LE DONNE DEL BRIGANTAGGIO | 12° episodio FRANCESCA, LA PADRONA.
di Valentino Romano (*)
Francesca Cerniello, era una contadina di Altavilla Silentina (Sa), nata forse nel 1837.
Stando a quanto riportato nella sua sentenza di condanna, si dette al brigantaggio nel settembre del 1863, aggregandosi alla banda guidata da Gaetano Tranchella, un ex sottufficiale del disciolto esercito delle Due Sicilie. Il Tribunale Militare di Guerra di Salerno la riconobbe colpevole di aver seguito il brigante “nelle sue escursioni armata e vestita da uomo” e di essere stata presente il 29 settembre dello stesso anno nel bosco di Persano in occasione di un conflitto a fuoco tra i briganti e la forza pubblica. Il Tribunale non riuscì determinare con precisione se Francesca si fosse data liberamente alla macchia o se invece fosse stata costretta dal Tranchella. Tuttavia, argomentarono i giudici militari che, senza ombra di dubbio, “essa seguì sempre il nominato capo brigante nelle sue escursioni, vestita da uomo e armata d’una carabina e d’un revolvers”.
Nel giugno del 1864 fu vista “vestita da uomo ed armata custodire tre individui d’Altavilla che erano stati sequestrrati”.
Nel settembre dello stesso anno “era coi briganti che sostennero un conflitto con un drappello del 46° Fanteria ed alcuni militi della Guardia Nazionale di Altavilla, essendo stata riconosciuta alla voce da alcuni di questi ultimi”.
È evidente che, quale fosse stata la causa del suo darsi alla macchia, Francesca a quella vita si adattò facilmente e si integrò benissimo con la banda: come, infatti, emerse nel giudizio “era molto rispettata e temuta dai briganti”, tanto che costoro la chiamavano “la loro padrona”; uno dei pochissimi casi in cui , in un gruppo a forte impronta maschilista, un personaggio femminile emergesse a tal punto da essere riconosciuto come capo e addirittura “padrone”. Ma è anche risaputo come le donne “cilentane” abbiano sempre saputo imporsi … Ma Francesca alle grassazioni e ai ricatti tipicamente maschili aggiunse anche – se così si può dire – un tocco di femminilità: Tranchella le faceva molti doni, naturalmente prendendoli dal ricavato delle sue grassazioni. Una volta le regalò una collana d’oro che la famiglia di un sequestrato aveva mandato alla banda per ottenere il rilascio del proprio congiunto che il Tranchella, tra i quali v’era una collana d’oro che una famiglia dovette mandare ai briganti per ottenere la liberazione d’un sequestrato. L’intraprendente brigantessa pensò di aggiungere qualcosa di suo al ricatto: mandò a dire alla moglie del sequestrato che in sovrapprezzo lei personalmente voleva un’altra collana d’oro, quella che “che portava la signora di Antonio Marasco, pure essa d’Altavilla”.
Francesca si costituì solo dopo che fu ucciso Tranchella nel corso di un conflitto nel novembre 1864. Forse anche per le rilevazioni sulla banda che, dopo la costituzione, fornì ai giudici il Tribunale Militare di Guerra di Salerno le riconobbe le circostanze attenuanti. A suo favore giocarono la “spontanea presentazione, il non aver preso parte a reati di sangue e l’essersi data al malfare spinta dalla miseria in cui versava, e fors’anche per seguire Tranchella che amava”.
Ed è questa una delle rarissime occasioni nelle quali motivazioni sociali e sentimentali delle contadine alla macchia vennero prese in considerazione dai giudici militari piemontesi che, tuttavia, non mancarono di condannarla a quindici anni di lavori forzati, all’interdizione legale e alla rifusione delle spese legali. Era il 6 febbraio del 1865.
