Vincenzo Cerracchio – Controstoria della Lazio

Buongiorno a tutti. Vi aspetto nel pomeriggio allo stand A 23 della Fiera del libro “Più libri più liberi” al Palazzo dei Congressi dell’Eur. Chi non avesse ancora la Controstoria e la volesse acquistare può trovarla qui… anche con dedica. – Vincenzo Cerracchio

vincenzo

Controstoria della Lazio, un bagno di Lazialità!
di Stefano Greco

Ci vuole tanta forza, un amore sconfinato per la Lazio e una Lazialità con la “L” maiuscola per scrivere oggi un libro sulla Lazio. Ancora di più sulla storia della Lazio. Perché significa mettere completamente da parte il presente, isolarsi da discussioni e lotte fratricide per immergersi nel passato; in un passato fantastico a cui sei legato in modo viscerale (perché legato anche a quella giovinezza che ti è sfuggita dalle mani come una manciata di sabbia…) ma che al tempo stesso ti provoca delle fitte dolorose nel confronto con il presente. Per questi motivi, Vincenzo Cerracchio merita un applauso enorme per aver scritto “Controstoria della Lazio”, perché immerso nella lettura del suo libro per due giorni ho ritrovato il sorriso e quella serenità che manca oramai da troppo tempo quando si parla di Lazio e di storia della Lazio. Già, perché uno dei giochi più in voga nel mondo Lazio di oggi, è calpestare in qualche modo la storia, distruggere l’immagine di personaggi che hanno fatto la storia della Lazio perché sono pro o contro Lotito, inserendoli senza senso in questa guerra senza quartiere. Mentre, come ha fatto Vincenzo, parlando di chi ha fatto la storia bisogna avere solo rispetto. Magari anche un rispetto critico, ma rispetto.

Del libro, la prima cosa che mi ha intrigato è stato il titolo: curioso e geniale al tempo stesso. Azzeccatissimo e spiegato magnificamente nella bandella della prima di copertina:

“La storia, si sa, la scrivono i vincitori. A volte solo i più furbi, anche se hanno vinto poco o niente. A volte le maggioranze, cambiando le carte in tavola. A volte i giornali, spacciando opinioni di parte per verità assolute. La Controstoria è tutt’altro. E’ testimonianza. Racconta retroscena, disegna scenari. Non fa sconti a nessuno, non può, perché a nessuno deve render conto. Non si sottomette alle prepotenze, rifugge i luoghi comuni. È libera. Questa descrive, in un’ottica diversa i fatti salienti che hanno caratterizzato i finora 116 anni della SS LAZIO. Ovvero della sezione calcio della Polisportiva nata a Roma nei primi giorni del secolo scorso. Tra splendori e miserie, successi e sofferenze, passione e tradimenti, scandali e gesta epiche. Tra uomini che fecero l’impresa e altri che non furono all’altezza di tentarla. Parla soprattutto di un modo di essere: la Lazialità”.

Ecco, la Lazialità è la vera anima del libro, il cuore pulsante che non si vede ma che si percepisce in ogni riga, perché il pennino di chi scrive è intinto nell’inchiostro biancoceleste. Amo Vincenzo Cerracchio da sempre per come scrive e perché ha la mia stessa visione della Lazialità. Non sempre siamo stati d’accordo in questi ultimi 12 anni, non sempre siamo stati in linea, ma non è mai stato e non lo potrò mai considerare un “nemico”, perché quando c’è stato da difendere la Lazio e la Lazialità, siamo stati sempre sullo stesso lato della barricata. Vincenzo è all’apparenza più tenero di me, meno rigido e integralista, forse per questo anche più lucido e “sapiente”, una sorta di Mimmo Caso della “banda del meno nove”, quel leader che i compagni di squadra chiamavano il “nano sapiente”. E questa sua sapienza l’ha messa nella costruzione del libro, che non è una cronaca di avvenimenti, ma un racconto di 116 anni di emozioni, molte delle quali vissute in prima persona: dal muretto della Curva Sud insieme a quel gruppetto di amici di Monteverde che ha portato la mentalità Ultras nel mondo Lazio, per poi passare ai banchi della tribuna stampa dell’Olimpico o degli stadi dove giocava la Lazio, per finire con la Lazio vista dal divano di casa, perché il cuore a volte porta anche ad allontanarti da chi ami alla follia. A me è successo, completamente, a lui meno. Ma non per questo ci consideriamo (almeno, io non considero lui) diversi. Siamo LAZIALI (tutto maiuscolo), perché riusciamo ancora a commuoverci parlando e scrivendo di Lazio.

Dovrei descrivere il libro, ma sarebbe un delitto farlo, perché sarebbe come svelare la trama di un film togliendo poi il gusto della visione. Io, ad esempio, sono uno che evita di vedere i trailer dei film che ha deciso di andare a vedere. Per questo fatico a raccontare un libro. Mi sembra di svelare un segreto, di togliere qualcosa a chi si appresta a comprarlo e a leggerlo. Quindi non lo faccio, perché questo libro merita di essere letto e vissuto, merita una vera e propria full immersion perché ti rapisce, perché i capitoli sono come le ciliegie: uno tira l’altro. Ed è un libro anche coraggioso, uno di quei libri per cui rischi di farti anche dei nemici tra i giocatori amici. Sì, perché al contrario di tanti che si nascondono dietro un dito o che cercano di restare sempre in equilibrio per non scontentare nessun, a pagina 257 della “Controstoria della Lazio” Vincenzo snocciola i nomi della sua squadra dei sogni: anzi, delle due squadre dei sogni, perché una era poca e perché in un sogno tutto può succedere, quindi anche che due Lazio si affrontino. Chiaramente, una ha la maglia bianca e una la maglia celeste; una gioca con il 4-3-3 e l’altra con il 3-4-1-2.

