L’uccisione di uno scienziato nucleare può salvare innumerevoli vite
di Richard Kemp 13 dicembre 2020
Pezzo in lingua originale inglese: The Killing of a Nuclear Scientist May Save Countless Lives
Traduzioni di Angelita La Spada
Con lo slogan “Morte all’America”, l’Iran è stato in guerra con gli Stati Uniti, Israele e con i loro alleati occidentali dalla Rivoluzione islamica del 1979, utilizzando emissari operanti in gruppi per lanciare attacchi in Medio Oriente, Europa, Stati Uniti e in America Latina.
Fakhrizadeh era un generale di brigata dell’IRGC e quindi non era solo un alto comandante militare di un Paese in guerra con gli Stati Uniti e i loro alleati, ma anche un disdicevole terrorista internazionale.
L’Iran non abbandonerà mai quello che considera il suo diritto assoluto a diventare uno Stato in possesso di armi nucleari, né sotto l’attuale regime né sotto alcun regime futuro. (…) Ha mentito all’AIEA e l’archivio mostra in dettaglio i modi in cui Teheran ha ingannato gli ispettori.
Brennan e i sostenitori europei della sua argomentazione sembrano credere che l’Iran possa essere contenuto attraverso l’appeasement e la negoziazione piuttosto che con la forza militare e la determinazione politica. Il percorso auspicato dai sostenitori dell’appeasement può solo portare nelle strade dell’Iran a spargimenti di sangue, a violenze e a sofferenze infinitamente maggiori della morte di un disdicevole terrorista.
Gli iraniani fautori dell’appeasement che condannano l’uccisione mirata dello scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, un generale di brigata del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, hanno mostrato uno sconcertante disprezzo per la morte, la distruzione e per le sofferenze che potrebbero essere inflitte dal regime totalitario iraniano utilizzando la perniciosa esperienza di Fakhrizadeh. Nella foto: la scena dell’assassinio di Fakhrizadeh compiuto il 27 novembre, nei pressi di Teheran (Fonte dell’immagine: Fars/Wikimedia Commons)
Con immancabile prevedibilità, il portavoce per gli Affari esteri dell’UE Peter Stano e altri sostenitori europei di una politica di appeasament nei confronti dell’Iran si sono precipitati a condannare l’uccisione mirata dello scienziato nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh compiuta il 27 novembre scorso. In tal modo, hanno mostrato uno sconcertante disprezzo per la morte, la distruzione e per le sofferenze che potrebbero essere inflitte dal regime totalitario iraniano utilizzando la perniciosa esperienza di Fakhrizadeh.
Dall’altra parte dell’Atlantico si sono uniti a loro, tra gli altri, l’ex direttore della CIA John O. Brennan, che ha definito l’omicidio “un atto di terrorismo di Stato” e “una flagrante violazione del diritto internazionale”. Eppure, Brennan nel 2011 era presente nella Situation Room della Casa Bianca quando gli Stati Uniti lanciarono un’operazione per uccidere Osama bin Laden sul suolo pakistano. E probabilmente, l’allora numero uno della CIA non stava sussurrando all’orecchio del presidente Barack Obama che il SEAL Team Six violava il diritto internazionale.
In qualità di consigliere antiterrorismo di Obama e poi di direttore della CIA, Brennan ha altresì presieduto e giustificato pubblicamente un vasto programma di uccisioni mirate da parte della Central Intelligence Agency con attacchi di droni in Pakistan, Afghanistan, Libia, Somalia, Yemen, e in altri Paesi. Alcuni anni prima, presi parte a una riunione con Brennan in cui lui esaltava l’utilità e la legittimità delle uccisioni mirate dei terroristi.
In un apparente tentativo di conciliare il suo attuale orientamento con i suoi ruoli e con la posizione etica mentre era al servizio del governo, Brennan ha definito l’uccisione di Fakhrizadeh come “molto diversa dagli attacchi contro i leader terroristici e gli agenti di gruppi come al-Qaeda e lo Stato Islamico”.
Pur dichiarando che questo omicidio selettivo era illegale, le obiezioni mosse da Brennan sembrano focalizzarsi maggiormente sul timore di “ritorsioni letali e di un nuovo round nel conflitto regionale” che l’ex direttore della CIA ritiene probabili. C’è anche l’apparente messaggio implicito, condiviso da molti altri a Sinistra, che questo attacco potrebbe rendere più problematico il rientro nel JCPOA, l’accordo sul nucleare, da parte dell’amministrazione Biden.
