Valutare gli scambi
È tutta questione di… vacuità.
Il rapporto che viene a crearsi tra sicurezza e innovazione caratterizza la nostra evoluzione e rende del tutto particolare la nostra specie, rispetto agli altri animali. Ciò che in questo rapporto è importante risiede nelle capacità che l’essere umano ha messo a punto durante la trasmissione delle informazioni all’interno del gruppo. In altre parole, il segreto del nostro successo su questo pianeta risiede nella fedeltà della trasmissione di informazioni da un membro all’altro della specie, nell’accuratezza con cui un’informazione appresa passa dall’emittente al ricevente.
Infatti, le dimensioni del repertorio culturale di una specie, come la permanenza dei tratti culturali in una popolazione, aumenta fortemente con la fedeltà della trasmissione. Ecco perché l’essere umano tende alla precisione, a fornire informazioni ai propri discendenti che siano in qualche modo inequivocabili. Questa fedeltà garantisce il successo delle informazioni stesse e la produzione, in un secondo momento, di quella quota di innovazione con la quale si ridefiniscono le tradizioni trasmesse.
Durante il tempo di presenza sulla terra, la nostra specie ha così accumulato una quantità enorme di informazioni sicure e desideri di innovazione, creando ciò che comunemente definiamo complessità.
Senza una trasmissione accurata, qualsiasi cultura cumulativa è impossibile.
Ma solo in questo modo, una volta superata una data soglia, anche le innovazioni e i miglioramenti più modesti portano rapidamente a cambiamenti culturali enormi. E siamo noi, esseri umani, ad aver superato questa soglia.
E questo è potuto accadere perché i nostri antenati hanno effettuato una trasmissione molto fedele delle informazioni, attraverso l’insegnamento, cioè quel tipo di comportamento che facilita l’apprendimento nelle giovani generazioni.
Infatti, mentre l’imitazione è molto diffusa in natura, l’insegnamento è invece raro, anche se tale comportamento è universale nelle società umane. Per attuarlo, sono necessari presupposti complessi, e la presenza di una cultura cumulativa riduce la loro complessità.
L’insegnamento e la cultura cumulativa si sono co-evoluti nei nostri antenati, generando, per la prima volta nella storia della vita sulla terra, una specie i cui membri insegnano ai propri consimili un’ampia gamma di abilità. Il tutto, forse, rafforzato da una deliberata volontà, orientata al raggiungimento di specifici obiettivi.
Ognuno di noi, quindi, durante il trascorrere della propria vita, si rapporta con gli altri e con il mondo per scambiare qualcosa di sé con gli altri, oppure con le cose del mondo.
Ognuno di noi desidera sempre dare qualche cosa di sé in cambio di qualcos’altro.
Vogliamo donare la nostra sicurezza in cambio di novità.
Con un esempio ancora più concreto, consideriamo un meccanico d’auto. Egli dona all’altro la propria capacità, quella di aggiustare il motore di un’automobile che non funziona, affinché il proprietario dell’auto, soddisfatto del lavoro svolto, ricambi questo dono con una sua capacità, come quella di catalogare tutti i pezzi di ricambio del magazzino del meccanico. Un semplice baratto: il meccanico dona una sua sicurezza professionale, ossia la sua capacità di riparare il motore, e il proprietario dell’auto ricambia con un’altra sicurezza professionale, la capacità di dare ordine al magazzino del meccanico.
Questo ragionamento, che è alla base del nostro vivere sociale è apparentemente semplice ed ovvio. Ma, contiene, invece un grande interrogativo.
Sulla base di cosa il meccanico e il proprietario si accordano circa il fatto che il lavoro del primo equivale al lavoro del secondo? E se il tempo necessario per aggiustare l’auto fosse inferiore a quello necessario per catalogare i pezzi di ricambio del magazzino, come potrebbero risolvere la non equivalenza?
Come vedete, non è semplice e potrebbero nascere discussioni, anche poco piacevoli, nell’impossibilità di trovare una soluzione che soddisfi entrambi.
Ecco, proprio sulla base di queste considerazioni, mi chiedo se in questa nostra nazione siamo nelle condizioni di operare questo tipo di valutazione, specialmente osservando coloro che parlano, raccontano e dicono tante cose, e sono pagati per farlo.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).