La mia (struggente) lettura domenicale.
“Eccoti rinsavito. Nutri solo delle passioni, d’ora in avanti; ma l’amore bisogna saperlo dare a chi lo merita, e soltanto l’ultimo amore di una donna può soddisfare il primo amore di un uomo.”
Con queste struggenti parole si chiude la seconda edizione del romanzo breve: “La duchessa di Langeais”, di Honoré de Balzac.
Honoré de Balzac, il dandy ribelle di sinistra, fu un abile studioso della realtà. ll suo fu un lavoro di storicizzazione dei personaggi e focalizzazione sul dettaglio, sulla scia dei cambiamenti realizzati da Walter Scott nell’ambito del romanzo. Tutta la sua vita sarà finalizzata alla creazione di un’architettura letteraria, che nasce e si sviluppa con la trasformazione di sé stesso come figlio e personaggio di quella stessa società che rigettava e lo rigettava, sino ad assumersi la paternità del Realismo. Un uomo sensibile all’eleganza, animato, quasi per contrasto, da sorprendente fantasia e immaginazione. Decisivo nella sua vita l’incontro e a seguire l’attrazione ossessiva che ebbe a ventidue anni per la mente matura, e ai suoi occhi così stimolante, della contessa Laure Antoinette Hinner, o semplicemente Laure de Berny, di vent’anni più grande. La donna era sposata con due figli. Dolce e premurosa, di indole romantica, non seppe tuttavia resistere alle lusinghe del caloroso giovane. Nel 1822 cominciava ufficialmente la loro relazione. Relazione a cui tutti si opposero, non condivisa dal punto di vista culturale, e ritenuta offensiva in quanto macchiata di adulterio.
« O Laure, è nel mezzo di una notte piena di te, all’insegna del silenzio, e perseguitato dal ricordo dei tuoi baci deliranti che ti scrivo. E quali idee posso avere, tu le hai prese tutte, si, tutta la mia anima si è attaccata alla tua e ormai tu non camminerai se non con me. O, sono circondato da un prestigio teneramente incantevole e magico; non vedo che la panchina, non sento che il tuo dolce contatto, e i fiori che sono davanti a me, anche se secchi, conservano un odore inebriante. Tu testimoni le paure e le esprimi con un tono straziante per il mio cuore. Ahimè, ora sono sicuro di ciò che ho giurato, perchè i tuoi baci non hanno cambiato niente.
Io sono cambiato. Ti amo alla follia. » (Lettera di Balzac a Laure de Berny).
Il loro fu un amore spregiudicato ma non solo passionale, soprattutto, un legame intellettuale. Laure era la sua musa, oltre che benefattrice. Fonte continua di incitazione, fu colei che lo guidò alla conoscenza del suo genio. In qualche modo sostituiva la figura materna, quella autorevole, da cui invece non aveva mai ricevuto approvazione. Gli fu sempre accanto, affettivamente ed economicamente sino a che, da buon artista, e come ogni uomo, decise di sperimentare altri amori. Rimanere ancorato a una sola persona sarebbe stato controproducente per il suo essere ‘oppressato’ (termine da lui usato con Laure), dalla noia, quindi l’ambizione (maschile) prevalse. Nonostante ciò, lei continuò ad essere la sua “Dilecta”.
Tra le sue altre esperienze amorose decisivo fu per Balzac l’impeto provato per Claire Clemence Henriette Claudine de Maillé de La Tour-Landry , la duchessa di Castries. Pur rimanendo la “preferita” lasciò Laure per sempre, dedicandole queste parole, nel giorno della morte di lei: “Ho perso più di una madre, più di un’amante, più di quanto una creatura possa rappresentare. Nelle mie peggiori tempeste lei mi ha sostenuto con le parole, con i fatti, con la devozione. Se vivo, lo devo a lei. Era tutto per me” (parole con cui Balzac descrive Laure de Berny in una lettera a sua sorella). In foto: Ritratto di Madame Laure de Berny di Henri Nicolas van Gorp.
(C’è sempre dell’amarezza nel fondo degli amori, sia che finiscono, sia che rimangono. Io, poi, torno…)
M.P.