L’Occidente si piega alle leggi sulla blasfemia

L’Occidente si piega alle leggi sulla blasfemia
Ritorno al Medioevo!

di Judith Bergman
12 marzo 2017

Pezzo in lingua originale inglese: The West Submits to Blasphemy Laws
Traduzioni di Angelita La Spada

“Ora che l’islamofobia è stata condannata, questa non è la fine, ma piuttosto l’inizio (…)”. – Samer Majzoub, presidente del Canadian Muslim Forum e affiliato ai Fratelli Musulmani.

La mozione non fornisce ancora alcuna definizione né alcuna statistica a sostegno dell’affermazione secondo cui “l’islamofobia” in Canada rappresenta un problema.

Tuttavia, non dovrebbe indignare nessuno il fatto che la prima mozione di condanna dell’islamofobia abbia trovato rapidamente seguito in una nuova proposta che chiede misure governative concrete.

L’Occidente si piega alle leggi sulla blasfemia. La Danimarca, ad esempio, avrebbe deciso che è giunto il momento di invocare una polverosa e vecchia norma del codice penale sulla blasfemia, che fino ad ora è stata utilizzata tre volte. L’ultima volta è accaduto quasi mezzo secolo fa, nel 1971. La procura generale danese ha di recente incriminato un uomo per aver bruciato una copia del Corano.

In Occidente, la blasfemia intesa come reato penale è da secoli considerata un retaggio del passato. In una società largamente senza Dio, poche persone si offendono per commenti o atti blasfemi. I cristiani non attaccano i presunti blasfemi con pistole e coltelli, e i redattori non si preoccupano di “offendere” i cristiani.

Nel 1997, un artista bruciò una copia della Bibbia durante un programma andato in onda sulla televisione di Stato. Nessuno venne incriminato, anche se ci furono delle denunce e la magistratura condusse indagini sul caso.

Adesso però, un uomo danese sarà processato perché ha bruciato una copia del Corano nel suo giardino e poi ha postato il video sulla pagina Facebook aperta al pubblico di un gruppo intitolato “Sì alla libertà, No all’Islam” con il seguente testo di accompagnamento: “Pensate al vostro vicino di casa, quanto puzza quando brucia”. Il procuratore generale Jan Reckendorff ha dichiarato:

“La procura ritiene che bruciare testi sacri come la Bibbia e il Corano implichi in alcuni casi una possibile violazione della norma in materia di blasfemia, riguardante lo scherno pubblico o il vilipendio di una religione. Noi riteniamo che le circostanze di questo caso richiedano che esso sia perseguibile in modo che i tribunali abbiano la possibilità di assumere una posizione sulla questione”.

Il procuratore generale potrebbe aver menzionato la Bibbia soltanto per correttezza. Dopo tutto, nessuno è stato perseguito per aver dato fuoco alla Bibbia in Danimarca, e anche il fatto di averla bruciata in un programma della televisione di Stato non è stato considerato sufficientemente offensivo. Il Corano è ovviamente una questione molto diversa.

La decisione ha riacceso il dibattito sulla necessità di abolire in Danimarca la norma sulla blasfemia, una questione che salta fuori periodicamente.

In Norvegia, la norma contro la blasfemia è stata abolita nel 2005. Un sondaggio condotto a gennaio ha mostrato che il 41 per cento dei musulmani norvegesi ritiene che la blasfemia debba essere punita e il 7 per cento pensa che ovunque si dovrebbe punire la blasfemia con la pena di morte.

In Gran Bretagna, almeno un uomo è stato perseguito e condannato per aver bruciato il Corano (nel 2011) e qualcuno è stato arrestato nel 2010 e nel 2014 .

L’applicazione delle norme sulla blasfemia, così fuori luogo in un’Europa in gran parte postcristiana, fa tornare in mente il Medioevo, quando la blasfemia era ferocemente perseguita dalla Chiesa. La società moderna europea deve davvero aspirare a tornare a un’era come questa, dopo secoli di lotte per la libertà di parola?

In Canada, invece, vengono approvate mozioni anti-islamofobia, che mirano gradualmente a vietare ogni critica mossa all’Islam – e che si ispirano alle leggi islamiche sulla blasfemia. A febbraio, il parlamento dell’Ontario ha approvato all’unanimità una mozione anti-islamofobia, che esorta i legislatori a “prendere posizione contro ogni forma di odio, ostilità, pregiudizio, razzismo e intolleranza; biasimare la crescente ondata di retorica e sentimenti anti-musulmani” e “condannare ogni forma di islamofobia”. È superfluo dire che mozioni del genere sono state introdotte per proteggere l’Ebraismo o il Cristianesimo.

Nell’ottobre 2016, il parlamento nazionale del Canada ha approvato all’unanimità una mozione anti-islamofobia, che è frutto di una petizione presentata da Samer Majzoub, presidente del Canadian Muslim Forum e affiliato ai Fratelli Musulmani. Nessuno però sapeva cosa si stesse condannando: la critica dell’Islam? La critica del musulmani? Si discuteva se l’Isis fosse una vera manifestazione dell’Islam? Nessuno lo sapeva, visto che nessuno si era preoccupato di stabilirlo.

La mancanza di definizione non ha scoraggiato Iqra Khalid, una deputata liberal, dal presentare una nuova proposta di legge sulla scia di quella precedente, la mozione M-103. La proposta chiede che “l’islamofobia” non solo sia condannata, ma che il governo metta a punto un approccio esaustivo per ridurre o eliminare l’islamofobia. La mozione non fornisce ancora alcuna definizione né alcuna statistica a sostegno dell’affermazione secondo cui “l’islamofobia” in Canada rappresenta un problema. Tuttavia, non dovrebbe indignare nessuno il fatto che la prima mozione di condanna dell’islamofobia abbia trovato rapidamente seguito in una nuova proposta che chiede misure governative concrete. Dopo l’approvazione della prima proposta di legge, l’uomo che ha presentato la petizione iniziale, Samer Majzoub, ha rilasciato questa dichiarazione in un’intervista al Canadian Muslim Forum:

“Ora che l’islamofobia è stata condannata, questa non è la fine, ma piuttosto l’inizio (…). Dobbiamo continuare a lavorare politicamente e socialmente, e con la stampa. Si soleva mettere in dubbio l’esistenza dell’islamofobia, ma ora non occorre preoccuparsi di questo, perché tutti i blocchi e le figure politiche, rappresentati dalla suprema autorità legislativa canadese, hanno discusso di questa esistenza. Dobbiamo indurre i responsabili delle decisioni politiche a fare qualcosa, soprattutto quando si tratta dei liberal, che hanno dimostrato di avere una palese apertura per quanto riguarda i musulmani e tutte le etnie (…). Tutti noi dobbiamo lavorare sodo per mantenere la nostra lotta pacifica, sociale e umanitaria, in modo che la condanna sia seguita da politiche esaustive”.

L’Occidente vuole davvero che si ritorni all’Inquisizione del Medioevo?

Judith Bergman è avvocato, scrittrice, editorialista e analista politica.