La poesia che Luis Sepùlveda dedicò alla moglie Carmen in esilio
Sopravvissuti al regime di Pinochet, Luis Sepùlveda e la moglie Carmen Yanez sono la rappresentazione perfetta della forza dell’amore di fronte a qualsiasi ostacolo
Sopravvissuti al regime di Pinochet, alla violenza inaudita della sua dittatura e persino alle torture in carcere, Luis Sepùlveda e la moglie Carmen Yanez hanno combattuto insieme contro un nemico comune: il coronavirus. Ma, questa volta, Luis non ce l’ha fatta.
Uniti da un filo indissolubile che intreccia i loro destini da sempre, Luis e Carmen sono la rappresentazione perfetta della forza dell’amore di fronte a qualsiasi ostacolo. Prima costretti all’esilio, poi separati per diversi anni e infine ricongiunti, la storia d’amore fra Luis Sepùlveda e la moglie Carmen Yanez, poetessa cilena, sembra uscita da un romanzo, proprio come recita una poesia di Sepùlveda, dal titolo La más bella historia de amor.
La storia d’amore fra Sepùlveda e la moglie Carmen
Luis Sepùlveda incontra Carmen Yanez nel 1968, quando alla guida del Cile c’era ancora il socialista Salvador Allende. Carmen aveva appena 15 anni e dopo soli tre anni anni decidono di sposarsi a Santiago del Cile. Dopo la nascita del primo figlio, un feroce colpo di Stato mette fine alla presidenza di Salvador Allende, instaurando il regime di Pinochet. Per entrambi comincia un periodo di clandestinità, arresti, torture e repressione. Sepúlveda lascia il Cile nel 1977, Carmen quattro anni dopo. Le loro vite si separano. Lui si trasferisce in Germania e lei in Svezia. Ma il destino li riunisce nel 1996, nella Foresta Nera. Pochi giorni dopo partono per Parigi e nel 2004, a Gijón in Spagna, si sono risposati.
“La più bella storia d’amore”
La poesia, in spagnolo “La más bella historia de amor”, è tratta dalla raccolta “Poesie senza patria”, edita da Guanda (2003).
L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perchè della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda un a stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perchè La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi