Viaggio nella memoria del Banco di Napoli
Opinionista: Giuseppe Scalera
Oscar Wilde, il più decadente dei poeti irlandesi, rilevava che “la memoria è il diario che ciascuno di noi porta sempre con sé”. Un inno al ricordo, alle tracce, al passato che non può essere dimenticato. E le reliquie della memoria, dalle nostre parti, sono particolarmente prestigiose. Napoli, infatti, custodisce primati straordinari. Il primo teatro al mondo (San Carlo, 1737 ), il primo Codice Marittimo del globo (1781 ), la prima nave a vapore nel Mediterraneo (Ferdinando I, 1818 ) ed una serie infinita di successi che la portarono, nel tempo, a gareggiare con le più grandi città europee. Ma c’è un altro, formidabile record, in chiave economica, che meriterebbe lo spazio di un ampio approfondimento critico. Ed è rappresentato dalle fedi di credito, uno strumento finanziario assolutamente nuovo per l’epoca, una forma di carta moneta ante litteram. Sul loro anno di nascita vive un sottile contenzioso. Molti le catalogano intorno al Cinquecento. Ma, da recenti studi, è stato possibile individuare una fede di deposito, antesignana delle fedi di credito, del 1463, emessa dal Banco dell’Annunziata. Una scoperta autentica che, per certi versi, ricostruisce gli stessi prodromi della nascita del Banco di Napoli, formalmente individuata, successivamente, nel 1539. Le fedi di credito rappresentarono per Napoli un’autentica rivoluzione. Come racconta puntualmente Gigi Di Fiore nel suo ultimo, prezioso volume “Napoletanità”, i commercianti videro progressivamente facilitate le loro attività. Tutti iniziarono ad essere pagati con questa nuova formula. Perfino il Caravaggio, perfino il Sammartino per il suo “Cristo velato”, straordinario interprete della marmorizzazione di un lenzuolo che ha appassionato per secoli scultori ed alchimisti di tutto il mondo. Insomma, un nuovo titolo di credito che sconvolse la finanza italiana e che poteva, in quel tempo, essere emesso solo dal Banco del Regno delle due Sicilie e, poi, dal Banco di Napoli. Memorie economiche di una grande capitale europea capace di indicare al mondo le forme di innovazione e di sviluppo per lunghi secoli. Tutti sappiamo, poi, come questo glorioso passato sia scivolato lentamente nell’oblio e come il Banco di Napoli, attraverso una serie di manovre a dir poco avventurose, sia stato costretto alla chiusura esattamente un anno fa. Per disegnare la memoria di quest’ultimo evento, una serie di iniziative sul territorio. Ultima, oggi, quella del Museo di Napoli che nel pomeriggio, alla Casa dello Scugnizzo a Materdei, proverà a confrontare i pareri di Ferdinando Flagiello, Nino Daniele, Giovanni Ardimento e Gaetano Bonelli. Un viaggio nel passato supportato anche da rari documenti storici sulla vita del Banco. Un modo per costruire altre stanze della memoria, provando a conteggiare le occasioni del tempo perduto.
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