Maternità
È tutta questione di… povertà mentale.
Il titolo di questo mio articolo è, in tutta evidenza, riferito ad una circostanza, ossia contingenza esistenziale, che possiede una valenza evolutiva e biologica di indubbia efficacia, sia per la sopravvivenza della specie che per le dinamiche affettive che stabilisce fra due esseri umani.
Penso che il gran parlare che in questo periodo si fa di maternità surrogata sia, come al solito in questi ultimi periodi storici della nostra nazione, una mera e bieca strumentalizzazione elettorale. Certo, ora la sinistra deve in qualche modo risalire la china, visto che, come era abbastanza logico attendersi, il partito della Premier che si trova a doversi confrontare con la difficile realtà, comincia a perdere colpi.
In fondo, entrambe le signore (la Meloni e la Schlein) sono abituate a fare campagna elettorale costantemente, proprio perché consapevoli del fatto che, oramai, gli elettori scelgono chi votare di volta in volta, senza alcun attaccamento a valori ideologici che superino il tornaconto personale. La composizione delle liste elettorali con le quali si è determinato il nuovo parlamento nazionale dimostra quanto, purtroppo, io abbia ragione: clientelismo e familismo.
Scritto questo, la tematica relativa alla maternità è assai delicata, sia per il ruolo che questa condizione esistenziale prevede all’interno della nostra evoluzione, sia per il significato che assume all’interno di una relazione d’amore che si stabilisce tra la madre e la nuova creatura. Una relazione che esiste anche quando la madre è surrogata, perché per nove mesi il suo ruolo biologico, il suo coinvolgimento antropologico, è reale, concreto e determinato dalla presenza di ormoni e cambiamenti neurofisiologici che non possono essere surrogati affatto.
Quando si alterano equilibri biologici che sono stabiliti dalla notte dei tempi, e che non hanno alcuna necessità di chiedere l’opinione agli esseri umani circa il proprio valore naturale (la Natura non chiede all’Uomo cosa ne pensa delle proprie azioni, ma le compie…), il sistema biologico del nostro pianeta si organizza per espellere da tale sistema l’origine di questo aborto.
Voglio dire che il pensiero di una maternità surrogata è come una forma di aborto affettivo a danno della specie, a favore di una dimensione mercificata che viene, invece, camuffata come libertà di scelta.
Invadere questi campi di azione naturale è come organizzare un’esistenza secondo dinamiche che si alienano dall’essenza antropologica umana, che è appunto caratterizzata dalla circolazione di un amore che si esplica secondo dinamiche non politiche, ma specie-specifiche.
Certo, prendere voti, facendo credere che la libertà sia esattamente fare ciò che si vuole, è molto più facile che intavolare uno scambio di idee sul tema della maternità. Idee che dovrebbero avere una base filosofica, etica e dunque politica… e non certo partitica.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).