Nati rabbiosi, ma educati al peggio
È tutta questione di… natura.
Ora sappiamo dove si trova la rabbia nel nostro cervello.
Da questo articolo emerge qualche cosa di nuovo, anche se è ancora lunga la strada per comprendere il perché gli esseri umani, non tutti e solo in particolari occasioni, reagiscono esprimendo una aggressività incontrollata. Il luogo della rabbia è una regione del cervello chiamata setto laterale, nota da tempo perché collegata al controllo di ansia e paura, spiega la neuroscienziata Dayu Lin. Questa regione è connessa ad altre aree cerebrali molto importanti, come l’ippocampo – che controlla le emozioni e l’apprendimento – e l’ipotalamo, che invece è coinvolto, fra le altre cose, nell’aggressività e nella produzione di ormoni. I ricercatori, nel modificare l’attività dei neuroni del setto laterale, sono riusciti a spegnere e riattivare gli attacchi violenti.
Inoltre, agendo sulla connessione tra setto laterale e ipotalamo, i neuroscienziati hanno scoperto che i comportamenti violenti sono indipendenti da quelli sessuali, dimostrando che la modulazione dell’aggressività non dovrebbe comportare effetti collaterali sulla riproduzione.
Ho sempre sostenuto, ed ora ne abbiamo una ulteriore prova scientifica, che non si possa parlare di raptus, come qualcosa che rende un individuo improvvisamente diverso da quello che appare nella continuità della sua vita quotidiana. In effetti, questo studio, anche se condotto sui topi, dimostrerebbe che esiste nel cervello un circuito neuronale e biochimico grazie al quale l’aggressività può essere modulata, ossia espressa secondo misura.
Nello stesso tempo, questa ricerca dimostra che la rabbia si esprime, per quanto riguarda la lotta alla sopravvivenza, innescando un processo reattivo in relazione all’obiettivo da raggiungere, e che quindi fa parte del sistema mentale legato alla vita stessa. In altre parole, sembra che la rabbia sia necessaria alla sopravvivenza, e questo significa che può essere dosata e utilizzata all’interno di uno stile cognitivo quotidiano. Si può “diventare arrabbiati”, secondo un dosaggio preciso, e questa trasformazione aggressiva è comunque inserita in un atteggiamento naturale di attacco-difesa che può o meno avere conferme e incentivi dall’ambiente nel quale si vive.
Ciò che esiste in Natura si manifesta anche nella cultura, se quest’ultima agevola e stimola tale manifestazione; oppure, la cultura può inibire e veicolare diversamente la necessità espressiva che esiste in Natura. In tutti e due i casi, in qualche modo e misura, la dimensione naturale della nostra vita bussa alla porta della società, e dunque dovremmo sempre avere a che fare con queste problematiche, fornendo risposte adeguate.
Chi vuole comprendere lo faccia, ma è chiaro che mi sto riferendo a tutti i casi di violenza gratuita, di aggressioni violente oltre misura, di pura cattiveria umana, che emergono nelle notizie dei nostri telegiornali.
Sarà forse il caso di educare i nostri figli in modo diverso, per non parlare di noi adulti!
Penso di sì, sul serio.
Alessandro Bertirotti, antropologo della mente, è nato nel 1964. Si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È Vice Segretario Generale dell’Organizzazione Internazionale della Carta dell’Educazione CCLP Worldwide dell’UNESCO, membro del Comitato Scientifico Internazionale del CCLP e Membro della Missione Diplomatica, per l’Italia, Città del Vaticano, Repubblica di San Marino e Malta, del CCLP Worldwide presso l’Unione Europea. È docente di Psicologia Generale presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Genova. Il suo sito è www.alessandrobertirotti.it