Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (VIII)

Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (VIII)

Posted by altaterradilavoro on Mar 20, 2025

Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati sulle rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta.

Claudio Magris

Alla fine la colpa è del becchino …

Cerreto, settembre del 1861

È indignato oltre ogni dire il Sig. Maggiore Giorgio Zettiri che comanda il distaccamento del 40° Fanteria, inviato a Cerreto per “disinfestare” il territorio dopo i fatti di Pontelandolfo. È accaduto che il bravo ufficiale ha adempiuto scrupolosamente agli ordini ricevuti e si è dato un gran da fare a rastrellare briganti e contadini responsabili, o anche solo presunti tali, dell’eccidio dei soldati sabaudi: ci ha profuso tutte le energie necessarie e, per ringraziamento, si è vista arrivare una mortificante richiesta di spiegazioni sul suo operato da parte dei superiori, allertati da un esposto che lamenta metodi alquanto spicci, processi farsa, fucilazioni arbitrarie e mancato rispetto di elementari regole di umanità; risponde perciò piccato al generale Comandante la Brigata Bologna a Nola; “io non feci fucilare nessuno che non fosse o  preso con le armi alla mano, o assassino dei nostri soldati a Pontelandoldo e Casalduni, e questi ultimi sempre comprovati da sommarie deposizioni di testimonj oculari e di Autorità civili, beninteso arrestati perché dagli eccidi in poi latitanti o la maggior parte facienti parte della banda di briganti che infestava questo circondario.”

Dopo questa premessa, Zettiri para subito le mani ad evitare una probabile obiezione sul numero eccessivo di questa gentaglia passata alle armi dopo “sommarie deposizioni”: “se le fucilazioni furono frequenti ed in gran numero bisogna attribuirlo all’appartenere a questo Circondario di paesi com Pontelandolfo, Casalduni, Pietraloja ed altri ove nelle reazioni si commisero atroci delitti.”

Suvvia, sig. Generale, adesso vogliamo fare una colpa al povero Maggiore di essere stato mandato in una terra di assassini e di briganti: non se l’è certamente scelta di sua volontà la missione in questi paesacci. Si  sa … molti assassini … molte fucilazioni!

Come dice, sig. Generale? Si è fucilato allegramente sulla base di testimonianze molto “sommarie”? E che sarà mai … un dettaglio insignificante: avevate fretta e in fretta si è proceduto.

Qualcuno dei fucilati non è stato catturato colle armi alla mano? Qualcun altro si era addirittura consegnato spontaneamente? Maldicenze di paese, zizzania sparsa da perfidi oppositori, da persone avverse ed ostili al Governo e al buon andamento delle cose patrie nemici di Sua Maestà.

È vero, Angelo Santangelo si era costituito. Costui però non solo aveva preso parte diretta nell’uccisione di detti soldati avvenuti a Casalduni ma, montato su un cavallo del suo padrone,  aveva avuto il feroce talento di calpestare avvertitamente col cavallo i cadaveri. È vero pure che si era costituito anche Enrico Giordano: ma questo era il fratello di Cosmo, il capobanda che aveva provocato la strage dei soldati. E poi si era presentato per poter meglio riferire notizie utili al fratello brigante.

Con il dovuto rispetto, sig. Generale, presentati o arrestati che differenza c’è! Una scarica di pallettoni è quello che meritavano e quella hanno avuto!

Piuttosto, quello che fa letteralmente infuriare l’integerrimo ufficiale, è un altro addebito mossogli:

In quanto a lasciare i cadaveri insepolti posso pure accertare la S.V. Ill.ma che mai cadavere restò esposto sul luogo dell’esecuzione più che 8 o 9 ore del giorno, a pubblico esempio.”

Sta a vedere adesso che la pratica, peraltro diffusa di esporre cadaveri nelle pubbliche vie, per ore, prima della sepoltura, oltre ad avere carattere “didattico”, è dettata dalla mancanza di  luoghi idonei a contenerli? O forse anche perché i liberatori hanno scambiato tutto il Sud per un’unica, immensa, “camera ardente”? Boh!

Né mai fu fatta esecuzione senza che il Sindaco del paese venisse avvertito di far dare sepoltura al cadavere prima del tramonto del sole”, precisa sempre più indignato il nostro maggiore; e se proprio non si crede alla sua parola di soldato che “sempre ha avuto presente la legge umana” e che mai “ha oltrepassato minimamente le regole di guerra” si possono interrogare i “sigg.ri Ufficiali del distaccamento, quelli della Guardia Mobile, nonché quei pochi cittadini dabbene” Beninteso solo questi e non il popolaccio, perché – è ovvio – quest’ultimo è capace di ogni infamia pur di screditare un ufficiale del regio esercito…

Come risolvere la faccenda allora? Nessun problema, si istituisce con insolita solerzia l’ennesima commissione militare d’inchiesta che preliminarmente accerta che, nella seconda quindicina di settembre, sono stati fucilati solo una ventina di individui, un numero  tutto sommato accettabile se si considera il fatto che questa ciurmaglia sta insorgendo in massa.

Il maggiore, per avvalorare con prove decisive il suo assunto, allega anche un elenco di fucilati. Peccato che, a scorrerla oggi, proprio questa lista sgrani una cifra quasi doppia di briganti e/o contadini passati per le armi. Un dettaglio insignificante? Sicuramente! In fondo, venti vite umane in più o  in meno cosa volete che siano rispetto all’alta missione di costruire una Patria nuova? E, per di più, si tratta di contadini. Via, non è il caso di formalizzarsi più di tanto!

La commissione accerta anche che, a giudicare (e, manco a dirlo, a condannare) i rivoltosi presi con le armi in mano e quelli presentatisi spontaneamente, sia stata “una specie di Consiglio di Guerra, composta dal Maggiore Zettiri e di alcuni della Guardia Nazionale di Pontelandolfo a cui presenziava anche l’Intendente del Circondario di Cerreto”: in pratica gli stessi che Zettiri chiama a testimoni della sua lealtà di soldato.

La commissione per quante acrobazie giustificative possa compiere è tuttavia costretta ad ammettere che “alle esecuzioni avvenute in Cerreto non fu proceduto con tutte quelle regolarità e legaltà [sic] che sarebbe stata desiderabile, sicché potrebbe anche essere per mala ventura che qualcuno dei fucilati fosse meno colpevole di alcuni …” Poco male però, si affrettano a spiegare i commissari, quelle esecuzioni “furono generalmente approvate da quelle popolazioni”.

Sono integerrimi gli ufficiali della Commissione Militare e non si sottraggono nemmeno a relazione sull’aspetto più disgustoso dell’intera faccenda, cioè la prolungata esposizione dei cadaveri dopo l’esecuzione: c’è stata, non si può negare, ma solo temporanea, intendiamoci. E poi sono stati tutti “sotterrati nella chiesa di S. Nicola e nel cimitero”.

Nessun vilipendio dei cadaveri dunque, solo voci falsi, esagerate e messe in giro a bella posta per screditare l’esercito e il governo di Sua Maestà.

Solamente una volta “si dubitò che un cane avesse malauguratamente rosicchiato un braccio ad uno di quei cadaveri, ma non si può affermare con assoluta certezza perché quel fatto non fu verificato”. E, se proprio fosse accaduto – sostengono i commissari – potrebbe esserlo stato “dopo il sotterramento, e per mancanza dei becchini, i quali coprivano quei cadaveri con leggiero strato di terra”.

Beh, un colpevole bisogna comunque trovarlo:  stavolta è toccato al … becchino.

Però, e detto fra noi, siamo proprio sicuri che la belva di questa storia sia il cane?