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Quando il virus si chiamava spread
Dieci anni fa, di questi tempi, lāItalia contrasse un virus letale e una tremenda pandemia che portĆ² alla morte il governo in carica eletto liberamente e democraticamente dal popolo sovrano. Era un virus sconosciuto e velocissimo nella sua propagazione, mai sentito prima dāallora e mai piĆ¹ sentito dopo di allora, che stava portando il Paese in un baratro da cui non si sarebbe piĆ¹ ripreso, fuori dallāEuropa o sotto i suoi stivali. Quel virus si chiamava spread, precursore del covid, e ogni giorno ci spiegavano che era il differenziale di rendimento dei Btp, i Buoni del tesoro, con i bund tedeschi.
Lo spread misurava la febbre debitoria del nostro paese e urgeva di terapia dāurto, ma di quelle drastiche e tempestive. Non cāera bisogno di costringere la popolazione agli arresti domiciliari e poi al vaccino e al green pass, come ĆØ stato col covid: quel virus si poteva debellare stroncando il suo veicolo, ossia il governo in carica. Come il pesce puzza dalla testa, cosƬ lo spread puzzava dal capo del governo.
Strana era la genesi di questo virus, sfuggito dal laboratorio dāArcore dove operava il Gran Visir del tempo, Silvio Berlusconi e la sua corte lussuriosa. Pur avendo una natura economico-finanziaria che attaccava le banche, il debito sovrano e i bilanci dello Stato, il virus era stato contratto dal Presidente del Consiglio dellāepoca come una malattia venerea, contagiosa, curiosamente definita bunga-bunga. Si stabilƬ infatti un nesso magico e inspiegabile tra il virus finanziario e i comportamenti sessuali dissoluti del suddetto, noto al tempo per via del gineceo e della sua corte sfarzosa come Il Sultano, secondo la definizione che ne diede lāillustre politologo Giovanni Sartori. Il Sultano-Visir aveva aperto le porte della sua Alhambra a Zoccolandia, un variegato universo di odalische allegre e procaci, anche marocchine, specializzate nella danza del ventre e secondo gli inquirenti, del basso ventre; alcune furono considerate appartenenti a un ordine di suore laiche, molto laiche, dette olgettine, con la elle, anche se molti traducevano con orgettine. Per la prima volta gli italiani appresero che le escort non erano autovetture ma donne di piacere con rimborso a piĆØ di lista. Berlusconi veniva salutato dal mondo intero come Priapo, re di Troia, e i magistrati, i giornaloni e i giornaletti, i poteri forti, fortissimi ma anche deboli, ne chiedevano lāincriminazione e la messa al bando. Lo spread incalzava, non cāera piĆ¹ tempo di restare in vigile attesa ricoverati nel lettone di Putin, con gaudenti infermiere soccorritrici, fino a che passava il virus.
Fu cosƬ che dopo mesi di terapie mediatico-giudiziarie intensive, e dopo un periodo lungo di lockdown per il governo in carica, con episodi clamorosi di pentitismo tra cui quello del convertito Fini, che ripudiĆ² la sua appartenenza allāalleanza sultanesca, il Gran Visir abdicĆ², gettĆ² la spugna, lasciĆ² la guida del paese col suo governo dimissionario. Fu proprio nel novembre del 2011, giusto dieci anni fa.
Il presidente dellāepoca, Giorgio Napolitano, che aveva molto operato per frenare il combinato disposto di spread e malattie veneree, con lāappoggio del Parlamento e dellāEuropa, varĆ² un governo di salute pubblica, che ebbe lāappoggio curioso dello stesso premier uscente, del suo partito e dei suoi alleati pentiti. Il presidente Napolitano annunciĆ² lāarrivo di un vaccino portentoso, approvato dalle cancellerie europee e dai maggiori virologi della finanza. A somministrarlo fu chiamato lāesorcista antispread Mario Monti, che accettĆ² a patto che fosse prima immunizzato da ogni rischio, ottenendo come polizza il Senato a vita. Con lui arrivĆ² una corte di terapeuti prodigiosi, tra cui la fattucchiera Elsa Fornero. Nel giro di poco tempo calĆ² lo spread, e dopo pochi mesi quel virus, di cui nessuno, almeno tra la gente, aveva mai sentito parlare, scomparve, si volatilizzĆ². Chi parlĆ² piĆ¹ di quel virus, chi lo nominĆ² o lo paventĆ² nei tempi che seguirono?
Molti furono i medici che poi si avvicendarono dopo il taumaturgo Monti per salvare lāItalia; ci fu il serenissimo Letta, poi il fenomenale Renzi, poi il conte Gentiloni, poi il sarchiapone Conte uno e due, infine Draghi felicemente regnante, domatore di virus finanziari e sanitari. Ma lo spread diventĆ² una favola dei fratelli Grimm. E pensare che oggi in Cassazione si parla ancora delle ācene elegantiā di Berlusconi ma dello spread nessuno sa piĆ¹ nulla. Del resto, prima che arrivasse lo spread, lāItalia passĆ² incurante dalla crisi mondiale innescata dalla crisi americana del 2008 perchĆ© la nostra prioritĆ assoluta, in quel tempo, era stabilire se Berlusconi usasse o meno una salvifica pompetta per le sue relazioni galanti, se abusasse o no di minorenni, se avesse offerto doni o solo cene alle sue avvenenti ospiti. Della crisi finanziaria chi se ne curava?
Rafforzava quellāimmagine di Orco dallāinfrenabile orchite, anche la torva diceria dei suoi malaffari, che erano nella media della grande imprenditoria italiana; simili dicerie toccavano gli Agnelli, i de Benedetti, i Benetton ma solo quelle berlusconiane erano considerate scorribande criminali, anzi mafiose.
I suoi governi non furono la svolta e la salvezza dellāItalia ma nemmeno la dittatura e la catastrofe, come furono invece presentati. Ć perĆ² curioso notare che lāultimo governo uscito davvero dalla urne fu bruciato in quella miscela infame e in quel trappolone chiamato spread. Fu lāultimo governo di centro-destra. Una lezione per il futuro. Salvini, Meloni e il recidivo Berlusconi sono avvisati.
MV, Panorama (n.46)