𝐑𝐚𝐩𝐩𝐨𝐫𝐭𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐢𝐞𝐭𝐨𝐬𝐨 𝐬𝐮𝐥𝐥’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚
Agli occhi degli italiani l’Italia appare divisa in tre etnie rognose: al nord gli evasori, al sud i malfattori, al centro i profittatori.
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Rapporto impietoso sull’Italia
Agli occhi degli italiani l’Italia appare divisa in tre etnie rognose: al nord gli evasori, al sud i malfattori, al centro i profittatori. Per mezza Italia, la colpa del nostro buco pauroso è degli evasori, vil razza padana; per l’altra metà la colpa è degli evasi dal lavoro e dai malviventi, vil razza terrona. Ma per tutti è colpa dei profittatori, vil razza statale o a carico dello stato. I gemelli fondatori della nostra Repubblica, i Romolo e Remo d’oggi, sono Frodo e Frego: uno deruba il fisco e agisce nel privato, l’altro deruba lo stipendio o il reddito di cittadinanza e prospera nel pubblico. C’è chi dice che la colpa principale è di Frodo, e chi dice che la colpa principale è di Frego. Proporrei una soluzione salomonica, con l’aggiunta del terzo di cui sopra, Lucro, il Profittatore privato di Stato.
A tutti vorrei però ricordare tre amare verità. Uno. A evadere non sono poche migliaia di ricconi e sfruttatori del nord, ma quasi mezza Italia, se considerate che venti milioni di italiani dichiarano al fisco di vivere con le loro famiglie con 15mila euro all’anno e la metà di loro mente, basta notare come vivono. È ridicolo pensare con il pienone di viaggi, doppie case, navi, ristoranti e hotel, che i benestanti in Italia siano solo uno su mille. L’evasione è un fenomeno popolare, trasversale, nazionale e non settentrionale. Non è un’assoluzione, intendiamoci, ma una chiamata in corresponsabilità. Scovate, accertate, punite, ma risparmiateci il moralismo.
Due, i malfattori. Quelli veri e seri, vale a dire la criminalità organizzata, sono una piccola minoranza e pur avendo una netta provenienza meridionale, ormai hanno portata nazionale e planetaria. Però il peggio del nostro Paese non è la malavita, ma due fenomeni connessi. Uno, evidente, è la complicità diffusa, un misto di connivenza, paura e rassegnazione, di alcune aree soprattutto ma non solo del sud con la criminalità organizzata; e i loro profitti e derivati tossici. Sarebbe facile indicare alcuni quartieri di Napoli, alcune chiazze campane e siciliane, tanta Calabria, un po’ di Roma e basso Lazio; ma focolai di malvivenza sono ormai anche nel profondo nord, perfino fuori d’Italia. L’altra è più sorprendente: la mafia e la camorra sono due modelli di organizzazione sociale imitati in ambiti impensabili: partiti, correnti, premi letterari, collettivi di artisti e di intellettuali, cineasti, logge, lobbies di imprenditori sex, persino cricche di magistrati e clan di giornalisti. Sono organizzati a immagine e somiglianza delle cosche. Sono la versione incruenta della criminalità organizzata e la versione irrituale delle logge massoniche, non uccidono e non spacciano droga ma hanno forme di ammissione e di sottomissione, logiche di esclusione e di branco, usano criteri di affiliazione e di cancellazione di stampo mafioso, spacciano veleni e propagano bugie orchestrate. Insomma la malavita non nuoce anche per gli effetti riflessi, per contagio e imitazione. A livello popolare e d’élite. È diventata una forma mentis e una forma organizzativa esportata in contesti non criminali, ma di potere e d’influenza, ideologici e affaristici.
Infine, i profittatori del settore pubblico. Chi sono, dove si annidano? Roma è naturalmente la loro capitale, ma anche le sedi regionali non scherzano. Ci sono i profittatori veri e propri, che hanno il potere come mezzo e la corruzione, lo sbafo, l’interesse privato in atti di ufficio come fine. Poi ci sono quelli che hanno il potere come fine e la corruzione come mezzo, ricreazione, delirio d’onnipotenza e vantaggio secondario. Infine ci sono quelli, non sempre di infima classe, che godono di piccoli benefici, favori indiretti o piccole creste, e rientrano nel malcostume più che nel malaffare. Bisogna distinguere i gradi di responsabilità e anche i livelli di pubblica utilità. Un rimedio utile sarebbe dimezzare il ceto dominante. Non dei parlamentari che sono la rappresentanza del popolo, ma il numero dei detentori di potere è da dimezzare. I consigli d’amministrazione pletorici, le autorità di garanzia superpagate e parassitarie, i ceti burocratici e funzionari estesi, le infinite reti di mediatori e “doganieri” dei passaggi intermedi.
Bisognerebbe almeno dimezzare il numero dei componenti, accorparle se non azzerare. Primo, perché si dimezzano i costi e gli abusi; secondo, perché si gettano le basi per una selezione e una maggiore responsabilizzazione; terzo, perché diminuendo il numero, aumenta la possibilità di controllarli. E poi essendo di meno, lavorerebbero di più. I profittatori sono sì un numero consistente, ma i potenziali profittatori sono la maggioranza del paese: in tanti al loro posto farebbero le stesse cose, e in tanti appena possono ci provano. Rapinare è sport di pochi ardimentosi, rubare allo Stato è sport di tanti, ma godere di favori e in genere approfittare, è sport di massa. Diciamolo, non per depenalizzare i reati ma per capire il contesto.
Torno al ritratto italiano e al paese della dolce vita & malavita. In questo paese viziato prima che vizioso, è davvero difficile lanciare l’etica del sacrificio. Per anni ci hanno istigato a consumare di più, a godere di più, a tutelare i nostri diritti e a realizzare i nostri desideri. Ora vorrebbero imporci il sacrificio dell’aria condizionata o i rincari per solidarietà con l’Ucraina. Ma l’Italia non è più abituata alle rinunce, crede che sia solo un rito espiatorio.
Chi deve pagare la crisi? Ognuno ha il suo delinquente preferito: oltre gli Evasori, i Fannulloni, i Superpagati, c’è la Casta, la Cricca, i Furbi, i Padrini, i Padroni. O per usare categorie professionali: i politici, i magistrati, i supermanager, i magnati, e via dicendo. Si spera nel capro espiatorio che paghi per tutti, come il caffè sospeso al bar.
Nel ’46 i monarchici cantavano: il 2 giugno è nata una puttana e fu chiamata repubblica italiana. Non sarà vero ma l’Italia è l’unica repubblica al mondo dove figlio di puttana è anche un complimento.
(Il Borghese, luglio 2022)