šššØš«š¢š šš¢ š®š§š ššš¬š šš¢š¬ššššš
Ho visto una casa finire in brandelli, e non per un terremoto, un incendio, una fuga di gas. Una famiglia stagionata, di componenti adulti, con delibera unanime, ha deciso di sciogliersi, dopo definitive separazioni e sopraggiunti limiti dāetĆ .
Continua a leggereā¤µļø
Storia di una casa disfatta
di Marcello Veneziani
20 Dicembre 2018
Ho visto una casa finire in brandelli, e non per un terremoto, un incendio, una fuga di gas. Una famiglia stagionata, di componenti adulti, con delibera unanime, ha deciso di sciogliersi, dopo definitive separazioni e sopraggiunti limiti dāetĆ . E ha deciso di smantellare la casa disabitata. Una come tante, niente di straordinario; le famiglie sono insiemi fluttuanti, ormai, si compongono, si scompongono, si decompongono. Il tempo divora le famiglie, come Chronos divorava i suoi figli. Una volta la casa era il punto fermo della vita, lāasse che non vacilla di una famiglia. Ora la vita ĆØ un punto mobile, quasi sfuggente, e la casa ĆØ diventata un bene mobile piĆ¹ che immobile, a volte anche un male mobile, grumo sofferto di menzogne e rancori, dove si radunano le infelicitĆ e le frustrazioni e prendono corpo; si cambia e si trasloca tante volte nella vita, oggi assai piĆ¹ di ieri. E la famiglia ĆØ unione fragile e provvisoria, magari di lunga provvisorietĆ e di indistruttibile fragilitĆ .
Questo ĆØ il racconto di un autosfratto, lāevacuazione concorde dalla tana famigliare. La famiglia si scioglie e ognuno prende la sua strada. I ragazzi son grandi e i grandi tornano single. Chiude la casa dove un tempo viveva una famiglia. Aveva perso i pezzi lungo la strada. AndĆ² via il padre, poi la madre, poi il figlio, infine la figlia, dopo un anno di solitudine nel vuoto domestico. E dopo di loro, in una lenta cerimonia dāaddio travestita da transito merci, vanno via tutti i mobili e gli oggetti di casa, uno dopo lāaltro, in una processione di arredi, ricordi e smontaggi. Il letto matrimoniale si perse per primo, eppure era la nostra zattera, dove stavamo per ore coi bambini. Poi andarono i libri divisi tra case, il tavolo e le sedie dal rigattiere, insieme al soggiorno, i comodini e il lume che calava il cappello di luce sopra il divano. Le cose del padre seguono il padre, la credenza va dalla madre, insieme ai servizi di piatti e bicchieri e il comĆ² di sua nonna; i quadri spartiti, i vestiti alla Caritas, scartoffie agli appositi cassonetti, le stanze dei ragazzi naufragate nellāincuria degli abbandoni. Perduta lāunitĆ della casa, schizzano le sue porzioni.
Ogni pezzo salvato andĆ² a far compagnia alla solitudine di ciascuno; il resto lo portĆ² via il fiume del tempo. E un fiume in piena sembrava davvero la roba che usciva di casa: come unāalluvione affioravano nel gorgo tranci di passato, lacerti di vita, poltrone, cuscini, lampadari e vassoi, tazze di latte, provviste scadute. Il catalogo di quasi un trentennio, lāinventario di una casa disfatta. Abiti, abitudini, abitare, tutto vortica nella centrifuga del tempo. Finisce la casa, subentra la foresteria, piccoli profitti occultano perdite gravi. Lāhai vista andar via pezzo su pezzo, la casa, come a unāasta fallimentare del destino, quasi per divertirvi. Voi battevate i pezzi allāincanto e loro si spartivano il bottino, saccheggiando il vostro passato. Vanno via come felini con la preda penzolante dai denti o come formiche operose che si caricano tra il dorso e le zampe la mollica piĆ¹ grande di loro. Per terra, sui muri, perfino sui vetri restano le tracce del passato, aloni del tempo e chiazze di vita trascorsa. Fate piano con la poltrona, voi non vedete ma sono ancora seduti i ricordi, sono fragili come vetri, le schegge ferisconoā¦
La fine ricorda lāinizio, la casa vuota da cui cominciĆ². Ora ti scorre davanti, come in un trailer a ritroso, il riassunto di una vita vissuta, tramite icone, feticci, reperti di vite scadute, strati geologici di etĆ precedenti. Esonda il passato sprigionato dai pezzi divelti: pianti notturni, scene dāamore e di gelosia, compiti a casa, pagine scritte coi bambini in braccio, porte sfasciate, pranzi sereni, giochi puerili di bambina con la testa ficcata dentro il divano, le preghiere serali nellāaltra stanza, fraseggi nostrani, maschere di carnevale, vestiti di comunione, album di pianeti temporali perduti. Si sbaraccano brani di vita, il futuro ĆØ impaziente e batte nervosamente le dita. Non resta che resettare.
Ricordi la gioia del trasloco da bambino. Mezzo secolo fa, la casa da vuotare, il piacere di una casa da riempire, lāattesa eccitante del nuovo. Allora lasciavate solo i muri alle spalle, non le persone. La sera si mangiĆ² pesce fritto, era di buon augurio. Si va tutti insieme a star meglio, nella casa piĆ¹ grande, col termosifone, un balcone infinito, la loggetta. Niente piĆ¹ stufa, borsa calda a letto, sei persone in tre stanze e un bagno solo. Lāeuforia di un trasloco dallāarcaico al moderno. Nel presente trasloco non manca il piacere della catarsi, il gusto di liberarsi dāannosi fardelli e rendere leggero, essenziale il proprio bagaglio; il piacere di aggiudicarsi filetti del comune passato, sbucciati dallāatmosfera di casa. Via la zavorra. Non manca pure la dissennata euforia del vuoto, la gioia di resettare, sgombrare la vita dāintralci e rottami. Tabula rasa per farsi volatili. Ma alle spalle del cupio dissolvi risale lāhorror vacui. Si decostruisce una casa, il contrario di un atto di fondazione. Smembrare una casa, cioĆØ dividere i membri. Smembrare una casa, il contrario di rimembrare. Era rimasta la casa a raccontare della tua famiglia e a provarne la trascorsa esistenza. Anche le case hanno una loro personalitĆ , ciascuna ha un suo odore, un carattere proprio; recano le impronte digitali di una vita, sāimpregnano di gioie e dolori vissuti tra le loro pareti. Hanno un dna inconfondibile, le case.
Questa ĆØ la piccola storia domestica di una famiglia disciolta nellāacido corrosivo del tempo, che decise di cancellare i ricordi nefasti e riconvertire i resti salvabili in monodosi. La famiglia si scioglie, come lāorzo solubile che era nella credenza; lascia detriti al passaggio e macerie dentro di sĆ©, cicatrici remote che non sanguinano piĆ¹. Ciascuno va incontro alla sua vita, al suo futuro, alla sua vecchiaia. I componenti si guardano come naufraghi, sopravvissuti al disfarsi del loro mondo comune, e prendono strade diverse. Non si tratta di addii, non ci sono dissidi; ci si vedrĆ come sempre, si starĆ insieme talvolta. Ma il luogo comune si spezza, non cāĆØ piĆ¹ la ānostraā tana. Un tempo la casa si smantellava con la morte dei cari; oggi, che fortuna, si muore da vivi.
MV, Anima e corpo (Mondadori, 2014)