Nel lager di Fenestrelle
di Gigi Di Fiore
Fonte: Controstoria dell’unità d’Italia, pag. 177-178
Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra (colpevoli di fedeltà al proprio Re) un tronfio reuccio “Galantuomo” rinchiude nel lager di Fenestrelle i soldati del Sud, torturandoli con la fame e con il freddo e, morti, sciogliendoli nella calce viva…
I fratelli del Nord, liberatori [ma da chi?] del Sud, rivelano la loro natura più vera di conquistatori barbari e incivili trattando i soldati vinti con tanta cattiveria e malvaggità che, a confronto, Hitler lo si può considerare un agnellino.
Ma nonostante tutto gli eroici soldati del Sud resistettero, non si piegarono e preferirono morire piuttosto che tradire il loro Re e servire il vile invasore.
Onore a questi Eroi e vergogna ai loro oppressori e aguzzini!
Per vincere la resistenza dei prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si ebbe ricorso ad uno spediente crudele e disumano, che fa fremere. Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, e rifiniti di fame perché tenuti a mezza razione con cattivo pane e acqua e una sozza broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e di altri luoghi nei più aspri siti delle Alpi. Uomini nati e cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie, eccoli gittati a spasimar di freddo e di stento tra le ghiacciaie. (Civiltà Cattolica, serie IV, vol. IX del 25-1-1861)
La fortezza di Fenestrelle era attiva dai primi del Settecento. Avamposto di confine dei Savoia, ma anche carcere militare. Nel 1860 fu il luogo di pena dei soldati pontifìci e borbonici catturati dai piemontesi. Edifìcio a scaloni, immerso nella neve in inverno a quasi 2000 metri di altezza sulla sinistra del Chisone. […]
In quel periodo nella fortezza erano rinchiusi 1000 prigionieri, altri 6000 erano ammassati a San Maurizio Canavese sotto il controllo di due battaglioni di fanteria. Quando nel settembre 1861 i ministri Bettino Ricasoli e Pietro Bastogi visitarono il campo di San Maurizio Canavese, vi trovarono rinchiusi ancora 3000 soldati borbonici.
[…] Ma la durezza delle condizioni igieniche, il cibo scarso, la lontananza da casa e un clima insopportabile per chi era nato ad altre latitudini non riuscirono a piegare quei detenuti.
Molti, per sfuggire alla detenzione, accettavano l’arruolamento. Ma poi, appena liberi, disertavano. […]
A Fenestrelle la vita media non superava i tre mesi. Alla fine, come riferì il ministro Della Rovere, circa 80.000 meridionali rifiutarono di servire sotto la bandiera italiana.
Fuori dai campi di prigionia, i militari si rifugiavano nello Stato pontificio, magari offrendo i propri servigi al re in esilio a Roma. Oppure finivano nelle bande di briganti a combattere i soldati italiani, che continuavano a chiamare piemontesi.
In tanti non tornarono vivi da quella prigionia. Altre vittime della guerra di conquista (1) nel Mezzogiorno. Vittime di un Risorgimento violento (2) cui si opponevano da sconfitti della storia.
A Fenestrelle ci fu il maggior numero di morti.
La calce viva scioglieva i corpi di chi non ce l’aveva fatta a superare il rigore del freddo e della fame.(3)
L’ospedale della fortezza era sempre affollato di ammalati. E nei registri parrocchiali si annotavano i nomi dei soldati meridionali deceduti dopo il ricovero.
Morti senza lapidi e senza identità. In numero maggiore di quelli registrati. […]
Si usò una grande vasca di calce viva per gettarvi i cadaveri. La vasca è ancora visibile(4), dietro la chiesa principale del forte.
Nel registro sono annotati cinquantuno(5) nomi: il più giovane aveva 22 anni, il più vecchio 32.
Sono solo una minima parte di quelli che morirono per essersi opposti all’Italia unita.
Italiani anche loro, ma vinti e dimenticati.(6)