Un mondo di pregiudizi
È tutta questione di… povertà mentale.
In senso generale, e letteralmente, il “pregiudizio” è un giudizio anticipato rispetto ad una reale valutazione dei fatti. Ora, possiamo considerare questo atteggiamento mentale positivo e al tempo stesso negativo. Tutto dipende dal modo in cui strumentalizziamo il nostro giudicare anticipatamente, ossia per quale scopo, secondo quali motivazioni, utilizziamo questo processo cognitivo per rapportarci con la realtà.
Quasi sempre connotiamo il termine in senso negativo, ossia considerandolo come esempio di superficialità e generalizzazioni che portano ad atteggiamenti mentali di rigidità, senza la messa in dubbio della fondatezza o della pertinenza dei concetti che compongono lo stesso pregiudizio. È questa la visione che riscontriamo, per esempio, nelle ricerche di Gordon Allport del 1954, mentre la posizione del filosofo Hans-Georg Gadamer, del 1965 ci apre ad una prospettiva diversa, ed è quella che mi piace considerare qui.
Secondo Gadamer, il pregiudizio è quell’atteggiamento mentale attraverso cui si può esprimere una anticipazione generalizzata rispetto ad una situazione, che non abbiamo ancora sperimentata in prima persona. Una specie di azzardo ipotetico generalizzante, rispetto al quale è possibile operare ulteriori verifiche che porteranno ad eventuali correzioni. E proprio in riferimento a queste correzioni io generalmente parlo di post-giudizio.
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In altri termini, considero positivamente l’utilizzo del pregiudizio che porta a verificare o meno i concetti che lo compongono per giungere alla formulazione di un post giudizio, che generalmente va a modificare i giudizi intuitivi precedenti. Per esempio, molte persone nutrono pregiudizi precisi nei confronti di alcuni cibi, e quando si trovano in condizioni di poterli assaggiare dovranno decidere se confermare o meno il pregiudizio, sperimentando quei cibi diversi. Ciò che risulta necessario, in questo processo, è comunque voler sperimentare, per mettere in dubbio o confermare il pregiudizio iniziale. Se non si desidera questa sperimentazione (che deve essere comunque leale), è evidente che il pregiudizio rimane tale, e siamo in presenza di una mente che potremmo definire cristallizzata, immobile e, semplicemente, rovinata.
Bene, una volta chiarita questa duplice valenza del concetto di “pregiudizio“, lascio a voi fare le considerazioni necessarie rispetto alle dichiarazioni che i media ci stanno presentando e che provengono da alcuni uomini politici, oppure da professionisti della comunicazione.
Ecco perché ho deciso, a partire proprio da questo pomeriggio, lunedì 27 aprile 2020, alle ore 18, dalla mia Pagina Facebook, di iniziare una serie di dirette sul tema, e ragionare, insieme a tutti coloro che vorranno essere presenti, sulla formazione dei pregiudizi, degli stereotipi e la loro funzione, a livello mentale e culturale.
Se qualcuno di voi volesse partecipare, mi trovate su questo social, e intanto attendo di leggere i vostri commenti.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).