Trevi: “Due vite” e il premio Strega.
Leggo del premio e mi rattristo. Leggo di “letteratura” e mi rattristo, credo che questa vittoria sia figlia dei tempi. Tempi duri: dove si scrive per parlare di sé, sperando nessuno se ne accorga (dov’è l’universalizzazione e il messaggio all’Umanità?) e dove gli altri notano solo ciò che indossi (le scarpe della Lidl).
Per questo mi tuffo, stamane, nel ricordo della nascita del premio, per mano di una donna molto “discussa” a quel tempo, sia per la sua narrativa, che per le scollature. Riporto un ricordo di Citto Maselli, che vide nascere il premio nel salotto di casa sua. Il rapporto che lega Citto Maselli, intellettuale comunista e grande padre del cinema militante italiano, col Premio Strega è antico. Risale alla sua nascita, nel 1947. Anzi, a dire il vero, ancor prima. Nella Roma in attesa della Liberazione, ma che anche sotto il regime viveva nello spirito antifascista di artisti, scrittori, pittori, giornalisti che frequentavano il salotto di casa Maselli: quello di suo padre Ercole, critico d’arte e giornalista de Il Messaggero.
Un salotto affollatissimo dai più grandi nomi del Novecento, Emilio Cecchi, Alberto Moravia, Massimo Bontempelli, Alberto Savinio, Silvio D’Amico e, soprattutto Luigi Pirandello. “Quello zio che credevo essere mio nonno per quanto era affettuoso” ricorda l’autore di Il sospetto, e a cui deve il nome di Citto al posto di quello di battesimo, Francesco, che il grande drammaturgo gli assegnò un giorno sentendogli farfugliare un “ciccio” pronunciato con le effe, difetto che “avevo da piccolissimo” ricorda Maselli.
Ebbene nel via vai di intellettuali c’era anche Maria Bellonci, ricorda Citto. “Era una scrittrice e il marito, Goffredo Bellonci, un critico letterario che allora dirigeva “Città”, una rivista molto snob di cui uscirono solo pochi numeri, su cui scrivevano mio padre e Moravia. Lei aveva un gran portamento, così che i maligni la chiamavano l’aigle à deux têtes per via del bel décolleté. Si era fatta conoscere come scrittrice per un bel romanzo storico su Lucrezia Borgia in cui ribaltava il luogo comune dell’avvelenatrice con quello di una donna letterata e colta”, si immaginino le critiche.
Insomma, è durante una delle visite dei Bellonci a casa Maselli che Citto, appena adolescente e magrissimo (ribattezzato per questo da Flaiano, “il patito comunista”), sente “parlare dell’idea di fondare un premio letterario.
Ne parlano a mio padre e poi coinvolgono Corrado Alvaro. Per un premio ci vuole un finanziatore si dicono ed è proprio lo scrittore calabrese a suggerire il nome di Guido Alberti, il proprietario del liquore Strega che ai tempi era molto interessato ad entrare nel mondo letterario e dello spettacolo. Aveva, infatti, velleità d’attore tanto che una decina d’anni dopo lavorò anche in un mio film: Ruba al prossimo tuo“.
Guido Alberti accettò di buon grado, con l’unico vincolo di dare al premio letterario il nome del suo liquore. Nasce così lo Strega, allora uno dei premi letterari più prestigiosi. Oggi uno dei più discussi. Il primo a vincerlo, nel ’47, è Ennio Flaiano con “Tempo di uccidere”. Quasi ad anticipare il futuro legame che unirà lo Strega al cinema, diventato nel tempo un serbatoio di storie per i registi. A cominciare proprio dal romanzo di Flaiano che Giuliano Montaldo portò sul grande schermo nell’89.
M.P.