Madri
È tutta questione di… scelte.
Nei primi anni di vita, lo sviluppo neuronale è rapido ma rallenta durante l’intero arco della vita, senza però mai fermarsi.
In altri termini, “è importante sottolineare che la ricerca neurobiologica ha definitivamente dimostrato che la capacità di modificare le connessioni neuronali in risposta a eventi significativi caratterizza tutta la vita dell’individuo. In ogni momento, infatti, le connessioni anatomiche possono rafforzarsi, o indebolirsi, e ciò rende lo stabilirsi della struttura del sistema nervoso un processo plastico in continua evoluzione” (Vicari S., Caselli M.C., 2010, a cura di, Neuropsicologia dello sviluppo, Il Mulino, Bologna, p. 23).
Ciò significa, in termini concreti, che la metà di quello che noi siamo e diventeremo dipende dal tipo di esperienze che andremo a fare, ossia a vivere, in questo periodo iniziale della nostra vita postnatale.
E non si tiene conto di quello che accade durante i nove mesi di gestazione, altrimenti dovremmo veramente datare la nascita molto prima rispetto a quello che generalmente facciamo. Ed abbiamo, in effetti, visto nei precedenti articoli che la relazione genitoriale madre-bambino è di fondamentale importanza.
Ma proprio in nome di queste ultime considerazioni, mi sembra opportuno domandarsi, a questo punto, come mai il contatto con la propria figura di accudimento sia così cruciale ai fini della sopravvivenza, al punto da rivelarsi primario il bisogno che ne hanno i piccoli.
Escluso che l’amore filiale sia l’effetto collaterale del ricevere il cibo, vi è una ragione che ha un senso da un punto di vista evoluzionistico.
Immaginiamo le condizioni di vita dei primi uomini. Ai primordi della specie, il rischio di morire perché attaccati dai predatori, dai serpenti velenosi, o da adulti estranei era più alto rispetto alla possibilità di non sopravvivere perché non sufficientemente alimentati. Non a caso, paure quali quella del buio, dello stare soli, degli estranei, dei serpenti sono ancorate al nostro patrimonio genetico come esito della selezione naturale. E la nostra razionalità deve fare i conti con sensazioni che sorgono improvvise e sembrano, ora, non avere un senso.
Quindi, per un piccolo della nostra specie era funzionale alla sopravvivenza cercare di farsi proteggere da un adulto competente, non da un individuo qualsiasi. Era cruciale identificare al più presto la persona che aveva interesse a difenderlo dai pericoli, che era motivato a prendersi cura di lui; era importante che mantenesse la vicinanza proprio con quell’adulto.
E quell’adulto, in natura, era la madre biologica.
Vi chiedo ora: vi è attualmente una sufficiente quantità di madri in grado di essere adulti competenti per l’evoluzione dei loro stessi figli?
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).