M’illumino d’immenso?

M’illumino d’immenso?

Illuminare-150x150È tutta questione di… intelligenza.

Immaginiamoci di essere in cucina a preparare la cena per i nostri cari. Stiamo scegliendo con cura gli ingredienti migliori per un piatto prelibato, con un pizzico di originalità, rispetto alla ricetta tradizionale. Improvvisamente, squilla il campanello della porta. Ci chiediamo chi potrebbe essere, specialmente a quest’ora, e smettiamo di pensare alla nostra ricetta.

Vi chiederete perché ho descritto questa scena.

Il motivo è semplice: quando eseguiamo delle azioni, ossia quando produciamo una condotta per la realizzazione di qualche obiettivo, siamo giustamente concentrati su quello che facciamo. Il contesto, all’interno del quale agiamo, si trova nello sfondo, perché attribuiamo importanza all’esecuzione della migliore condotta per realizzare i nostri desiderata. Nel nostro esempio, prendiamo coscienza del contesto grazie al campanello di casa che ha squillato. Altrimenti, saremmo rimasti assorti nelle nostre azioni.

Bene, scritto questo, ciò che voglio dire oggi penso abbia un certo valore generale.

Per alcuni di noi, preparare la cena, con attenzione e meticolosità, nella ricerca degli ingredienti giusti più appetitosi, potrebbe essere un vero e proprio limite, rispetto al contesto nel quale viviamo. Per altri, invece, queste azioni non lo sarebbero, mentre esprimerebbero una precisa capacità cognitiva, che definiamo focalizzazione. Per altri ancora, invece, preparare la cena, con troppa attenzione e concentrazione, potrebbe rivelarsi un comportamento dispendioso, sia a livello energetico che economico, rivelandosi esagerato, rispetto alla necessità quotidiana di cibarsi.

Quando io scrivo, specialmente nel caso di questi ultimi articoli, dedicati alla situazione storico-ambientale promossa da zio Covid-19 (con la nostra complicità, si intende…), della necessità di recuperare il sentimento del limite, senza perdere quello del contesto, voglio semplicemente affermare l’importanza di ciò che neuro-cognitivamente abbiamo appena definito focalizzazione.

Prima dell’avvento di questo virus pandemico, eravamo tutti focalizzati nella preparazione della nostra cena quotidiana (e mi sto riferendo a qualsiasi nazione, all’interno dell’intero globo). E ci siamo ritrovati in casa zio Covid-19, che aveva inviato, ripetutamente negli anni passati, i propri parenti, a suonare il nostro campanello di casa. Questa volta, lui, il numero 19, è entrato in silenzio dalla finestra, mentre noi continuavamo ad essere intenti a preparare la cena. Non ha suonato il campanello, come i suoi parenti. È entrato, punto.

Ecco cosa significa alimentare il nostro desiderio di focalizzazione, rendendolo un limite, rispetto alla visione del contesto e alla capacità di illuminare tutto il resto.

Sarà il caso di trasformarci in lampadine, smettendo di essere un raggio laser.

 

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info)