Palestinesi: gli attacchi ai cristiani vengono ignorati?

Palestinesi: Perché gli attacchi ai cristiani vengono ignorati?

di Khaled Abu Toameh 15 novembre 2022

Pezzo in lingua originale inglese: Palestinians: Why Are Attacks on Christians Being Ignored?
Traduzioni di Angelita La Spada

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https://www.gatestoneinstitute.org/pics/4461.jpg Una serie di episodi di violenza avvenuti a Betlemme e nelle vicine città di Beit Jala e Beit Sahour ha lasciato molto scosso i cristiani, i quali sono preoccupati per la loro sicurezza e per il loro futuro sotto l’Autorità Palestinese. La scorsa settimana, decine di uomini musulmani hanno attaccato la Chiesa greco-ortodossa degli Antenati, a Beit Sahour, lanciando pietre e ferendo diversi cristiani. Nella foto: Beit Sahour. (Fonte dell’immagine: Iseidgeo/Wikimedia Commons)

Una serie di episodi di violenza avvenuti a Betlemme e nelle vicine città di Beit Jala e Beit Sahour ha lasciato molto scossi i cristiani, i quali sono preoccupati per la loro sicurezza e per il loro futuro sotto l’Autorità Palestinese (AP).

Numerosi cristiani che vivono in queste comunità si lamentano del fatto che l’Autorità Palestinese non sta facendo abbastanza per punire coloro che attaccano le chiese e le attività di proprietà dei cristiani. Gli autori sono musulmani che costituiscono la maggioranza della popolazione nella zona di Betlemme.

All’inizio di quest’anno, il pastore evangelico palestinese Johnny Shahwan è stato arrestato dalle forze di sicurezza dell’AP perché accusato di “promuovere la normalizzazione delle relazioni” con Israele.

L’arresto è avvenuto dopo che Shahwan, fondatore e presidente del consiglio del Beit Al-Liqa (Casa dell’Incontro) a Beit Jala, è apparso in una foto insieme al rabbino Yehuda Glick, ex membro del Parlamento israeliano, la Knesset.

Beit Al-Liqa è una comunità cristiana e un centro di formazione. Accusato di aver ospitato il rabbino insieme a un gruppo di turisti tedeschi, il centro è stato chiuso per una settimana dall’Autorità Palestinese.

Dopo che la foto del pastore e del rabbino è apparsa sui social media, uomini armati non identificati hanno sparato colpi di arma da fuoco contro il centro. Nessuno è rimasto ferito e nessun danno è stato segnalato. Secondo alcune fonti, il pastore sarebbe stato tenuto in custodia per più di un mese per proteggerlo dai palestinesi che lo minacciavano di morte.

In un altro episodio avvenuto all’inizio di quest’anno, un numeroso gruppo di uomini musulmani mascherati, armati di bastoni e sbarre di ferro, ha aggredito i fratelli cristiani Daoud e Daher Nassar mentre erano impegnati a lavorare il loro terreno. Bshara Nassar, figlio di Daher, ha commentato:

“Sono particolarmente sconcertato dal fatto che questo [attacco] sia stato compiuto da un gruppo di uomini palestinesi mascherati del vicino villaggio di Nahalin. Questo sicuramente non riflette né determina chi sia il popolo palestinese, e non siamo certi delle loro motivazioni né chi ci sia dietro di loro. Ma è davvero difficile vedere i nostri fratelli palestinesi attaccare la famiglia. La famiglia chiede giustizia e che gli autori dell’attacco siano ritenuti responsabili delle loro azioni”.

All’inizio di ottobre, individui armati hanno sparato contro il Bethlehem Hotel per aver esposto simboli ebraici in una delle sue sale riunioni. Gli uomini armati hanno accusato l’hotel di proprietà cristiana di “promuovere la normalizzazione delle relazioni con Israele” a causa delle sagome di cartone di una stella di David e di una Menorah che sono state collocate nella sala.

Il ministero del Turismo palestinese ha ordinato la chiusura della sala e ha riferito di aver avviato un’indagine sulle affermazioni secondo cui l’hotel si stava preparando a ospitare una celebrazione ebraica.

Il terrorizzato direttore dell’hotel, Elias al-Arja, ha negato che fosse così. Ha detto alla stazione radio palestinese Mawwal che un gruppo di turisti filippini si stava preparando a tenere una conferenza religiosa cristiana nella sala riunioni. “Non permettiamo agli ebrei di venire qui”, ha asserito al-Arja. “Non organizziamo mai feste per le festività ebraiche”.