«Attesochè dall’orale dibattimento e per la lettura dei documentie per le deposizioni giurate dei testi se non si è potuto stabilire che la Cernoello nel settembre del 1863 di libera volontà si sia data al brigantaggio associandosi alla banda Tranchella, o piuttosto sia stata sequestrata dal Tranchella, o piuttosto sia stata sequestrata dal Tranchella stessi, è rimasto però indubbiamente accertato che seguì sempre il nominato Capo-brigante nelle sue escursioni vestita da uomo, armata d’una carabina e d’un revolver; Che nel giugno 1864 fu veduta vestita da uomo ed armata custodire tre individui d’Altavilla che erano stati sequestrati; che nel 29 settembre 1864 era coi briganti che sostennero un conflitto con un drappello del 46.° Fanteria ed alcuni militi della Guardia Nazionale di Altavilla, essendo stata riconosciuta alla voce da alcuni di quest’ultimi; Che una volta non contenta dei molti doni che il Tranchella le fece, tra i quali v’era una collana d’oro che una famiglia dovette mandare ai briganti per ottenere la liberazione d’un sequestrato, essa mandò a dire alla moglie di questo che voleva anche la collana d’ora che portava la signora di Antonio Marusso pur essa d’Altavilla; Che era molto rispettata e temuta dai briganti, i quali la chiamavano la loro padrona; Che si costituì solo dopo che fu ucciso Tranchella in un combattimento avvenuto nel mese di novembre 1864; attesochè posti i fatti in questi termini, in essi si ravvisano gli estremi del reato di brigantaggio previsto dall’articolo 2 Legge 7 febbraio 1864, e non già quelli di favoreggiamento in detto reato come la difesa avrebbe chiesto fosse giudicato, imperocchè, ammesso pure che la Cerniello fosse stata rapita, in seguito non già coatta ma di liera volotnà stette coi briganti in numero superiore a tre, e prese parte attiva ai loro misfatti; ed in vero essa fu veduta custodir ricattati; era coi malandrini che si batterono colla forza pubblica nel 24 settembre 1864, nella qual circostanza ingiuriò due Uffiziali della Guardia Nazionale; fu essa e non la banda che chiese e con insistenza la collana d’oro della signora Marusso; infine se veramente non fosse stata sua intenzione di rimanere coi briganti, colla libertà che aveva di far quanto le talentava poteva fuggire, invece se ne stette con loro per ben 15 mesi e non si allontanò se non quando fu ucciso Tranchella; Attesochè il Tribunale trova raggiunta la prova di colpevolezza a carico dell’accusata per le deposizioni giurate dei testi e per le ammissioni della Cerniello stessa; Attesochè militano a suo favore la spontanea costituzione, il non aver preso parte a reati di sangue, l’essersi data al malfare spinta dalla miseria in cui versava, e fors’anche per seguire Tranchella che amava.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara convinta la Cerniello Francesca del reato per cui fu posta in accusa concorrendovi circostanze attenuanti, e visti gli articoli 2, 3, 5, Legge 7 febbraio 1864 – 684, 22, 23, 72 Codice penale Comune.
La condanna ad anni quindici di lavori forzati, all’interdizione legale, alla rifusione delle spese processuali; manda la presente sentenza stamparsi, affiggersi e pubblicarsi a termini di legge.
Così giudicato questo dì sei febbraio milleottocentossesantacinque».
Cosa dire di più?
Francesca, pocoo nulla celebrata dagli agiografi del brigantaggio “eroico e partigiano”, forse perché non autrice di episodi eclatanti, andrebbe studiata più approfonditamente. Resta, però, su tutto quell’aggettivo che i compagni di macchia le affibbiavano: “padrona”, “la loro padrona”…. Un esempio di come le donne del brigantaggio, quando poste in condizione di esprimersi compiutamente, dimostrarono di poter “indossare i pantaloni” senza nulla far rimpiangere rispetto a coloro che lo facevano per definizione, cioè ai loro colleghi maschi.
(*) Promotore Carta di Venosa