Nel 1896 il fumettista Albert Robida proponeva una rappresentazione del nostro oscuro futuro. “La visio-conferenza”.
L’incisione è intitolata: FAMILY REUNION.
Io immagino una vita su Marte, o sulla Luna. Basta scavalcare un po’ di spazio e tempo e “ualà”. Perchè no? M.P.
Un po’ di storia.
Della sua vita prima che diventasse cristiano non si sa nulla. Non sappiamo nemmeno se fosse un ebreo di Galilea o un pagano proveniente dall’Anatolia ellenica, visto che il suo nome è greco e significa “coronato”. Stefano frequenta gli apostoli, che impongono le mani su di lui ed altri suoi sei compagni (diaconato), e con la sua capacità oratoria converte moltissime persone. Finché, questo predicatore che arringava le folle e ne trascinava una parte con sé, finisce per infastidire il potere precostituito (allora, come ora). Peggio, quando discuteva con i sapienti nel Tempio e riusciva sempre a prevalere grazie alla sua abilità declamatoria. Insomma, era un elemento di disturbo e per questo venne accusato di blasfemia dal Sinedrio, il supremo tribunale nazionale degli Ebrei, istituito ai tempi dei Maccabei. L’accusa fu grave: «Bestemmia contro Dio e contro Mosè». Stefano si lasciò andare in una lunghissima autodifesa che è il più lungo discorso compreso negli Atti degli Apostoli. Ricco di saggezza e dottrina, ripercorse le Sacre Scritture, sostenendo che Dio aveva preparato l’avvento di Cristo attraverso profeti e patriarchi. Il discorso non ebbe grande successo: forse spazientiti dalla lunghezza gli astanti iniziarono a rumoreggiare, quindi trascinarono il povero Stefano fuori dalle mura della città e lì, in campo aperto, lo sottoposero a lapidazione. Per avere più slancio e tirare meglio le pietre si tolsero le vesti e le deposero ai piedi di un giovane che assisteva all’esecuzione, tale Saulo (diverrà Paolo di Tarso, illuminato sulla via chiamata “Dritta” di Damasco). Questo fariseo di Tarso, che aveva la cittadinanza romana, era molto conosciuto dal Sinedrio e reggeva i mantelli di coloro che scagliavano le pietre per uccidere i discepoli di Gesù. Saulo era ossessionato dall’imperativo di arrestare i discepoli e quel giorno fu ben felice di veder morire Stefano. Nell’esaltazione del potere e del successo degli atti di persecuzione, Saulo/Paolo di Tarso, chiederà, dopo l’esecuzione, ai capi del suo popolo, il permesso di recarsi a Damasco, per arrestare i cristiani della città, ma mentre stava per entrare a Damasco, sulla strada chiamata “Diritta”, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo. Folgorato, accecato e riportato al bagliore di una nuova vita, venne scelto da Dio per annunciare la sua parola in tutto il mondo.
Stefano e Saulo sono vittime di un incontro/scontro destinato a cambiare la storia. Stefano è il primo cristiano a perdere la propria vita per non rinnegare Gesù. Tuttavia, senza Stefano non ci sarebbe stato Paolo; il Saulo/Paolo ha fatto esperienza dell’accanimento nel distruggere i cristiani, per poi esperire la sua vocazione ad essere l’elemento di continuità proprio di ciò che desiderava annientare. È il rovescio della sua stessa medaglia, un personaggio affascinante e paradossale; è il ripetersi della Storia degli uomini, destinati in un labirinto, illusi di essere liberi, ma prigionieri dapprima delle loro paure, poi dalle ipocrisie, solo talvolta illuminati un attimo prima di Damasco. (In foto la bellissima chiesa di Santo Stefano, di Telese Terme (prima di essere deturpata). Anni ’50, archivio A. Ricci). Poi torno.
Vivere di poesia: la casa ha occhi, bocca, naso, fronte e una sua dolcezza: un nido d’amore, uno scrigno di ricordi.
Vivere di fantasia: è una casa parlante e possiamo costruirci una fiaba, inventarci una magia, trasformarla in un’ala di un vecchio castello.
Vivere di realtà: è solo pareidolia (dal greco “parà”, vicino, e “èidolon”, immagine). Un fenomeno, una tendenza, come quando si cerca un volto nella schiuma di un cappuccino, o nelle nuvole, o si vede il volto della Madonna tra le stelle, oppure Maradona nell’etere. La radice “parà” è molto vicina al verbo “appare”, ma anche al dialetto napoletano “par'”, che significa una cosa che sembra, ma non è!
Potremmo scomodare anche Dante (Tanto gentile e tanto onesta “pare”) (appare), ed anche l’Arte fotografica di Philippe Halsman, sette donne attorcigliate che che ricordano un teschio. (poi torno).
Essere buoni senza umiliare, accoglienti senza rinfacciare, donare senza pretendere, non giudicare mai dalle apparenze e non offendere, almeno ogni tanto, visto che tutto ciò è nell’ordine degli atteggiamenti umani. Ieri sera, nella preparazione ad una diretta, qualcuno ha dato del “cretina” gratuitamente ad un’altra persona; non mi sono meravigliata dell’epiteto stupido, il mio stupore grande nel constatare, invece, che molti (sedicenti adulti) “ridevano” e questo mi ha dato il senso del “mediocre umano”. Non ridete degli altri e fate del bene in silenzio, tutto il resto è “fuffa”, o spettacolo. (torno).