« La “catena di comando”. Ruolo e funzioni dei Viceré nel sistema imperiale spagnolo
Un colonnello prussiano al servizio dei Borboni di Napoli. Vita e avventure di Theodor Friedrich Klitsche de la Grange
di Lorenzo Terzi
Il nobile prussiano Theodor Friedrich Klitsche de la Grange fu uno dei non pochi ufficiali stranieri che, al momento del crollo del Regno delle Due Sicilie, misero il proprio braccio a disposizione della causa di Francesco II e della legittimità. De la Grange si era trasferito a Napoli all’inizio degli anni Cinquanta dell’Ottocento, anche per consentire al figlio Adolfo di frequentare la rinomata accademia militare della Nunziatella. Qui aveva avuto modo di guadagnare la stima di Ferdinando II, il quale incluse l’ufficiale estero nel ristretto novero degli insegnanti preposti all’educazione del principe ereditario. Al 1856 risale la pubblicazione di un testo che procurò al de la Grange una solida fama di esperto nell’arte della guerra, e che venne usato a fini didattici: La tattica dell’infanteria e della cavalleria secondo i principi de’ più recenti autori militari per uso degli uffiziali di tutte le arme.
In effetti il curriculum militare dell’aristocratico tedesco si presentava già più che consistente all’atto della sua presa di servizio presso la corte borbonica. A soli quindici anni, nel 1812, de la Grange era entrato volontario nell’esercito prussiano. L’anno successivo aveva preso parte alla battaglia di Lützen, dove i francesi di Napoleone costrinsero alla ritirata la coalizione russo-prussiana. Pochi giorni dopo fu ferito a Bautzen, in occasione dell’ennesimo scontro con le truppe dell’imperatore. Sempre nel 1813, in ottobre, de la Grange venne nuovamente ferito a Lipsia, dove invece Napoleone fu sconfitto. Il 21 dicembre successivo, passato il Reno, il futuro colonnello entrò in Francia insieme con più di centomila commilitoni, partecipando a diverse azioni belliche. Infine, nel 1815, si trovò a combattere nel cuore della battaglia di Waterloo, sulla collina di Belle-Alliance.
Dopo la campagna di Francia, il valoroso ufficiale soggiornò a Roma, in qualità di segretario del duca di Anhalt-Köthen, divenendo in seguito agente diplomatico, per conto di quest’ultimo, presso la Santa Sede. Alla morte del duca, de la Grange si arruolò nell’esercito pontificio, giungendo sino al grado di colonnello e terminando il servizio attivo nel 1851. Si trasferì quindi a Napoli dove, come abbiamo visto, entrò alle dipendenze di Ferdinando II prima, e infine dell’ultimo re delle Due Sicilie Francesco II.
L’ormai anziano soldato prussiano finì così per trovarsi ancora una volta, suo malgrado, al centro delle turbolente vicende politico-militari europee. All’ultimo periodo della sua vita è dedicata una recente monografia di Fernando Riccardi, pubblicata da D’Amico Editore di Nocera Superiore nell’ambito della collana alèteia: Klitsche de la Grange. Un colonnello prussiano contro la rivoluzione italiana. Il saggio di Riccardi è arricchito da un contributo di Sandro Carnevali, che ricostruisce sulla base della documentazione disponibile la biografia del colonnello, e – in appendice – dalla ristampa anastatica di un opuscolo dello stesso de la Grange, edito nel 1861: Ragguaglio documentato sulla spedizione militare negli Abruzzi nell’ottobre del 1860.
Riccardi fa opportunamente precedere la puntuale narrazione dei fatti di cui de la Grange fu protagonista al momento della caduta del Regno meridionale da cenni sulle antecedenti vicende biografiche del nobile prussiano, senza perdere di vista il quadro generale della storia dell’Europa contemporanea, in cui quelle vicende rivelano il loro autentico significato. Emerge, così, il carattere più vero dell’autore del Ragguaglio, che fu essenzialmente un uomo d’azione, sincero paladino della legittimità e profondamente devoto alla dinastia borbonica, fino a sentire intimamente come proprio il dramma della fine della “nazione napoletana” e della perdita della sua indipendenza.
