“Esprit de l’escalier”.
A coniare l’espressione, dando il nome al fenomeno, è stato il filosofo illuminista Denis Diderot, nel “Paradosso sull’attore”. Durante una cena a casa di Jacques Necker gli fu opposta un’obiezione che sul momento riuscì ad azzittirlo, lasciandolo senza argomenti, in quanto, come egli spiega: «l’homme sensible, comme moi, tout entier à ce qu’on lui objecte, perd la tête et ne se retrouve qu’au bas de l’escalier» (“L’uomo sensibile, come me, completamente preso da ciò che gli si obietta, perde la testa e non la ritrova se non in fondo alle scale”).
Alle nove del mattino, un distinto signore di mezza età è in fila alla cassa in un piccolo supermercato. Davanti a lui una madre e una figlia, inequivocabili nelle loro sembianze, spingono un carrello riempito fino all’inverosimile.
La più matura nota che l’uomo tiene in mano solo una bottiglia di latte e lo invita gentilmente a passare. Lui, ringraziando, avanza, ma interviene sibillina la figlia dicendo: «Perché mai dovrebbe passare? Adesso tocca a noi!» Quindi, con il corpo eufemisticamente burroso fasciato dentro un abito verde come la sua bile, si pone come baluardo in difesa del nastro trasportatore sul quale con gesti nervosi appoggia la spesa. L’uomo senza proferire parola retrocede un po’ dispiaciuto per la signora la quale imbarazzata abbassa gli occhi, mentre la figlia tronfia della sua impresa arriverà a casa con una manciata di secondi in anticipo.
La vista di quel signore educato e silenzioso ricorda ciò che i francesi definiscono «esprit de l’escalier», quella particolare situazione in cui qualcosa frena le reazioni e impedisce di trovare una risposta tempestiva a una provocazione. Capita a molti di non saper reagire nel momento opportuno, spesso lo spirito si manifesta tardivo in fondo alle scale.
Dentro il pensiero: «Avrei dovuto rispondere così», si condensa il desiderio di rivalsa già delineato da Denis Diderot alla fine del 1700, esso si rinnova ogni volta si trova la risposta arguta che ricompone la propria dignità momentaneamente perduta. Ho avuto la sensazione che l’uomo con la bottiglia di latte le parole per ammutolire la sgarbata signorina le avesse trovate, tuttavia abbia preferito oliare i cardini della sua vecchia educazione, evitando di livellarsi a una moderna villania che avrebbe condotto al contrasto diretto. Forse, ha scelto di applicare la prudente regola di convivenza del «bel tacer» che non fu mai scritto, attribuita al poeta e librettista Iacopo Badoer, ritenendola appropriata alla circostanza. Mi piace pensare che rimaste da sole la madre abbia rimarcato quel gesto inutilmente scortese e, come si educano i bambini, per farlo abbia usato parole simili a quelle di Esopo: «Nessun atto di gentilezza, per piccolo che sia, è mai sprecato”.
All’uomo rimane il confronto e lo sfogo con i propri intimi amici, come fanno tutti, e la dimenticanza».
M P.