Mi piacciono i sorrisi, segno che sto invecchiando.
La risata è cieca, indolore, frettolosa e disattenta, arriva improvvisa, mette in subbuglio lo stomaco, la pancia e se ne va… Mi piacciono i sorrisi, invecchiando. Il sorriso è lento, ha pensato prima di rivelarsi, è sornione e ti racconta ciò che ha visto “dentro”. Sorrido ironica, sorrido triste, sorrido furba, sorrido ammiccante, insomma sorrido dopo “averci pensato”. Il sorriso scompone, disordina la risata, genera singhiozzi di pensiero, ferma l’attenzione al vero, destabilizza la “maschera” che ci siamo costruiti a fatica. Il sorriso imbarazza, ricorda che la “tua faccia” non si accorda con quella che hai dentro. E sì, perché noi tutti ci acconciamo la faccia, violentiamo noi stessi, grossolanamente, pensando di far meglio, facciamo violenza alla realtà. La folla gode del disordine delle maschere, è compiaciuta delle confidenze altrui, smacchia le proprie ipocrisie annusando quelle degli altri: “guai a confidarsi con qualcuno, è davvero da pazzi!”. Per non sorridere si ride e si ci acconcia, aspettando che la folla ci dica “bravo, bello, buono…”
Che gran mercato inutile! E quella lì? Quella donnina lì, in fondo a quell’immagine, forse ci ricorda chi siamo?
“Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere.
Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore dell’amante molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il riso ed i sorriso…”. (sarò cinica, ma poi torno).
M.P.