Dieci anni di guerra contro i «briganti

Ricerca e elaborazione testi del Prof.Renato Rinaldi Da:”L’UNITA'” del 15 settembre 1964

Per la prima volta le cifre attendibili della « guerra del brigantaggio » che si combatté cento anni fa nel Sud: 5.212 fucilati o uccisi negli scontri a fuoco

Dieci anni di guerra contro i «briganti

« Lo Stato italiano — ha scritto Gramsci — ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati,tentarono infamare col marchio di briganti » – La storia del brigantaggiodopo l’unità d’Italia in un libro di Molfese.

Cento anni fa, nelle regioni dell’ex regno delle due Sicilie, si svolgeva la lunga, tragica “guerra del brigantaggio” nel corso della quale — come scriveva
Gramsci nel ’20 — e Io Stato italiano… ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori salariati tentarono infamare col marchio di briganti ».
ARTICOLO
Su quei dieci anni di guerra civile (dai primi moti « reazionari » del ’60 alla occupazione di Roma) è stato difficile fin ora allo studioso di problemi meridionali trovare fonti seriamente elaborate giacché nulla o quasi si è scritto oltre le scarse memorie dei militari o quelle di cronisti paesani spesso direttamente partecipi degli avvenimenti. Vi è stata, sì, qualche eccezione — come, per fare due esempi, « Il brigantaggio alla frontiera pontificia »
pubblicato nel 1864 dal capitano Bianco di Saint-Jorioz o il saggio di Antonio Lucarelli sul brigantaggio in Puglia, pubblicato da Laterza nel ’22 — e soprattutto vi sono state stimolanti annotazioni negli scritti degli studiosi meridionalisti (e, ancor prima, negli scritti e nei discorsi parlamentari — subito però dispersi o seppelliti negli archivi — degli uomini politici della sinistra che tentavano di contrastare la politica postunitaria dei * moderati*); tuttavia non era possibile fin ora trovare un’opera che presentasse la questione del brigantaggio politico meridionale in modo completo, organico, documentato e secondo le linee d’una analisi storiografica moderna.
Ci sia permesso, così, dire — ripetendo una formula certo abusata ma in questo caso assai pertinente — che questo libro di Franco Molfese (1) è di quelli che « colmano una lacuna », realizzano cioè una svolta in un corso di studi e offrono la base per ogni successilo approfondimento.

Utilizzando infatti per la prima volta una imponente mole di materiali — quel che è rimasto dell’archivio della “Commissione parlamentare d’inchiesta sul brigantaggio”, dell’archivio del 6° Gran comando militare di La Marmora, del fondo dei tribunali militari ecc. — Molfese ha ricostruito tutto un periodo di lotte parlamentari, politiche e militari giungendo anche a definire — per quanto è oggi possibile — una somma di dati che documentano chiaramente la vastità dei conflitti esplosi nel Sud dopo il ’60 e lo sforzo militare che essi hanno comportato per l’appena nato Stato italiano.

Per la prima volta, per esempio, sono attendibilmente presentate delle cifre riguardanti il numero delle bande (388, tenendo conto sia delle bande che raccoglievano alcune centinaia di uomini che di quelle formate da un piccolo gruppo), dei “briganti” fucilati o uccisi in combattimento (5212) fra il giugno ’61 e il dicembre ’65, degli arrestati (5044), e di quelli consegnatisi alle autorità (3597). In una ricchissima appendice al volume infine Molfese presenta un catalogo minuto di tutti i documenti d’archivio della Commissione parlamentare d’Inchiesta (da lui stesso riscoperti come « avanzo di un naufragio»), una rilevazione il più possibile completa sulle bande attive fra il ’61 e il ’70 (con cenni biografici dei capi-massa) e una bibliografia assai esauriente non solo sulla storia politica e militare del periodo preso in esame ma su tutti i temi economicosociali di carattere meridionalista, dagli studi sulla questione dei demani a quelli sugli ultimi anni del regno delle due Sicilie, da fonti e studi sulle operazioni militari contro il brigantaggio a documenti sulla politica ” dei moderati, sulla situazione e le esigenze del Mezzogiorno, sulla < linea > di Liborio Romano ecc.
Ma il pregio essenziale dell’opera non è nella mole di documenti che essa presenta bensì nel grande mosaico che l’autore pazientemente costruisce sulla scorta di quei documenti — e ancora sulla scorta dì un esame minuto degli atti parlamentari, della stampa e della memorialistica dell’epoca — offrendo infine al lettore una assai persuasiva immagine d’insieme sulla < politica dei due fronti » del e partito piemontese > dopo il ’60 e sulla funzione preminente dello stato d’assedio e della repressione militare nel Sud (e quindi sulla funzione dell’esercito) allo scopo non solo di combattere le « reazioni » contadine ma anche, e innanzitutto, di fiaccare il partito democratico e gli autonomisti meridionali nello stesso tempo in cui si realizzavano le prime avvisaglie di una politica di conciliazione verso i grandi proprietari terrieri legati ai Borboni.
Pur occupandosi di un periodo ” storico incandescente di lotte e di passioni e pur tendendo a mettere giustamente in luce gli effetti di una politica di classe che ha portato a grandi, irreparabili guasti, l’autore conserva, nelle cinquecento e più pagine del suo saggio, il distacco dell’indagatore “obiettivo” giungendo a giustificare la logica di certe scelte e di certe misure militari.
Così egli non concede molto alla < suggestività delle intuizioni acute > o alla indagine sui “se” (e se > il partito moderato avesse adottato una politica di sollecitazione delle forze democratiche…; < se > fossero state adottate delle leggi agrarie che soddisfacessero la fame di terra dei contadini…). Tuttavia non si può non ricavare dalla approfondita indagine di Franco Molfese, la conferma che la via seguita dalla borghesia italiana per giungere alla unificazione del Paese non era (pur nei lìmiti della sua strategia di classe) la unica possibile, e dunque non erano inevitabili né lo stato d’assedio, né le leggi eccezionali, né i « fiumi di sangue> di cui ha parlato per esempio Pasquale Villari.
Così non si può non concordare con l’autore quando — concludendo il suo studio — egli guarda infine ai protagonisti meridionali della < guerra del brigantaggio » e sottolinea che « in quella lotta disperata… i contadini meridionalin dettero prova di combattività e di energia indomite che, dopo la sconfitta, si riversarono nell’emigrazione…
Molti furono posti, dalle circostanze e dalla società in cui vissero, dinanzi alla alternativa di vivere in ginocchio o di morire in piedi. La loro scelta preannuncia, in un certo senso, le lotte sempre più civili e più consapevoli che i contadini del Sud avrebbero condotto per la propria emancipazione nei decenni che sarebbero venuti ».

Aldo De Jaco

(1) FRANCO MOLFESE: -Storia del brignntaggio dopo l’unità-: Feltrinelli; png. 507;

Pagine da unita_1964-09-15