Maschio uguale femmina
È tutta questione di… limiti universali.
A leggere questo articolo (Orrore alle sfilate “maschili” di Alessandro Gnocchi Alessandro Gnocchi – 2020 Settimana di sfilate a Milano. Inutile mettere becco sulla moda femminile. Ma ogni giorno ci vestiamo anche noi maschi, e a fatica abbiamo dovuto imparare almeno il minimo per raggiungere il decoro. Non sempre tra l’altro l’operazione riesce.) , ci si rende conto che le cose stanno diventando sempre più interessanti.
Come sapete, le mie considerazioni sono, il più delle volte, il frutto di due punti di vista convergenti: quello antropologico-mentale e quello personale. Il primo deriva dalla mia formazione scientifica, in continuo aggiornamento, mentre il secondo è frutto della mia biografia. E questo, penso, accada a tutte le persone. Si unisce la propria formazione professionale, ciò che si studia e si conosce sui testi e nella professione, al modo di considerare la vita, le proprie esperienze secondo un punto di vista più emozionale, più privato.
Precisazioni, ciò che avete appena letto, utili per chiarire in quali termini mi pongo, di fronte ad una moda maschile che sta sovvertendo i classici riferimenti stilistici nei quali tutti noi, penso, siamo cresciuti e ci riconosciamo.
La prima considerazione è che questa globalizzazione incide anche sulle categorie biologico-culturali, del maschile e del femminile, proponendo un’osmosi che, forse, è sempre esistita anche se invisibile. In effetti, nel caso della nostra specie, poiché siamo mammiferi culturali, ogni dimensione biologica è al tempo stesso anche culturale, ossia caricata di significati condivisi e compartecipati dal gruppo di persone che interagiscono in un ambiente.
Oggi, l’ambiente reale, anche se virtuale, è il mondo globale. Un mondo nel quale è necessario vendere di tutto e sempre in maggior quantità. E per fare ciò è urgente eliminare categorie come maschile e femminile, che delimitano troppo i territori dei singoli individui, senza creare stupore, meraviglia e scandalo. E, senza scandalo non si vende, perché a nessuno interessa il già detto oppure il già visto. La prima emozione, fra le sei primarie, che rimane fondamento del nostro funzionamento cognitivo è la sorpresa.
E cosa c’è di più sorprendente che scoprire in un maschio la femmina che in lui si nasconde? E lo è ancora di più in un maschio, di quanto non lo sia scoprire un maschio in una femmina, perché la nostra cultura occidentale globalizzata impone il maschile come l’espressione del successo cui ambire. Che, nei fatti, le femmine umane in grado di diventare anche donne, siano decisamente più significative (e non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche sociale) non interessa un granché ad una società machista.
Il fatto è che, oltre a tutto questo, nelle foto che potete vedere pubblicate nell’articolo che ho inserito come ipertesto, vi è anche un altro aspetto importante: la spaventosa magrezza dei modelli/e che sfilano.
Ecco, questa anoressia così evidente (dunque espressione di un’esistenza patologica) cosa vuole significare? Ci vogliono forse dire che nutrirsi, per vivere con quella dose sufficiente di glucosio di cui necessitano i neuroni, è negativo, perché è altrettanto negativo pensare? Essere così magri significa essere anche tristi, miserevolmente tristi, e sempre più legati a ciò che gli altri pensano di noi, per non parlare di ciò che potremmo pensare di noi stessi.
Insomma, ci vogliono sempre più scemi, tanto come maschi che come femmine.
Un ottimo futuro, non c’è che dire.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).