Qualcuno ci marcia

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Come sa dā€™antico oggi la Marcia su Roma del 28 ottobre del 1922. Eppure ne parlano come se fosse il fatto del giorno, si confondono meloni e mussolini. Dedicheremo una riflessione su La VeritĆ  il giorno della Marcia. Per ora vorrei sottolineare il paragone improponibile con quellā€™evento irripetibile. In quel tempo cā€™era lo slancio vitale di una societĆ  giovane e audace, cā€™era una generazione temprata dal fronte e affamata di futuro e cā€™era lā€™orrore di una guerra che aveva ā€œrottamatoā€ milioni di ragazzi, tra vittime, feriti e sbandati. E cā€™era lā€™ombra infausta del biennio rosso, la rivoluzione russa, la minaccia del comunismo. Oggi cā€™ĆØ una societĆ  vecchia e sfiduciata, una democrazia di massa avvizzita nel benessere, nel malessere e nel malaffare, e poi cā€™ĆØ la lezione tragica del ā€˜900 che ci ricorda come sono andate a finire le rivoluzioni rosse e nere. Oggi non ci sono condottieri ma conducenti, non ci sono capi ma code, con infiniti colpi di coda. Non si marcia piĆ¹ su Roma ma si marcia da Roma verso altrove, dove risiede il vero potere. La sovranitĆ  ĆØ tecno-finanziaria, il potere militare quando non ĆØ in guerra si ĆØ trasferito alla magistratura, lā€™ideologia cede alla tecnologia, la devozione ĆØ passata dalla religione al reality, la storia si ferma al presente. Non si va in trincea ma on line. Marcia non evoca oggi lā€™incedere spavaldo della storia ma il marciume, il traffico e la monnezza.
Il paese si divide in putrefatti e putrefaziosi. Chi grida oggi ā€œviva il duceā€ fa dello spirito o dello spiritismo, chi grida ā€œa morte il fascismoā€ stupra un cadavere e oltraggia la storia. Ambedue non fanno storia ma fiction e carnevale. Lā€™unica cosa che torna del passato ĆØ lā€™ora solare, da domenica prossima. Le lancette vanno rimesse indietro di unā€™ora, non di un secolo. Lā€™autunno avanza e si porta via con lā€™ora legale tutti i fumi e le sceneggiate sul fascismo. Eja eja trallalĆ .