I leader europei senza figli che ci conducono come sonnambuli verso il disastro
di Giulio Meotti – 27 giugno 2017
Pezzo in lingua originale inglese: Europe’s Childless Leaders Sleepwalking Us to Disaster
Traduzioni di Angelita La Spada
Non avendo figli, i leader europei sembrano non aver motivo di preoccuparsi del futuro del loro continente.
“Oggi, l’Europa ha poco desiderio di riprodursi, di lottare per sé o di sostenere le proprie ragioni.” – Douglas Murray, The Times.
“‘Cercare noi stessi’ diventa più importante che costruire un mondo.” – Joshua Mitchell.
Non ci sono mai stati così tanti leader politici europei senza figli come oggi. Sono moderni, di larghe vedute, multiculturali e sanno che “tutto finirà con loro”. A breve, sarà un sollievo non avere figli perché questo significa nessuna spesa per la famiglia, nessun sacrificio e nessuno che si lamenta delle conseguenze future. Come sostiene un rapporto di ricerca finanziato dall’Unione Europea: “Niente figli, niente problemi!”.
Essere madre o padre, però significa avere un vero e proprio interesse per il futuro del paese che si governa. I leader europei più importanti non si lasciano dietro figli.
E sono tutti senza prole: la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier olandese Mark Rutte e il presidente francese Emmanuel Macron. L’elenco continua con il primo ministro svedese Stefan Löfven, il premier del Lussemburgo Xavier Bette e il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon.
Non avendo figli, i leader europei sembrano non aver motivo di preoccuparsi del futuro del loro continente. Il filosofo tedesco Rüdiger Safranski ha scritto:
“Per le persone senza progenie, pensare alle generazioni future ha poco senso. Pertanto [queste persone] si comportano come se fossero l’ultimo anello di una catena.”
“L’Europa si suicida. O almeno i suoi leader hanno deciso di suicidarsi”, ha scritto Douglas Murray nel Times. “Oggi, l’Europa ha poco desiderio di riprodursi, di lottare per sé o di sostenere le proprie ragioni”. Murray, nel suo nuovo libro intitolato The Strange Death of Europe, ha parlato di “stanchezza esistenziale della civiltà”.
Angela Merkel ha preso l’infausta decisione di aprire le porte della Germania a un milione e mezzo di migranti per fermare l’inverno demografico del suo paese. Non è una coincidenza che la Merkel, che non ha figli, sia stata definita “la madre compassionevole” dei migranti. Alla cancelliera evidentemente non importa se il massiccio afflusso di questi migranti cambierà la società tedesca, probabilmente per sempre.
Di recente, Dennis Sewell ha scritto nel Catholic Herald:
“È questa idea di ‘civiltà occidentale’ che complica notevolmente il panico demografico. Senza di essa, la risposta sarebbe semplice: l’Europa non ha bisogno di preoccuparsi di trovare giovani per sostenere gli anziani nella loro vecchiaia. Ci sono molti giovani migranti che bussano alle porte, cercano di scavalcare il filo spinato o di solcare il mare a bordo di imbarcazioni fatiscenti per raggiungere le nostre coste. Tutto quello che dobbiamo fare è lasciarli entrare”.
Il fatto che la Merkel non abbia progenie rispecchia la società tedesca. Secondo le statistiche dell’Unione Europea, il 30 per cento delle donne tedesche non ha avuto figli e per le donne laureate la quota sale al 40 per cento. Il ministro della Difesa tedesco, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che se il tasso di natalità non aumenta il paese dovrà “spegnere le luci”.
Secondo un nuovo studio pubblicato dall’Institut national d’études démographiques, un quarto delle donne europee nate negli anni Settanta rischia di rimanere senza figli. I leader europei non fanno eccezione. Nel 1940, una donna su nove in Inghilterra e in Galles non aveva figli all’età di 45 anni, e nel 1967 era una donna su cinque.
Il nuovo presidente francese Emmanuel Macron ha respinto l’idea espressa dall’ex presidente François Holland che “la Francia ha un problema con l’Islam”. Egli è contrario a togliere la cittadinanza ai jihadisti e continua a dire, contro ogni evidenza, che lo Stato islamico non è islamico: “Il problema non è l’Islam, ma certi comportamenti che vengono definiti religiosi e poi imposti alle persone che professano quella religione”.
Macron predica una sorta di buffet multiculturale. Parla di colonialismo come un “crimine contro l’umanità”. È favorevole alle “frontiere aperte” e a suo dire, sempre contrariamente all’evidenza, non esiste una “cultura francese”.
Secondo il filosofo Mathieu Bock-Coté, il 39enne Macron, sposato con una sua ex insegnante di 64 anni, è il simbolo di una “globalizzazione felice che si è liberata del ricordo della perduta gloria francese”. Non è una coincidenza che la “Manif Pour Tous”, un movimento che si è battuto contro la legalizzazione dei matrimoni gay in Francia, ha esortato a votare contro Macron come “candidato anti-famiglia”. Lo slogan di Macron, “En Marche!”, incarna le élite mondializzate che riducono la politica a un esercizio, una performance.
È per conquistare l’Europa che il leader turco Erdogan ha invitato i musulmani ad avere “cinque figli” e gli imam esortano i fedeli a “fare figli”. I suprematisti islamici sono impegnati a creare uno scontro di civiltà in Europa e dicono che i paesi che li accolgono in Occidente sono sull’orlo del collasso: senza popolazione, senza valori e senza alcun interesse per la loro stessa cultura.
Se si guarda alla Merkel, a Rutte, a Macron e ad altri, questi suprematisti islamici si sbagliano? I nostri leader europei ci conducono come sonnambuli verso il disastro. Perché dovrebbero preoccuparsi se alla fine della loro vita l’Europa non sarà l’Europa? Come ha spiegato Joshua Mitchell in un saggio, “‘cercare noi stessi’ diventa più importante che costruire un mondo. Lo ha già fatto la lunga catena delle generazioni. Ora giochiamo!”.
Giulio Meotti, redattore culturale del quotidiano Il Foglio, è un giornalista e scrittore italiano.