RICERCA EFFETTUATA DAL LIBRO ” NOVELLA “FORTEZZA” di Edmondo De Amicis ” Edizioni SMiL.S.Marco in Lamis(FG) -Maggio 2007
Da pag.34 a 36
II.
Era l’estate dell’ anno 1861, allorché la fama delle imprese brigantesche correva l’Europa; quei giorni memorabili, quando il Pietropaolo portava in tasca il mento d’un “liberale” col pizzo alla napoleonica; quando a Montemiletto si seppellivan vivi, sotto un mucchio di cadaveri, coloro che aveano gridato: – Viva l’ Italia; –quando a Viesti si – mangiavano le carni dei contadini renitenti agli ordini dei loro spogliatori; quando il colonnello Negri presso Pontelandolfo vedeva appese alle finestre, a modo di trofei, membra sanguinose di soldati; quando il povero luogotenente Bacci, ferito e preso in combattimento, veniva ucciso dopo otto ore di orrende torture; quando turbe di plebaglia, forsennata uscivan di notte dai villaggi, colle torce alla mano, a ricevere in trionfo le bande; quando s’incendiavano messi, si atterravano case, si catturavan famiglie, s’impiccava, si scorticava e si squartava; e a tener vivo e ad accrescere il miserando eccidio venivan dalla riva,destra del Tevere armi, scudi e benedizioni.
Uno degli ultimi giorni di luglio, poco dopo il levar del sole, per una valle deserta della provincia di Capitanata, moveva verso San Severo un carabiniere a Cavallo, il quale era partito la notte da quella città per andar a recare al comandante d’una “colonna mobile” un ordine del colonnello. Egli, portava ora sotto l’abbottonatura della tunica una lettera di risposta a quell’ordine, nella quale il comandante diceva che si sarebbe recato alle otto della mattina in un recesso d’un monte vicino, dove aveva saputo essere solita a riparare una mano di briganti che da qualche tempo infestava quelle terre. Il portator della lettera era un uomo sui trent’anni, alto, asciutto, con due occhietti scintillanti e due baffetti aguzzi, e quella ruga diritta in mezzo alle sopracciglia, che rivela abitudine di rifles-sione; la sua fisonomia spirava una gravità prematura, alla quale il grande cappello nero a due punte dava quasi un riflesso di tristezza; e il suo, rigido atteggia-. mento,e le sue mosse franche e recise, attestavano un vigor d’ animo rispondente ai bisogni dei tempi e dei luoghi. Andava di trotto per un sentiero serpeggiante, voltando il capo ora di qua, ora di’ là, a guardare i pascoli abbandonati, i monti rocciosi, il cielo limpidissimo, senza udire altro rumore che lo scalpitio del suo cavallo e il tintinnio della sua sciabola.
A un tratto, passando in mezzo a due siepi di fitti cespugli, vide un lampo e senti un colpo di fucile. Mentre gira il cavallo e afferra la pistola, il cavallo vacilla; nell’atto ch’egli abbassa il capo per veder se è ferito, si sente afferrar di dietro; nel punto che si volta indietro, un uomo balza fuor dal cespuglio donde era partito il colpo, e gli è sopra; dietro a lui, come un’ombra, un terzo; non ebbe tempo nè di sparare, ne di saltar giù, nè dí mettersi in guardia; fu scavalcato e steso in terra. Qui provò a resistere, si divincolò, percosse, morse ma non potè alzarsi ; spossato, si arrese, e si lasciò disarmare; nella furia, però, del dibattersi, avvolta da un nuvolo di polvere, avea potuto con un movimento rapidissimo mettersi la lettera in bocca, senza,che se n’accorgessero i suoi assalitori. Gli legarono ,le mani dietro al dorso, lo alzarono in piedi, gli appesero al collo in fretta e in furia la sciabola, il mantello rotolato la valigietta della sella, trascinarono il cavallo dietro la siepe, e poi via a traverso i campi, spingendo lui sbalordito e barcollante, con un frastuono infernale di bestemmie, di minaccie, -di percosse, di risa.
pag 36[…onissis…]