Le parole della tristezza

Le parole della tristezza

È tutta questione di… umanità.

Tristezza_00David Karp scrive un testo intitolato Parlando di tristezza (Karp D., 1996, Speaking of Sadness, Oxford University Press, New York).

Alla base di questa sua ricerca risiede l’idea dell’interazionismo simbolico, secondo la quale se esaminiamo i modi attraverso cui le persone attribuiscono un senso al proprio mondo, utilizzando i significati che il linguaggio attribuisce alle proprie azioni e a quelli degli altri, è possibile comprendere l’interiorità umana.

Una ricerca di questo tipo si fonda, evidentemente, sull’idea che è possibile individuare una sintonia tra il ruolo che i simboli svolgono nella vita quotidiana e il linguaggio.

In questa ricerca, l’autore ci presenta numerose interviste con adulti clinicamente depressi e scopre che l’utilizzazione di un preciso linguaggio è importante per definire la loro realtà. Inoltre, questa autodefinizione conferisce forma alle azioni che i depressi possono immaginare e infine compiere.

All’inizio delle loro esperienze di vita, gli intervistati non avevano spesso il vocabolario adeguato che permettesse loro la giusta espressione dei propri problemi esistenziali. Quando, in seguito ad un percorso di tipo psicoterapeutico, essi giungono a denominare “depressione” la propria situazione quotidiana, iniziano anche a considerarla sotto una nuova luce.

Nel momento in cui si riconoscono in grado di qualificare la propria esperienza come una situazione depressiva, gli intervistati sviluppano un nuovo significato del proprio Sé, conferendo una diversa forma responsiva al dolore.

Tristezza_01In effetti, la situazione cambia decisamente.

Attraverso l’identificazione della malattia, si modificano le interazioni sociali degli intervistati all’interno delle famiglie e con gli amici, e viene a infrangersi quell’isolamento sociale che è al centro dell’esperienza quotidiana depressiva.

Questo processo di definizione linguistica della malattia ha richiesto ovviamente del tempo e molti pazienti sono arrivati a comprendere che le patologie sono qualche cosa che la società definisce. È la cultura a stabilire quando una malattia può essere considerata tale e anche la depressione rientra in questo percorso culturale, grazie al quale da vera e propria patologia può rientrare in una condizione esistenziale che è possibile affrontare, senza che, necessariamente, sia definita un problema psichiatrico irrisolvibile.

In effetti, è importante ricordare che le idee e quindi i termini di ansia e depressione non fanno parte del sistema linguistico di molte lingue umane, e quindi esistono persone che non possono utilizzare questi termini/idee per definire la loro realtà.

In sostanza, quando io stesso faccio riferimento al concetto di strumenti cognitivi per affrontare i temi della globalizzazione, mi riferisco proprio alla necessità di possedere e padroneggiare quei termini, e quindi quelle locuzioni sintattiche, che ci permettono di far emergere il nostro livello di consapevolezza rispetto al mondo stesso.

 

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).