeta, che per motivi di alta convenienza uscissero dallo Stato, saranno pure applicate le disposizioni contenute negli articoli antecedenti.
Art.° 22° Resta convenuto che, dopo la firma della presente capitolazione, non vi deve restare nella piazza nessuna nomina o carica, ove se ne trovassero, la presente capitolazione sarebbe nulla, e la guarnigione considerata come resa a discrezione. Uguale conseguenza avrebbe luogo ove si trovassero le armi distrutte a bella posta Art.° 22°resta convenuto che, dopo la fira della presente capitolazione, non vi deve restare nella piazza nessuna nomina o carica, ove se ne trovassero, la presente capitolazione sarebbe nulla, e la guarnigione considerata come resa a discrezione. Uguale conseguenza avrebbe luogo ove si trovassero le armi distrutte a bella posta nonchè le munizioni, salvo che l’autorità della piazza consegnasse i colpevoli, i quali saranno immediatamente fucilati.
Art.° 23° Sarà nominato d’ambo le parti una Commissione composta di un ufficiale d’artiglieria, di uno del genio, di uno della marina, di uno di intendenza militare, ossia commissario di guerra, col personale necessario per la consegna della piazza.
Firmati
Per l’armata Sarda:
Il capo dello Stato Maggiore, colonnello PIOLA CASELLI.
Il Luogotenente generale, comandante superiore del genio
L. F. MENABREA.
Visto, rattificato ed approvato.
Generale d’armata comandante le truppe d’assedio CIALDINI.
Per la piazza di Gaeta:
Il tenente colonnello, capo dello Stato Maggiore Gio. DELLI FRANCI.
Il generale della Real Marina, COBUTI PASCA.
Il generale capo dello Stato Maggiore, FRANCESCO AMONELLI.
Visto, rettificato ed approvato.
Il governatore della pia go di Gaeta, tenente generale FRANCESCO MILON.
XXXV.
La mattina del giorno 14 di febbrajo, Francesco II con la giovine regina, e con alcune persone di seguilo, passava in mezzo ai suoi soldati che gli facevano l’ultimo saluto; discendeva nel porto ed imbarcavasi sul vapore francese La Mouette, che aveva ordine di trasportarlo a Terracina o in qualunque altro porto purchè non fosse negli Stati Italiani. E mentre il vapore scostavasi dalle acque di Gaeta, l’esercito italiano entrava vittorioso nella vinta fortezza. Ma pria di partire l’esule principe lasciava ai suoi generali, ufficiali e soldati dell’armata di Gaeta questo proclama.
Generali, ufficiali e soldati dell’armata di Gaeta:
« La fortuna della guerra ci separa; dopo cinque mesi, nei quali abbiamo sofferto per la indipendenza della patria, dividendo gli stessi pericoli, le stesse privazioni, è giunto per me il momento di metter termine ai vostri eroici sagrificii. Era divenuta impossibile la resistenza, e se il mio desiderio di soldato era per difendere, come voi, l’ultimo baluardo della Monarchia, sino a cadere sotto le mura crollanti di Gaeta, il mio dovere di re, il mio dovere di padre, mi comandano oggi
di risparmiare un sangue generoso, la di cui effusione nelle attuali circostanze, non sarebbe che l’ultima manifestazione di un inutile eroismo. Per voi, miei cari fidi compagni d’armi, per pensare al vostro avvenire, per le considerazioni che meritano la vostra lealtà, la vostra costanza, la vostra bravura, per voi rinunzio all’ambizione militare di respingere gli ultimi assalti d’un nemico, che non avrebbe presa la piazza difesa da tali soldati senza seminare di morti il suo cammino.
Militi dell’armata di Gaeta, da 10 mesi combattete con impareggiabile valore. II tradimento interno, l’attacco di bande rivoluzionarie straniere, l’aggressione di una potenza che ci credeva amica, niente ha potuto domare la vostra bravura, stancare la vostra costanza. In mezzo alle sofferenze d’ogni genere, traversaste i campi di battaglia, affrontando i tradimenti, più terribili che il ferro ed il piombo. Siete venuti a Capua ed a Gaeta segnando il vostro eroismo sulle rive del Volturno, sulle sponde del Garigliano, sfidando per tre mesi dentro a queste mura gli sforzi di un nemico, che disponeva di tutte le risorse d’Italia. Grazie a voi, è salvo l’onore dell’armata delle Due Sicilie, grazie a voi può alzare la testa con orgoglio il vostro sovrano, e sulla terra d’esilio, finché aspetterà la giustizia del Cielo, la memoria dell’eroica lealtà de’suoi soldati sarà la più dolce consolazione delle sue sventure.
Una medaglia speciale vi sarà distribuita per ricordare l’assedio, e quando ritorneranno i miei cari soldati nel seno delle loro famiglie, tutti gli uomini d’onore, chineranno la testa al loro passo, e le madri mostreranno come esempio ai lor figli i bravi difensori di Gaeta.
Generali, uffiziali e soldati, vi ringrazio tutti; a tutti stringo la mano, con effusione di affetto e di riconoscenza. Non vi dico addio, ma a rivederci. Conservatemi intanto la vostra lealtà, come vi conserverà la sua gratitudine e la sua affezione il vostro Re. »
Furono queste le ultime parole pronunziate da Francesco II in terra che aveva appartenuto al suo regno e che veramente cadeva sotto le rovine, divenute tomba di molti soldati.