𝐌𝐞𝐥𝐨𝐧𝐢 𝐛𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐠𝐨𝐯𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐬𝐞𝐫𝐯𝐚𝐭𝐨𝐫𝐞
Giorgia Meloni è il leader politico più in forma del momento. Diretta, spigliata, efficace, cavalca temi di largo consenso e tocca corde diffusamente sentite.
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Meloni balla da sola per un governo conservatore
Giorgia Meloni è il leader politico più in forma del momento. Diretta, spigliata, efficace, cavalca temi di largo consenso e tocca corde diffusamente sentite. Che sia donna, all’opposizione, senza particolari errori o gaffe alle spalle, l’aiuta. È forse l’unico leader in crescita, nonostante la politica e i politici abbiano raggiunto il punto più basso di credibilità e favore nell’opinione pubblica. E nonostante abbia assunto una posizione affine ai Dem sulla guerra in Ucraina: decisamente filo-Nato, versione falchi, filo-Usa, cioè con l’amministrazione Biden. E questo le ha dato due risultati opposti: benevolenza e attenzione da parte della Cappa, come si è visto anche con la Convention di Milano; ma anche dissenso e delusione da parte di molti elettori. Le due cose, l’assenso dei potenti e il consenso dei popoli, sono sempre in alternativa: se cresce l’uno, decresce l’altro, e viceversa. Ma nonostante i due fattori sopra indicati, la Meloni è fortemente lanciata.
Di questa sua performance milanese vorrei far notare due cose. La prima è che la Meloni ha parlato come se non fossimo in un tormentato paesaggio pluripartitico e bipolare, ma come se fossimo in Inghilterra o negli Usa, cioè in un sistema fondamentalmente bipartitico. Si è auto-presentata come candidata a guidare il governo, naturalmente in antitesi al Pd di Letta, prescindendo dal resto, a partire dai suoi alleati che non ha filato di pezza. Con un solo salto, è passata dal bipolarismo al bipartitismo. Naturalmente è una finzione, ma ha il suo peso strategico e lancia un messaggio politico chiaro e preciso.
La seconda cosa su cui vorrei più a lungo soffermarmi è la decisa collocazione di Fratelli d’Italia in ambito conservatore. Da tempo la Meloni è con i conservatori nel Parlamento europeo e prende le distanze da Marine Le Pen e da Orban per rimarcare questa sua scelta. Così la polacca Giorgia si differenzia pure dall’ungherese Salvini. Anche la posizione sull’Ucraina rispecchia questa collocazione. Dirsi conservatori per la destra è oggi necessario sia per non ricadere nel vago e fluttuante mondo dei populismi e dei sovranismi, oggi in difficoltà di leadership più che di consensi; sia per non essere risucchiati, dall’altra parte, nel cliché della destra liberale o moderata, accucciata dentro l’establishment, col plauso della Premiata Ditta Media & Potere. La scelta conservatrice è la migliore risposta alla deriva velleitaria e all’inglobamento nel sistema.
Sul piano delle idee, da tempo insistiamo sulla necessità di dirsi conservatori, e di esserlo sul serio perché c’è innanzitutto da conservare, cioè da salvare, la civiltà in pericolo, quindi la natura e la tradizione, la famiglia e le identità.
Ma sul piano politico bisogna pure intendersi sulla collocazione. Perché sul piano politico se dici conservatore pensi subito ai tory britannici, cioè oggi a Boris Johnson, ieri a Margareth Thatcher. I tory hanno una forte caratterizzazione atlantista, comprensibile per gli inglesi, anzi per gli anglo-americani; e una forte inclinazione liberista. Un conservatorismo italiano, mediterraneo, continentale, non può essere di quel tipo, ma deve avere altre due caratteristiche peculiari, chiare e distinte che derivano da storie e popoli diversi.
La prima è un conservatorismo nazional-europeo che sappia attraversare la Manica e tornare alla Francia di Charles De Gaulle. È lui, a mio parere, che ha disegnato, nel tempo della democrazie, l’unica linea fortemente, fieramente nazionale e al contempo nettamente europea, con l’Europa delle patrie, in uno spazio geopolitico che va dall’Atlantico agli Urali, ben distinta dalla Russia ma anche dall’America (ricordiamo la posizione critica di de Gaulle sulla Nato, e c’era ancora il blocco sovietico).
La seconda appartiene alla tradizione della destra italiana e mediterranea: il suo spiccato carattere sociale, ovvero la sua visione non liberistica in economia ma per un’economia sociale di mercato, con un ruolo attivo, propulsivo ma non invasivo, dello Stato sociale e un sistema di garanzie e protezioni; e una spiccata sensibilità popolare e comunitaria, coerente con la visione “nazionale”. Due temi che peraltro si agganciano alla miglior storia della destra sociale e nazionale da cui proviene Fratelli d’Italia.
Sono questi i tratti decisivi che danno alla nascita di un Movimento, di un Partito, di un Governo conservatore alcune peculiarità irrinunciabili e anche la possibilità di un largo consenso. Riprendere da conservatori la bandiera sociale abbandonata dalla sinistra. E lasciare invece alla sinistra i temi relativi ai diritti civili, ovvero in negativo all’erosione graduale ma inesorabile del tessuto tradizionale, famigliare e sociale, attraverso leggi, sentenze, battaglie tutte incentrate su una visione liberal e radical, individualista e globalista al tempo stesso. Poi, certo, i grandi temi conservatori, a cui aggiungere decisamente uno che è stato di solito accantonato: la difesa della natura, che è qualcosa di più importante dell’ambiente, e che comprende il paesaggio, il clima, il pianeta, l’alimentazione ma anche il diritto naturale, la natura umana e la famiglia, “società naturale fondata sul matrimonio” (art.29 della Costituzione). Conservatori vuol dire anche prestare speciale attenzione alla tutela e conservazione dei beni storici, artistici e culturali, verso i quali le coalizioni di centro-destra non sono mai state molto sensibili ed efficaci.
Resta irrisolto il tema di fondo che solleviamo ormai da anni: l’assenza di una classe dirigente adeguata, in grado di governare il Paese e affrontare i poteri ostili. La Meloni dice il contrario, giura che sono pronti e capaci. Speriamo con tutto il cuore di sbagliarci, ma lo diciamo sospendendo ogni ragionevole realismo. Buon viaggio, Giorgia.
La Verità (1 maggio 2022)