Siamo donne arabe
È tutta questione di… fallimento.
Grande delusione per chi già pregustava i mondiali 2022 con l’unico scopo di stare incollato alla tv, durante la trasmissione delle partite al solo fine di cogliere, tra un fallo di mano e un goal, l’inquadratura di qualche tifosa vestita in modo un po’ provocante.( La Fifa chiederà alle emittenti televisive di non soffermarsi a riprendere tifose sexynFrancesca Bernasconi – Gio, 12/07/2018)
Povero piccolo nostro mondo, di miserrime cosucce!
Come se la FIFA non sapesse che non c’è alcun bisogno di attendere quattro anni per vedere qualche lembo di pelle scoperta. Come se la gente avesse l’anello al naso e non si accorgesse che si tratta di un “mettere le mani avanti”, per compiacere i costumi e la politica dei Paesi Arabi, in cui i mondiali si giocheranno ed in cui la donna può presentarsi in pubblico solo col velo.
L’esternazione della FIFA non è solo da sepolcro imbiancato, cosa che, già di per sé, basterebbe per una scrollata di spalle o un sorriso amaro. No, non basta. In Occidente, non sarebbe politicamente corretto sostenere questa scelta televisiva con il rispetto delle regole islamiche (cosa che farebbe infuriare, trasversalmente, ben più di un movimento). E poiché la TV sportiva non si può sottrarre alla ragione di Stato, qualcuno ha pensato bene di fondare questa presa di posizione su una motivazione che ha una fortissima presa etica: il sessismo.
Ebbene sì. Dato che non si può apertamente censurare le nostre donne occidentali che si recheranno in quei Paesi per assistere ai mondiali vestite in modo sexy e, men che meno, si può affermare che il proibire l’inquadratura della loro pelle scoperta è soltanto un gentile “cadeau” agli Stati ospitanti, allora ci inventiamo che riprendere televisivamente una donna poco vestita (per i canoni arabi non certo per quelli occidentali) fomenti il sessismo.
Ma, dico, ci rendiamo conto che i termini di un linguaggio, di una lingua, hanno un peso specifico e che le parole, unite una all’altra, formano concetti che, poi, vengono spesi? E non solo per i prossimi mondiali di calcio?
Sessista è la pratica di quanti, per ragioni puramente sessuali, compiono atti discriminatori verso altre persone ledendone la dignità o la fisicità. Una donna che, volontariamente e spontaneamente, si presenta in pubblico vestita solo di un top e un paio di pantaloncini, compie atti sessisti verso di sé? Assolutamente no. Molto semplicemente, quella donna compie la scelta di vestirsi come si sente di farlo e come le piace.
Confondere la scelta di un outfit con l’odiosa pratica del sessismo, sovrapporre questi due concetti con un metodo dialettico-comunicativo basato su sentimenti etici riprovevoli e farlo con l’evidente scopo di compiacere le politiche altrui, è intellettualmente non onesto e, anzi, molto pericoloso. Lo è perché confonde concetti antropologici ed esistenziali che non hanno alcun tratto in comune. Perché soffia all’orecchio dell’uomo della strada che se una donna non è abbastanza avveduta da coprirsi da sola, così da non farsi considerare come semplice oggetto sessuale, lo sia, almeno, la televisione. Perché corrobora nella donna l’idea che non può scegliere, come fa un uomo, di vestirsi un po’ meno, ossia come vuole perché si rende bersaglio di insulti e atti sessualmente discriminatori ed offensivi.
Il sessismo contro la donna è una piaga serissima. In qualsiasi parte del mondo e porta ad atti criminali verso le donne stesse. Non lo si può tirare in ballo per futili motivi, con l’evidente scopo di compiacere capi religiosi e di Stato.
Mi sto, forse, sbagliando? Siamo davvero sicuri?. La FIFA è in assoluta e completa buona fede nel temere che la messa in onda di tifose vestite in modo sexy possa qualificarsi come comportamento sessista?
Allora, che vengano inibite anche le inquadrature di maschi troppo maschi (pantaloncini cortissimi, canottiera da cui escano corpi sensualmente attraenti), oppure di maschi temporanei, bisessuali, per intenderci.
Anche questo è sessismo e discriminazione. Qualcosa da obiettare? No, perché se qualcuno ha qualcosa da ridire, spiegatemi dove è finita la funzione pedagogica dello sport.
Invece di insegnare al mondo che le persone (a prescindere che siano uomini, donne, gay, lesbiche, transgender, e dall’età) possono coltivare la libertà di vestirsi come vogliono, perché ciò rientra nel diritto di manifestazione di se stessi e che questo diritto non può essere violato da alcun essere umano né con le parole né con le mani, lo sport suggerisce ai nostri giovani di temere la propria libertà, di non esprimerla. Farlo potrebbe significare essere vittime di discriminazione.
Ho l’impressione che dovremmo parlare di prostituzione culturale dell’Occidente ai soliti soldi arabi. Soldi che comprano tutto, non solo il Real Madrid.
Stiamo perdendo sempre di più quel poco di dignità che la Rivoluzione Francese ha favorito e stimolato nelle nostre vite occidentali, e stiamo forse diventando tutti noi dei pochi di buono.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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