Sesso da suore

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Tutta questione di… coerenza.

Il florilegio giudiziario europeo di queste ultime settimane ci ha regalato un’altra perla.
I giudici spagnoli hanno diramato al mondo femminile un vademecum composto da una sola regola. Da rispettare nel caso in cui una femmina umana si ritrovi nel bel mezzo di un rapporto sessuale: se questo rapporto non è consenziente, donna, tieni aperti gli occhi ed urla più forte che puoi.
Una regola aurea da ricordare sempre. Ricorda, cara femmina: se chiudi gli occhi e rimani muta mentre un maschio para-umano, o due, o un intero branco ti possiede nell’androne di un palazzo, ed altri eventualmente ti filmano e poi ti lascia a terra nuda e in lacrime, vuol dire che il rapporto era consenziente!
Vorrai mica insinuare di aver chiuso gli occhi per lo schifo e non aver urlato perché l’orrore ti paralizzava? Non lo fare, perché nessuno crederà che mancava il tuo consenso e se tenti di denunciare, ricorda che il tuo comportamento aiuta un giudice a sostenere che il branco non ha commesso violenza sessuale, ma solo un abuso punibile con pochi mesi di carcere.
Le cose stanno così. Ci fa ribrezzo che stiano così. O meglio, senso, ribrezzo e schifo. Letteralmente.
Prima lo scandalo di una sentenza che decreta la messa a morte di una piccola vita a causa della sua asserita inutilità (mi riferisco al piccolo Alfie), ora l’indecenza di una sentenza che derubrica uno stupro di gruppo in semplice abuso, perché la vittima teneva gli occhi chiusi mentre cinque uomini violavano il suo corpo. Paralizzavano la sua mente, con conseguenze psicologiche inimmaginabili, inaudite.
L’immorale tracotanza di questa decisione secolare è così profonda che persino l’universo femminile più dimenticato ha ritenuto di schierarsi: le suore di clausura.
Con pochissime righe, asciutte ed essenziali, le carmelitane scalze di Hondarribia hanno affermato che quella di vivere o non vivere una dimensione sessuale è una libera scelta e, in quanto tale, occorre difendere il diritto che di chi decide di avere una sua vita sessuale “senza per questo essere giudicata, violentata, intimidita, assassinata o umiliata”. Da un convento di clausura – ultimo posto al mondo a cui avremmo pensato – giunge, sussurato, il boato contro l’inviolabilità della sessualità femminile. Potremmo dire che la voce forte che grida nel deserto è tipica del cristianesimo, quando vissuto in aderenza alle proprie origini.
Più laicamente, dobbiamo sentirci più forti e radicati nella verità e nel giusto, proprio perché sostenuti, nel denunciare un’aberrazione legale, dalla determinazione di donne capaci di comprendere nel loro amore per l’umano, anche ciò che sta agli antipodi delle loro scelte.
Un grande, grande insegnamento. Speriamo sappiano imparare anche i giudici. Certo, ho qualche dubbio.

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).
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