La prospettiva di Brennan annovera l’obiezione più comune che viene sollevata oggi riguardo alle uccisioni mirate. Il problema è meno legato alla legalità spesso contestata di azioni del genere – l’omicidio selettivo in guerra non è mai stato assolutamente proibito dal diritto internazionale – e concerne maggiormente la legalità, la moralità o l’opportunità della politica estera in base alla quale tali tecniche vengono effettuate.
A sua volta, questo suscita dibattiti su cosa è e cosa non è guerra e sullo status degli attori statali rispetto a quelli non statali. Brennan afferma che gli omicidi selettivi sono legali se compiuti contro combattenti illegittimi, cioè agenti terroristici, ma non contro i funzionari di Stati stranieri in tempo di pace, con l’implicazione che in questo caso gli autori dell’omicidio non erano in guerra con l’Iran.
Questo per fraintendere la realtà che la guerra non può essere vista come periodi di ostilità caratterizzati da ampi movimenti di mezzi corazzati attraverso le pianure, grandi battaglie navali e scontri aerei nei cieli. Invece, i confini tra pace e guerra sono stati intenzionalmente offuscati da Paesi come Iran e Russia, spesso usando surrogati per colpire i loro nemici, così come da attori non statali come lo Stato Islamico e al-Qaeda, con capacità senza precedenti di violenza globale.
Con lo slogan “Morte all’America”, l’Iran è stato in guerra con gli Stati Uniti, Israele e con i loro alleati occidentali dalla Rivoluzione islamica del 1979, utilizzando emissari operanti in gruppi per uccidere centinaia di americani in Iraq, in Afghanistan, in Libano e in altri Paesi e per lanciare attacchi in Medio Oriente, Europa, Stati Uniti e in America Latina. Teheran appoggia il regime omicida in Siria del presidente Bashar Assad, aiuta materialmente lo Stato Islamico e i Talebani e ha deliberatamente accolto e assistito importanti leader di al-Qaeda, uno dei quali, Abu Muhammad al-Masr, è stato ucciso a Teheran a metà novembre.
L’Iran ha intrapreso una guerra concertata a lungo termine contro Israele con l’intento dichiarato di eliminare lo Stato ebraico. Ha finanziato e diretto attacchi da Gaza, dal Libano e dalla Siria all’interno di Israele e contro i cittadini israeliani e i funzionari governativi al di fuori della regione. Ha costruito un vasto complesso missilistico nel sud del Libano, dispiegando molte migliaia di razzi puntati su Israele. Ha cercato di sviluppare una base operativa in Siria dalla quale attaccare Israele. Ha fomentato, finanziato e armato un’insurrezione nello Yemen da cui condurre una guerra per procura contro l’Arabia Saudita. Ha inoltre lanciato attacchi con droni e missili da crociera contro le strutture petrolifere saudite.
Questa guerra globale lunga decenni è organizzata e controllata dal Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (IRGC), il cui ex comandante della Forza Quds dei Pasdaran, Qassem Soleimani, è stato ucciso a Baghdad nel corso di un attacco condotto a gennaio da droni americani. L’IRGC è considerato dagli Stati Uniti e da molti altri Paesi un’organizzazione terroristica. Fakhrizadeh era un generale di brigata del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica e quindi non era solo un alto comandante militare di un Paese in guerra con gli Stati Uniti e i loro alleati, ma anche un disdicevole terrorista internazionale.
Ma era molto di più. Fu il fondatore e il direttore a lungo termine del programma illegale di armi nucleari iraniane controllato dall’IRGC. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) delle Nazioni Unite ha confermato di aver guidato il programma, noto come Amad, che cercava di sviluppare armi nucleari sotto le spoglie di un progetto energetico civile. Amad venne accantonato nel 2003, ma rimpiazzato dall’Organizzazione per la Ricerca e l’Innovazione Difensiva, SNPD, che Fakhrizadeh ha guidato fino alla sua morte. Il lavoro di Amad, dell’SNPD e di altri organismi segreti è stato esposto in un ampio archivio nucleare sequestrato a Teheran nel 2018 dal Mossad israeliano, archivio a cui ho avuto accesso l’anno scorso.
La grave minaccia di una bomba nucleare iraniana fu riconosciuta dal presidente Obama, il quale nel 2012 s’impegnò a prevenirla, utilizzando la forza militare se necessario. Come la sua “linea rossa” sulle armi chimiche in Siria del presidente Assad, la rassicurazione di Obama sfumò fino ad assumere una tonalità rosa pallido con la sua negoziazione dell’accordo nucleare JCPOA nel 2015 che, invece di interrompere il programma iraniano, gli aprì la strada.
