Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (I)

Cronache dal brigantaggio e dintorni di Valentino Romano (I)

Posted by altaterradilavoro on Gen 23, 2025

Il fiume della Storia trascina e sommerge le piccole storie individuali, l’onda dell’oblìo le cancella dalla memoria del mondo; scrivere significa anche camminare lungo il fiume, risalire la corrente, ripescare esistenze naufragate, ritrovare relitti impigliati sulle rive e imbarcarli su una precaria Arca di Noè di carta.

Claudio Magris

“Astengo e i napoletani”

Malta, giugno del  1861

Nell’Ottocento Malta, per quanto la battuta possa apparire scontata, è un porto di mare: da sempre su quest’isola situata, nel bel mezzo del Mediterraneo, si è registrato un via vai incredibile, gente che va, gente che viene; vuoi per la sua centralità, vuoi per la vicinanza con i paesi che si affacciano sul mare o per la facilità con la quale da ognuno di questi può essere raggiunta, ha da sempre rappresentato un approdo sicuro per tutti gli esuli.

Insomma, Malta gode di una posizione strategica che inevitabilmente ne ha fatto uno dei maggiori centri dell’emigrazione politica dell’intera area: vi hanno così trovato così rifugio, fino al 1859, numerosi fuorusciti antiborbonici provenienti soprattutto dalle vicine Sicilia e Calabria; nel 1860 l’avanzata di Garibaldi nel Regno delle Due Sicilie induce i rifugiati politici di parte liberale presenti nell’isola ad abbandonarla per aggregarsi al nizzardo. E, quasi contemporaneamente si assiste al fenomeno inverso: questa volta sono vari funzionari borbonici e partigiani del deposto sovrano che vi approdano.

Inevitabilmente l’isola diviene così uno dei centri più importanti della reazione antiunitaria e su di essa si accendono i riflettori dell’attenzione governativa italiana: i rapporti si susseguono e il Console italiano Roberto Slythe si affanna a tranquillizzare Ricasoli. Ma quest’ultimo non deve fidarsi troppo, anche perché da più parti gli arrivano notizie allarmanti e allora, il 14 luglio, decide di inviare a Malta un suo uomo di fiducia per controllare da vicino la situazione.

Slythe mastica amaro ma fa buon viso a cattivo gioco: … trovomi onorato dell’ossequiato foglio del 14 andante mese, col quale ha favorito parteciparmi la deliberazione, in cui è venuta, di destinare presso questo Consolato in via provvisoria e temporanea il Regio Vice Console Signor Francesco Astengo per esercitare politica vigilanza…

Una puntatina polemica però non se la risparmia: persuaso di avere sotto tutti i rapporti ed in ogni tempo adempiuto perfettamente al proprio dovere… il Signor Astengo sarà da me accolto coi riguardi dovuti ai di Lei ordinamenti…

Vediamo cosa è capace di fare, scrive tra le righe conclusive della lettera, tanto intorno ai pochi Emigrati borbonici qui stanziati quanto sul conto del partito esaltato. Già perché la preoccupazione maggiore di Ricasoli in questo momento non è la reazione borbonica ma il partito esaltato, i mazziniani e garibaldini per dirla chiaramente. E tutti gli avvenimenti di questo tragico periodo dovrebbero essere letti alla luce di questo timore, del conflitto interno ai risorgimentalisti tra rivoluzionari e moderati. Ma questo è un discorso che merita altre sedi, torniamo a Malta:

Francesco Ferdinando Astengo, giovane diplomatico di Savona, che nell’anno precedente ha soggiornato per cinque mesi nelle Provincie Napoletane, giunge così nell’isola il 1° agosto: il dieci scrive un particolareggiato rapporto a Ricasoli. La sua prima preoccupazione è quella di informare il Capo del governo sulla presenza dei vari partiti che agitano il paese. E li classifica schematicamente, suddividendoli in autonomisti (che è il più numeroso, composto di quasi tutti i Commercianti e Possidenti, non che di parte della nobiltà), borbonici (che ha per lui buona parte del Clero e della Nobiltà, tutti gli antichi Impiegati Civili e Militari ed il gran numero di coloro ai quali la caduta dinastia aveva dato i mezzi di vivere grassamente, rubando ed angariando le popolazioni) ed unionisti (a cui danno vita tutte le graduazioni del partito liberale, ma che appena si sorregge, perché intemperante d’ogni ordine e sfasciato dalle lotte continue, in cui è, contro il Governo e contro se stesso, essendo tutte le sue frazioni in aperta discordia fra di loro). Veramente ce ne sarebbe anche un altro, la grande maggioranza della popolazione, ma conta poco o nulla perché non appartiene per convinzione ad alcuno dei sunnominati tre partiti e che si lascia guadagnare all’uno od all’altro, a seconda che si riesce a solleticarne più o meno le passioni.

Infine Astengo delucida Ricasoli sull’argomento che più lo solletica: in quanto al partito Mazziniano propriamente detto, appena ne esistono i quadri e qualche povera individualità, tanto insignificanti da non doverne tenere  conto.

Il Capo del Governo però, se anche può tirare un sospiro di sollievo sotto questo aspetto, farebbe bene a preoccuparsi di altro. Infatti è doloroso il dover confessare che partito pel Governo non ne esiste punto, o trovasi così frazionato ed indolente da non dare risultati di sorta.

Il pur attento diplomatico non tiene conto che il partito pel Governo va invece aumentando progressivamente per quantità e qualità, diffondendosi sempre più capillarmente in tutto il territorio. Ed è visibilissimo a tutti perché ostenta mostrine e baionette. Magari è bene non parlare apertamente del suo “programma politico”, ma di sicuro la popolazione dell’ex Regno ne avverte i risultati. E se non lo avverte glieli si spiega a fucilate…

Astengo prosegue comunque nel suo lungo rapporto, addentrandosi nella disamina dei partiti sopra menzionati, curando di esporre il suo punto vista facendolo accortamente coincidere il più possibile con quello del Governo. Tralasciando le sue considerazioni sugli altri partiti, è interessante conoscere il pensiero di Astengo su quello borbonico e sulle popolazioni meridionali.

Il partito borbonico … si è gettato a corpo perduto nella lotta e per riuscire non tralascerà mezzo di sorte che possa coordinarlo. E’ lui che per in stancare i proprietarii ed allontanarli sempre più dal Governo ha organizzato il brigantaggio in così larga scala da renderne difficile assai la distruzione totale.

Fa amaramente riflettere il passaggio successivo che, da solo, fa giustizia della tesi ufficiale celebrativa e giustificativa della calata piemontese al Sud per rispondere al “grido di dolore” dei fratelli oppressi dal dispotismo, a favore di quella “faziosa, nostalgica e superficiale” di un’occupazione di stampo colonialistico: [Il partito borbonico] si trascina eziandio i contadini nella speranza del bottino, stimolo potente in popolazioni nemiche del lavoro quali sono le napoletane. Sic!

E, se qualcuno ancora s’illude che l’unificazione – superati gli inevitabili contraccolpi di un violento rivolgimento istituzionale – possa avvenire anche attraverso un progetto di riforme sociali che migliorino le condizioni delle popolazioni meridionali ed assicurino loro la dignità del vivere, è subito e finalmente servito: quelle popolazioni (nemiche del lavoro), avvezze ad un dispotismo brutale … non possono risolversi a riconoscere l’autorità che nella forza delle bajonette ed avere rispetto per la legge se non è fatta a colpi di bastone.

Se la poteva anche risparmiare questa precisazione il savonese Astengo: il governo del Re Galantuomo lo ha già deciso di suo, in partenza!

(Da Briganti e galantuomini, soldati e contadini, Laruffa Editore, Reggio Calabria, 2016)