Fatah, la fazione al potere guidata dal presidente dell’AP Mahmoud Abbas, ha diffuso un comunicato in cui condannava il tentativo di organizzare una “festa sionista” nell’hotel, definendolo una “pugnalata a Betlemme e un tradimento delle tradizioni e dei valori del Terra Santa”.

L’attacco più recente ai cristiani è avvenuto alla fine di ottobre, quando decine di uomini musulmani hanno preso di mira la Chiesa greco-ortodossa degli Antenati, a Beit Sahour. Durante l’attacco, gli assalitori hanno lanciato pietre contro la chiesa, ferendo diversi cristiani.

I residenti della città cristiana hanno chiesto all’Autorità Palestinese di arrestare tutte le persone coinvolte. Hanno dichiarato che l’assalto alla chiesa era un attacco all’intera città. Dopo l’episodio di violenza, le campane della chiesa hanno suonato per chiedere aiuto e alcuni video circolati sui social media hanno mostrato gli aggressori che lanciavano pietre contro l’edificio.

L’arcivescovo greco-ortodosso Atallah Hanna ha denunciato l’attacco definendolo “sconcertante” e “orribile”. E ha aggiunto:

“L’attacco alla chiesa è un atto criminale per eccellenza. La chiesa non è un luogo dove regolare i conti ed esprimere odio da parte di coloro che hanno perso la loro umanità e il senso patriottico”.

Shadi Khalloul, un importante sostenitore dei diritti cristiani, ha affermato in risposta all’assalto:

“La tribù araba musulmana di Atamra ha attaccato ieri sera la chiesa cristiana a Bet Sahour, nei pressi di Betlemme. Hai mai visto un cristiano attaccare una moschea [sic] nelle città a maggioranza cristiana del Medio Oriente? Ovviamente no. Questo dimostra la differenza di cultura, fede, rispetto e riconoscimento che abbiamo”.

Anche l’Assemblea degli Ordinari cattolici di Terra Santa ha condannato l’attentato affermando:

“Un gruppo di uomini ha attaccato la chiesa di Beit Sahour dopo una rissa tra giovani.

“Condanniamo questo attacco e chiediamo che l’Autorità Palestinese consegni quanto prima gli aggressori alla giustizia. Per contro, ringraziamo tutti coloro, di fedi e famiglie diverse, che sono arrivati sul posto e hanno fatto del loro meglio per proteggere la chiesa. Ci auguriamo che in futuro non si verifichino episodi del genere ed esortiamo tutti a tenere i luoghi di culto lontani da qualsiasi controversia”.

Come avvenuto in circostanze precedenti, l’AP non ha adottato misure concrete per punire coloro che attaccano i cristiani o i luoghi santi cristiani nell’area di Betlemme. Nell’aprile 2002, diversi uomini armati fecero irruzione nella Chiesa della Natività a Betlemme. Tre monaci tenuti in ostaggio dagli uomini armati riuscirono a fuggire dalla chiesa attraverso un cancello laterale. Dissero agli ufficiali dell’esercito israeliano che i miliziani avevano rubato oro e altri oggetti, inclusi crocifissi e libri di preghiere.

Tali episodi sono la ragione principale per cui molti cristiani non si sentono più al sicuro nelle aree controllate dall’Autorità Palestinese, in Cisgiordania. Il numero dei cristiani è notevolmente diminuito negli ultimi decenni: se nel 1948 i cristiani rappresentavano il 18 per cento della popolazione della Cisgiordania, di Gaza e di Israele, oggi sono appena il 2 per cento. A Betlemme, la loro percentuale è scesa dall’80 al 12 per cento. Molti si sono trasferiti negli Stati Uniti, in Canada e in Europa.

Gli attacchi dei musulmani ai cristiani vengono spesso ignorati dalla comunità internazionale e dai media, che sembrano far sentire la propria voce solo quando riescono a trovare il modo di incolpare Israele.

Un’altra situazione preoccupante è data dal fatto che i leader della comunità cristiana in Cisgiordania sono riluttanti a ritenere responsabili degli attacchi l’Autorità Palestinese e i loro vicini musulmani. Hanno paura di ritorsioni e preferiscono attenersi alla linea ufficiale di ritenere Israele l’unico responsabile della sofferenza della minoranza cristiana.

Purtroppo, è lecito ritenere che la difficile situazione dei cristiani palestinesi non farà che peggiorare, visto il silenzio della comunità internazionale e il timore fin troppo giustificato di subire rappresaglie che attanaglia i loro stessi leader.

Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme. È Shillman Journalism Fellow al Gatestone Institute.