Virus, batteri, funghi

Virus, batteri, funghi: l’esercito di microrganismi che abita con noi

8 Giugno 2022
Così l’equilibrio dei batteri intestinali è indice di buona salute

Gioia Locati

Quante volte ci siamo sentiti dire che la salute del corpo dipende dall’intestino e dall’equilibrio della flora batterica?
E che un sistema immunitario funzionante coinvolge soprattutto quest’organo?

Tante, al punto da scordarcene. Ma forse c’è il modo di non dimenticarsi di una condizione così importante per la nostra salute. Ed è quello di diventare consapevoli che possiamo sempre, in qualsiasi momento, cambiare l’assetto dei nostri batteri intestinali: modificando le nostre abitudini.

Sì perché, da diversi anni, la medicina ci sta dicendo che molte malattie importanti sono associate a determinate popolazioni di microrganismi del nostro corpo “che prendono il sopravvento sulle altre” creando un disequilibro.

C’è da sapere che un’infinità di germi abita stabilmente con noi, in tutto l’organismo e non solo nell’intestino. Conviviamo con 100 trilioni di microbi (microbiota), dalla bocca al naso, dalla gola ai polmoni, dai capelli allo stomaco, dai genitali all’intestino: solamente nel sangue e nel sistema nervoso non ci sono né batteri, né virus, né funghi.

Quando stiamo bene la relazione tra noi e i germi è di tipo simbiotico. Vi è dunque uno scambio reciproco che regola la convivenza.

“I microrganismi vivono approfittando delle risorse nutritive che trovano nel nostro corpo e in cambio ci restituiscono favori che consistono nel permetterci di usare gratuitamente per scopi metabolici alcune sostanze da loro prodotte. Una relazione di scambio che, quando tutto funziona bene, ci garantisce una salute di ferro. I nostri simbionti costituiscono infatti la migliore protezione possibile contro l’attacco da parte di batteri patogeni. Ma quando le cose si mettono male, e la nostra flora batterica si altera, allora possono verificarsi alcune tra le più famigerate malattie del progresso” spiegano gli autori del Progetto Microbioma Italiano che dal 2015 si occupa di mappare la flora batterica degli italiani.

Quasi ogni malattia è associata a una popolazione di batteri intestinali, vi sono i batteri prevalenti dell’obeso, quelli che ricorrono in chi soffre di morbo di Chron o di altre malattie infiammatorie intestinali. E ancora, quelli ricorrenti nelle malattie autoimmuni, nelle infezioni urinarie, perfino nell’ansia, nelle depressioni e in alcune forme di autismo. Oggi si parla anche di “intestino del fumatore“: chi fuma è più soggetto a a permeabilità intestinale, oltre che a una disbiosi polmonare.

Ricercatori americani hanno dimostrato che è possibile far diventare permanentemente obesi i topi a cui era stata trapiantata nel loro intestino la flora batterica prelevata da un umano obeso.
Altri studiosi hanno ipotizzato un nesso biologico fra microbioma intestinale e Parkinson.
Non solo. Perfino l’umore dipende dai batteri. Cavie hanno sperimentato l’ansia quando hanno ricevuto i microbi del topo ansioso.

Molti fattori influiscono sul microbiota: l’età, il tipo di dieta seguita, il fatto di vivere a contatto con animali, di fumare o di assumere alcolici, i luoghi in cui una persona è cresciuta (e perfino la tipologia di parto, se naturale o cesareo). Sta emergendo da studi recenti che la popolazione residente in un certo territorio, gli italiani ad esempio (infatti l’indagine è stata condotta su italiani sani) ha solo un terzo del proprio patrimonio batterico simile agli altri individui della specie. La maggior parte del microbiota è specifico e individuale.

Cosa fare per migliorare la propria flora intestinale?

“Evitare di assumere antibiotici se non necessari o disinfettare le verdure e la cute in maniera eccessiva. Più sono i microbi con i quali entriamo in contatto, più facilmente il nostro sistema immunitario saprà distinguere i buoni dai cattivi. Soprattutto è importante privilegiare una dieta ricca di fibre vegetali, il nutrimento principe dei batteri sani poiché, in assenza del loro cibo preferito, i microorganismi si cibano di muco intestinale (e questo ne danneggia la parete protettiva) – ha spiegato Fabio Piccini, il medico e ricercatore che ha ideato il Progetto Microbioma italiano. La dieta deve essere varia, basata su vegetali, frutti e legumi e ricca di acidi grassi polinsaturi (omega 3, alghe, semi oleosi, frutta secca). In più, si è visto che i cibi fermentati svolgono un ruolo importante. Non solo yogurt o kefir (la bevanda ricca di fermenti della tradizione orientale), tutti gli ortaggi, perfino le carni, si possono lasciare fermentare in acqua e sale o spontaneamente”.

“Un altro esperimento interessante – ha aggiunto Piccini – è quello che ha dimostrato che la flora batterica di un umano obeso influisce sull’appetito (aumentandolo a dimisura) e sull’utilizzo delle calorie presenti negli alimenti (aumentandone il deposito nell’organo adiposo anzichè dirigerle verso l’utilizzo energetico immediato)”.

Il trapianto di microbiota

È possibile trapiantare la flora microbica da un organismo ad un altro ed è uno dei filoni di ricerca più promettenti.
Una ricerca appena pubblicata mostra un risultato sorprendente: il trapianto di microbiota fecale da topi giovani a topi più anziani ha invertito i segni distintivi dell’invecchiamento nell’intestino, nel cervello e negli occhi. Il trapianto del microbiota fecale da topi vecchi a topi giovani ha avuto l’effetto inverso, inducendo infiammazione nel cervello e impoverendo una proteina chiave associata a una vista sana. Secondo i ricercatori “l’invecchiamento del microbiota intestinale determina cambiamenti dannosi negli assi intestino – cervello e intestino – retina, suggerendo che la modulazione microbica può essere di beneficio terapeutico nel prevenire il declino dei tessuti correlato all’infiammazione in età avanzata”.

 

https://www.ilgiornale.it/news/salute/Il-bello-delle-lotte-intestine-2039361.html