All’indomani dell’ingresso di Garibaldi a Napoli, avvenuto il 7 settembre del 1860, de la Grange si mette subito all’opera, presentando a Francesco II un piano per la formazione di una nuova brigata leggera e impegnandosi nella sua realizzazione. Riesce con grande difficoltà, a dispetto della mancanza di vestiario e di armamento, a radunare un battaglione di antiche Guardie di Polizia di Sicilia, “gente indisciplinata e non atta a fare il soldato”, e tre battaglioni composti da reclute. Con questa milizia raccogliticcia, peraltro guidata da ufficiali “tutti risortiti dalla seconda Classe, e da’ Veterani, e quindi più non atti al servizio di Campagna”, il colonnello marcia contro le truppe garibaldine.
Confidando nell’effetto sorpresa, il primo ottobre occupa Arpino senza sparare un colpo. Giunge quindi a Sora; poi, per mezzo di un ardito assalto alla baionetta, sconfigge un nemico tre volte superiore di numero presso Civitella Roveto. Mentre le truppe piemontesi sconfinano nel Regno superando il Tronto, de la Grange prosegue imperterrito alla volta degli Abruzzi. Il 20 ottobre ristabilisce il governo di Francesco II ad Avezzano. Mentre però progetta di marciare su L’Aquila, viene raggiunto da un dispaccio a firma del capitano dello Stato maggiore borbonico, Francesco Carrelli, che gli ingiunge di ritirarsi per le vie della montagna del distretto di Sora. Lasciata la Marsica il 29 ottobre, il colonnello prussiano arriva ad Arce il giorno seguente. Il 31 ottobre fa partire il secondo, il terzo e il quarto Battaglione per Isoletta, mentre egli stesso, alla testa del primo Battaglione e di altri reparti, muove alla volta di San Germano (l’odierna Cassino) meditando di attaccare una colonna piemontese proveniente da Mignano. Ma un ennesimo dispaccio lo costringe a difendersi da un’offensiva avversaria annunciata dal lato di Sora e da quello di Pontecorvo. Immediatamente dopo, tuttavia, si rivela inutile sorvegliare il passaggio del fiume Liri; de la Grange, dunque, raccoglie l’intera sua brigata ad Arce, nella convinzione di potersi ricongiungere all’armata regia e, con essa, muovere di nuovo verso gli Abruzzi. L’Armata, invece, “guidata dal tradimento e dall’imbecillità”, aveva sconfinato nello Stato Pontificio, sopra Terracina. Il colonnello compie allora un ultimo disperato tentativo, radunando tutti i suoi ufficiali per chiedere loro chi sia disposto a seguirlo spontaneamente negli Abruzzi. Al suo appello rispondono solo gli ufficiali del primo battaglione i quali, per giunta, esprimono chiaramente a de la Grange la loro sfiducia nei sottufficiali e nei soldati sottoposti. Resosi conto dell’esiguità delle forze a sua disposizione, nonché della scarsità di munizioni e di vestiario, al coraggioso prussiano non resta altro che condurre anch’egli quel che rimane delle sue truppe nello Stato Pontificio, ove giunge il 6 novembre 1860. Nel gennaio dell’anno seguente viene organizzata un’altra spedizione borbonica negli Abruzzi, che però non vede protagonista il colonnello: il comando delle operazioni, infatti, è affidato al capitano Francesco Saverio Luverà. De la Grange, tuttavia, continua ad animare la resistenza legittimista, viaggiando a Malta, Corfù, Trieste, Marsiglia e Lucerna.
Il processo intentato dallo Stato italiano per i disordini della Marsica avvenuti nel 1860 viene celebrato presso la Corte d’Assise dell’Aquila nel luglio del 1869. Ma Klitsche non può presenziarvi, essendo deceduto nell’agosto del 1868 a Roma, all’età di 71 anni. Sulla tomba del colonnello, nel cimitero del Verano, si può leggere il motto della sua famiglia, che egli stesso ricorda nel Ragguaglio: Bonne conscience et bonne rénommée (“Buona coscienza e buon nome”).
(Pubblicato il 7 ottobre 2017 – © «Corriere della Sera» – La nostra storia)