L’apprensione di Obama per il pericolo iraniano è stata condivisa in tutto il mondo dai Paesi che hanno riconosciuto la minaccia non solo per il Medio Oriente, mentre l’Iran ha continuato a lavorare sui missili a lungo raggio capaci di trasportare testate nucleari. Sapevano anche che il programma iraniano avrebbe innescato in Medio Oriente una corsa agli armamenti nucleari che è attualmente in corso, coinvolgendo principalmente Arabia Saudita, Turchia ed Egitto.
La paura del programma nucleare iraniano, così come la sua aggressione regionale e globale, è stata il principale incentivo ad anni di cooperazione nell’ombra tra i Paesi arabi e Israele, una cooperazione che di recente è maturata apertamente negli Accordi di Abramo. Dal momento che Obama non è riuscito a offrire un sostegno agli arabi contro l’aggressione iraniana, questi ultimi hanno visto Israele come l’unico Paese da cui poter dipendere per la protezione.
L’Iran non abbandonerà mai quello che considera il suo diritto assoluto di diventare uno Stato in possesso di armi nucleari, né sotto l’attuale regime né sotto alcun regime futuro. L’archivio nucleare dimostra che, sebbene il regime abbia costantemente negato il suo programma di armi nucleari, lo ha portato avanti, in violazione del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare che Teheran firmò nel 1970, e nonostante i suoi obblighi previsti dal JCPOA ha messo in atto misure per continuare a farlo. Ha mentito all’AIEA e l’archivio mostra anche in dettaglio i modi in cui Teheran ha ingannato gli ispettori.
Nonostante le affermazioni contrarie, il JCPOA non avrebbe mai impedito all’Iran di dotarsi di armi nucleari (…) Le sue cosiddette “sunset clauses” (vale a dire le clausole dell’accordo che prevedono che i vincoli imposti al programma nucleare iraniano abbiano scadenze temporali prestabilite, N.d.T.). hanno fatto sì che nella migliore delle ipotesi l’accordo avrebbe potuto ritardare di alcuni anni l’acquisizione di armi nucleari da parte di Teheran (…) Qualsiasi rientro nel JCPOA da parte dell’amministrazione Biden, viste le pressioni esercitate da Brennan e da altri potenziali funzionari dell’amministrazione, non si tradurrà in un accordo rafforzato, ma probabilmente in uno ancora più debole.
Fatta eccezione per un cambio di regime dall’esito molto imprevedibile, non c’è altra alternativa che la coercizione. Israele ha posto fine al progetto nucleare iracheno nel 1981 e al progetto siriano nel 2007 lanciando attacchi aerei. Questi furono condannati all’epoca dagli Stati Uniti e dai Paesi europei. Ma in seguito vennero riconosciuti come passi fondamentali per la sicurezza regionale quando l’invasione del Kuwait da parte di Saddam dovette essere respinta e lo Stato Islamico in Siria distrutto.
L’Iran ha imparato da queste azioni precedenti, e attacchi aerei efficaci contro il suo programma nucleare potrebbero essere molto più complicati e sanguinosi, sebbene non possano essere esclusi se necessario. Nel frattempo, si è svolta una campagna non ascrivibile per contenere le ambizioni nucleari iraniane, tra cui Stuxnet e altri attacchi informatici, sabotaggi e operazioni segrete contro impianti nucleari e uccisioni mirate di scienziati nucleari. L’eliminazione di Fakhrizadeh è stata l’ultima e probabilmente la più importante di queste, sia in termini di deterrenza sia di privazione di competenze. La potenziale efficacia di queste azioni è stata rafforzata dalla campagna di “massima pressione” economica del presidente Trump. Insieme, queste misure rappresentano la migliore opportunità per ritardare il programma nucleare iraniano e per contenere la sua aggressione non nucleare, senza attacchi convenzionali o guerra aperta.
Chi è contrario a questa politica non riesce a comprendere il pericolo che un Iran dotato di armi nucleari rappresenta per la regione e per il mondo, crede erroneamente che il programma possa essere fermato ricorrendo all’uso di mezzi diplomatici o approva una dittatura fanatica in possesso di armi nucleari. Brennan e i sostenitori europei della sua argomentazione sembrano credere che l’Iran possa essere contenuto attraverso l’appeasement e la negoziazione piuttosto che con la forza militare e la determinazione politica. Questa è una mancanza di comprensione della psicologia e dell’ideologia della leadership iraniana. Il percorso auspicato dai sostenitori dell’appeasement può solo portare nelle strade dell’Iran a spargimenti di sangue, a violenze e a sofferenze infinitamente maggiori della morte di un disdicevole terrorista.
Il colonnello Richard Kemp è stato comandante delle forze britanniche. È stato anche a capo della squadra internazionale contro il terrorismo nell’Ufficio di Gabinetto del Regno Unito e ora è autore e conferenziere su questioni internazionali e militari.