Punti di vista
È tutta questione di… confronto.
Proviamo ad immaginare di essere in barca, magari da soli, con il mare calmo, piatto, come si suole dire. È notte fonda, intorno alle tre del mattino, alla fonda, immersi nei propri pensieri, anche se attenti che l’àncora non ari, e si continui a mantenere la posizione del nostro ormeggio.
È una splendida notte di agosto e le stelle in cielo sono davvero tante. Non sappiamo dove concentrare il nostro sguardo in alto, perché gli stimoli sono tanti, quante infinite sono le stelle della Via Lattea che ci sovrasta. E poi ci sono i rumori del mare, quelli della barca, assieme agli odori che qualche folata di vento trasporta alla nostra attenzione.
Insomma, siamo sommersi da una quantità impressionante di stimoli, e non possiamo fare altro che prestare attenzione ad alcuni di essi, ignorandone altri.
Bene, questa situazione, che possiamo comunque sperimentare anche quando camminiamo la sera in una bella città, oppure in un bosco, con altri paesaggi, è la nostra abituale condizione percettiva di fronte al mondo: infinitamente piccoli di fronte all’infinitamente grande.
Nessuno di noi è nelle condizioni di poter leggere questa infinità di informazioni, perché il nostro singolo sguardo sul mondo non supera e sei o sette caratteri stampa. Il nostro sistema visivo è un filtro che lascia passare alla nostra consapevolezza un limitato numero di informazioni, tralasciandone altre. E questo è un bene, anche se è comunque un limite.
È un bene perché solo in questo modo la nostra mente si trova nelle condizioni di osservare, ricordare e riflettere in relazione alla giusta quantità di input che riceve, senza esserne sovrastata, angosciata. Un numero maggiore di informazioni rischia di procurare nella nostra mente una specie di corto circuito, in nome del quale ci rifiutiamo di concentrarci su qualche cosa di particolare, sommersi da una quantità eccessiva di stimolazioni. Si entrerebbe in confusione, senza sviluppare la capacità di decidere su quale stimolo vale la pena concentrarci.
Ecco perché agiscono in questo modo tutti i nostri sistemi sensoriali, come se fosse indispensabile che il cervello decidesse, inconsciamente, su quale porzione di tempo e di spazio concentrarci.
Non possiamo cum prendere tutto, troppe cose, pena la confusione sensoriale e la conseguente incapacità di agire. La nostra mente, proprio come i diversi sistemi sensoriali, procedono ritagliandosi quella porzione di stimoli che possono essere codificati e decodificati. Si tratta di un metodo cognitivo-esistenziale grazie al quale ogni persona vede la realtà dal proprio punto di vista.
Queste sono le considerazioni che nella giornata di oggi mi sovvengono, e proprio in relazione all’elezione del nostro nuovo Presidente della Repubblica.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).