Margherita Hack, la figlia delle stelle con gli occhi verso il Cosmo
16 Giugno 2022
Margherita Hack, prima donna italiana a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, lo scorso 12 giugno avrebbe compiuto 100 anni. Ecco la sua storia
Elena Barlozzari
Margherita Hack guardava l’umanità divertita. Sulle labbra sempre un cenno di sorriso e gli occhi pieni di stupore. Le cose di quaggiù dovevano sembrarle davvero molto piccole rispetto alla complessità del Cosmo. “Nella nostra galassia – diceva – ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono più di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici è molto improbabile”. Chi ne parla utilizza spesso il termine “brillante” per descriverla, ma quello che più la racconta in realtà è “illuminante”. Le sue riflessioni scientifiche erano perle di pura filosofia.
È nata a Firenze in via delle Cento Stelle e già questo basta ad alimentare suggestioni. È il 12 giugno del 1922. Il primo contatto con gli astri ce l’ha grazie al “babbo” Roberto, contabile con la passione per i libri di divulgazione scientifica. È lui a spiegargli come distinguere un pianeta da una stella. Le parole che usò per farlo non le conosciamo, ma sappiamo con certezza che alla Margherita di allora la cosa lasciò abbastanza indifferente. La giovane Hack preferisce concentrarsi su questioni ben più concrete: chiodi, martelli, cacciaviti, bulloni con cui smonta e rimonta la sua bicicletta. Tifa la Fiorentina, argomento ricorrente nei suoi temi da liceale, e si divide tra la pallacanestro e l’atletica leggera. Una passione, quest’ultima, che negli anni del Fascismo la portò sul podio dei Littoriali di Como, Firenze e Bologna. “Lo sport agonistico – ricorderà – è stato molto importante perché anche la scienza l’ho affrontata come uno sport, come una gara”.
Lo studio? Non è che le garbasse tanto. Diceva d’essere stata “fortunata” ad aver saltato gli esami di maturità classica, da lei definiti “un incubo”, a causa dello scoppio della guerra. L’università la decide a caso: Lettere, ma dopo appena un’ora di lezione capisce che non fanno per lei. Il secondo tentativo è la Fisica e le cose vanno decisamente meglio. La tesi sperimentale sulle Cefeidi, grandi stelle particolarmente luminose, è l’inizio del suo viaggio nella spettroscopia degli astri. Un viaggio che la porterà fino alla cattedra di astronomia all’Università di Trieste nel 1964 e al timone dell’Osservatorio astronomico, prima donna a ricoprire questo ruolo che sarà suo per ben ventitré anni. È stata un membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei e dei gruppi di lavoro dell’Esa e della Nasa. Autrice di numerose pubblicazioni in ambito scientifico, come lo “Stellar Spettroscopy”, scritto a quattro mani con l’astronomo russo Ottro Struve e considerato ancora oggi uno dei trattati fondamentali della spettroscopia stellare. Nel 2012 riceve il titolo di cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
Ma a chi le chiedeva un bilancio professionale, ormai canuta, rispondeva con modestia disarmante: “Ho fatto un lavoro degno, niente di straordinario”. La Hack non è rimasta confinata negli steccati accademici, anzi: infaticabile il suo impegno nel campo della divulgazione scientifica, in quello dei diritti e dell’animalismo. Ha sfiorato l’idea di entrare in politica, salvo poi rinunciare, una volta eletta con il Partito dei Comunisti Italiani, per non sottrarre tempo agli studi. Era antifascista Margherita Hack, lo era diventata nel 1938, quando le toccò assistere allo scempio delle legge razziali. Ha creduto nel Sessantotto, rimanendoci scottata: “C’era voglia di libertà, autonomia, collaborazione, ha fatto crescere l’astrofisica italiana, ma molti di quelli più attivi all’epoca, una volta andati in cattedra sono diventati tra i peggiori conservatori”.
Era atea. Per lei eravamo tutti figli delle stelle. “Abbiamo tutti la stessa origine, siamo tutti fatti della stessa materia costruita dalle stelle esplodenti, per cui il concetto di fratellanza universale va esteso veramente a tutti i viventi nell’universo”. Il 12 giugno avrebbe compiuto 100 anni e a Milano le hanno eratto una statua. È la prima in tutta Italia dedicata ad una scienziata. La ritrae con le mani a cannocchiale, intenta a guadare il cielo. “Penso alla ciclicità delle mie molecole, pronte a sopravvivermi, a ritornare in circolo girovagando per l’atmosfera e non provo tristezza. Ci sono stata, qualcuno si ricorderà di me e se così non fosse, non importa”.
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