Quali domande?
È tutta questione di… progettualità.
Come si forma nella nostra mente l’idea di un’identità duale, ossia la consapevolezza che la nostra vita sia sostanzialmente dipendente da un rapporto a due?
Lo abbiamo ampiamente visto all’interno della teoria dell’attaccamento, e possiamo sintetizzare ulteriormente affermando che la dimensione duale della propria identità si attua con la richiesta del bambino di partecipare attivamente alla vita familiare.
Il bambino desidera elaborare assieme agli adulti di riferimento, tanto in casa quanto a scuola, le risposte alle domande che egli stesso pone. Egli desidera lavorare sull’esigenza di ricevere le risposte che la sua mente, ancora in evoluzione, non riesce a trovare da sola.
Quando un bambino chiede a cosa serve un cacciavite con il quale il papà sta lavorando, e il papà risponde facendogli avvitare la vite che ripristina la mensola, siamo in presenza di una risposta attiva e compartecipata alla domanda iniziale. Siamo in presenza di quel fare con il quale il bambino sta imparando che nella sua vita futura le cose possono essere cambiate, persino aggiustate, se saprà intervenire facendo delle cose, realizzando azioni concrete, per modificare la realtà.
Se questo è vero, dobbiamo chiederci se esistono domande alle quali rispondere da soli. Perché, qualora esistesse questa eventualità fortunata, saremmo autonomi nel senso letterale del termine.
Inoltre, sarebbe altrettanto importante chiederci se, nella nostra vita e durante la nostra crescita, possa esistere un momento in cui non abbiamo più domande da porre.
Ecco perché penso sia assai utile, per tutti noi, chiederci se, nel nostro domandare qualsiasi cosa ad altri, non si desideri in realtà trovare nell’interlocutore, molto simile a me, le risposte che io stesso non sono in grado di darmi. Nel mio domandare e nel mio ricevere risposte, sono davvero così diverso rispetto agli altri individui, specialmente nei confronti di coloro che non conosco direttamente?
Non lo so, ossia sono propenso a non crederlo.
Forse, siamo qui, tutti e in questo blog, per porre apertamente le nostre domande, presuntuosamente convinti (in nome di questa nostra egoistica identità) che siano anche quelle che si pongono coloro che ci leggono.
E in fondo, non sono domande singolari, troppo specifiche oppure uniche, perché tutti noi apparteniamo allo stesso genere e siamo sì inseriti in microcosmi diversi, ma facciamo tutti parte di un unico grande macrocosmo, con differenze individuali trascurabili rispetto alle domande stesse.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).