Maglia bianca: Pulici; Antonazzi, Nesta, Wilson, Favalli; Re Cecconi, Veron, Gascoigne; Giordano, Piola, Bokisc. All. Tommaso Maestrelli

Maglia celeste: Sclavi; Stam, Remondini, Furiassi; Nedved, Simenone, Frustalupi, Martini; Flamini; Chinaglia, Signori. All. Sven Gora Eriksson

“Non ho inserito Bob e già questa è una ferita al cuore”, mi ha detto l’altro giorno Vincenzo Cerracchio alla presentazione del libro, “perché Bob è uno dei pilastri della storia della Lazio. Poi (sorridendo…) non ho messo D’Amico e mi sa che Vincenzino non mi rivolgerà più la parola per questo”.

Già, non c’è Vincenzino D’Amico come non c’è Di Canio, ad esempio, mentre c’è Gascoigne, ma nella “Controstoria” D’Amico e Di Canio hanno un capitolo dedicato a loro, quello della “bandiere stracciate”. Già, perché noi laziali nello strappare da soli le bandiere siamo degli specialisti. Con noi non c’è mai un divorzio consensuale, un arrivederci accompagnato da lacrime sì ma da baci e abbracci. No, nella nostra storia ci sono solo addii laceranti, “tradimenti”, abbandoni conditi da odio e rancore causati da troppo amore. Basta pensare a Giorgio Chinaglia. Ma dicevamo di Vincenzino D’Amico. Non è presente in nessuna delle due formazioni, ma il suo nome ricorre sempre nel libro e Cerracchio ne da una definizione fantastica.

“Vincenzo per me è romano, anche se lui è naturalmente fiero di essere nato a Latina. E rappresenta la continuità di una fede, l’ancora sicura, il punto fermo. C’è sempre stato, con la sua battuta sorniona, l’ironia naturale, mai forzata”.

Che altro dire? Come bellissima è la descrizione di Paolo Di Canio: “Paolo Di Canio, sanguigno e verace come il Quarticciolo d’origine, rappresenta piuttosto la complessità del sentimento, la dedizione totale e l’orgoglio tradito, l’odio per eccesso d’amore, la rivincita rabbiosa, la battuta sferzante”.

Ecco, più che descrizioni sono quasi dei quadri, immagini che hanno un’anima e ti trasmettono emozioni. E il libro è tutto così, compreso il paragone tra Umberto Lenzini e Sergio Cragnotti, fantastico e geniale.

“Tra lo state ‘bboni di Lenzini e i clienti di Cragnotti passano una trentina d’anni. Esattamente 26 tra uno scudetto e l’altro. Un’era glaciale per il calcio. Sor Umberto e senhor Serginho. Il muratore e il contabile. Palazzine e banche d’affari. Scommessa e investimento. Prudenza e spregiudicatezza. Olanda e Resto del Mondo. Giri di campo e cene di lavoro”.

Al contrario di quanto ho fatto io, che nel momento in cui ho raccontato i 110 uomini e una donna che hanno fatto la storia della Lazio ho volutamente lasciato fuori Claudio Lotito (come in tutti gli altri libri che ho scritto, per scelta…) Vincenzo Cerracchio lo ha nominato e ne ha parlato. Cosa ha scritto, lo dovrete scoprire leggendo il libro, perché come mi ha scritto giustamente l’altro giorno Vincenzo in un messaggio, “questo libro intende unire pur nella piena coscienza che solo con la sua uscita torneranno tempi di gioia e di tifo comune. Vorrei insomma che passasse il messaggio subliminale di quelle dieci righe senza che diventino centrali e quindi dividano ulteriormente”. Quindi, se volete leggere il messaggio subliminale che c’è in quelle due pagine del libro in cui si parla di Lotito, comprate “Controstoria della Lazio” per togliervi la curiosità. Ma compratelo e leggetelo soprattutto perché grazie alla lettura vi immergerete completamente in un mare di Lazialità. La Lazialità che traspare da quelle poche righe a pagina 7, nel prologo, in quel discorso immaginario tra l’autore del libro e la Lazio: …la troveremo come sempre su una panchina di piazza della Libertà. Le chiederemo “Ci sei ancora?”. Risponderà: “Certo. E voi…?”

E come ogni libro che si rispetti, anche in “Controstoria della Lazio” c’è la sorpresa finale. Non si svela il nome dell’assassino, ma c’è l’intervista al “capitano” di Vincenzo Cerracchio. Che non è Wilson o Nesta, ma Pierluigi Pagni, detto “Gigi”, ovvero l’uomo in celeste che indossava la fascia bianca nel giorno in cui Vincenzo Cerracchio ha messo per la prima volta allo stadio. E quella prima volta è speciale. Di quella prima volta ti ricordo tutto anche a distanza di 50 anni. Ed è questa la magia del calcio…