𝐋𝐞 𝐞𝐫𝐞𝐝𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐁𝐞𝐫𝐥𝐮𝐬𝐜𝐨𝐧𝐢
Dieci anni fa, di questi giorni, cadeva l’ultimo governo di centro-destra.
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Le eredità di Berlusconi
Dieci anni fa, di questi giorni, cadeva l’ultimo governo di centro-destra. E finiva la storia del berlusconismo. Non cadeva come le foglie d’autunno per decorso naturale e responso delle urne; ma per un “combinato disposto” fondato sullo spread, un golpe istituzionale euro-italiano e l’azione dei magistrati. Non torneremo sull’argomento e sull’uso spregiudicato della borsa e della toga. Piuttosto ci chiediamo quale fu l’eredità lasciata da quell’esperienza di governo e da quell’epoca che fu detta berlusconiana. Premessa d’obbligo anche se scontata: è una valutazione personale, non c’entra la linea del giornale.
Il governo berlusconiano fu un’occasione mancata per la destra in Italia. I suoi meriti di partenza erano evidenti: Berlusconi e i suoi alleati avevano fermato, o almeno frenato, l’avvento della sinistra al governo; e non solo al potere, dove c’era già e c’è ancora. Merito indubbio che costò non poco al premier e ai suoi tre governi. In secondo luogo, Berlusconi aveva avuto il merito di cucire un’alleanza vincente tra forze diverse, riuscendo a confederare la destra nazionale venuta dal Msi, la Lega nordista di Bossi e le eredità sparse di democristiani, liberali e socialisti. Ma non assemblò solo forze diverse; l’originalità ardita e dirompente fu che riuscì a mettere insieme moderati e radicali, centristi, destre, populisti e nazionalisti. Sappiamo che in Europa la sinistra e i suoi alleati vincono sui loro avversari perché vige il veto sulle destre ritenute radicali: anche in paesi in cui esiste un potenziale di centro-destra largamente maggioritario, il divieto di alleare il centro e la destra favorisce le coalizioni di centro-sinistra e avvantaggia le sinistre al governo. Il caso della Francia è emblematico: gollisti, lepenisti e nuovi leader come Zemmour insieme hanno la grande maggioranza dei francesi ma non potendo coalizzarsi, nemmeno al secondo turno, alla fine vincerà ancora il presidente minoritario (e per alcuni minorenne) Macron. Berlusconi fece saltare questo gioco e imbarcando destra, lega e reduci del Caf (l’alleanza Craxi, Andreotti, Forlani) vinse la partita per ben tre volte.
Furono questi i motivi che ci spinsero a sostenere la sua esperienza di governo e difenderla dai linciaggi permanenti che subiva. Però, qui veniamo al bilancio critico che accennavamo: le occasioni raccolte al voto non dettero buoni frutti. Certo, se lo paragoniamo ai governi opposti, quelli berlusconiani non sfigurano e magari furono preferibili al confronto. Ma non furono una svolta nel paese, non produssero grandi cambiamenti, non innovarono o “ammodernarono” lo Stato, come diceva Berlusconi, né lasciarono cospicue eredità politiche. Non arginarono il degrado civile e sociale. Eppure due furono governi lunghi, di solida maggioranza. La destra fu evanescente, come il suo leader, ma questo non fu colpa in primis di Berlusconi. E i grandi temi civili, nazionali, tradizionali, culturali della destra non trovarono spazio e alcun progetto. Anche sul piano internazionale Berlusconi ebbe buone intuizioni e avviò valide alleanze ma non dette i frutti sperati. Alla fine l’ultima grande esperienza politica in Italia, l’ultimo statista con tutte le sue ombre è stato Bettino Craxi.
Berlusconi non fu uno statista perché la sua personalità (e anche i suoi interessi personali) prevalsero sempre su quelli dello stato; la sua mentalità di imprenditore privato, il suo istrionismo, il suo egocentrismo prevalsero su ogni altra valutazione. Alla fine la sua fu un’esperienza monarchica in piena repubblica; una monarchia pubblicitaria, non ereditaria, commerciale, non dinastica, fondata sul potere di seduzione del sovrano-sultano.
Tornando a quegli anni ricordiamo tutti che si parlava di lui come di un Tiranno, sul punto di instaurare un’autocrazia, un regime, stampa e magistrati annunciavano la fine dello Stato di diritto, lo strappo alla Costituzione. In realtà Berlusconi lasciò un’eredità di segno opposto: una società permissiva, “licenziosa” che compiaceva il popolo (populismo piacione); abortì la rivoluzione liberale ma non il “libera tutti” liberista-libertario (qualcuno aggiungerebbe libertino). E la sinistra mantenne l’egemonia culturale sul paese. Quanto alla Costituzione, le peggiori violenze sono state compiute a maggioranza quasi unanime, col fiscal compact, le cessioni di sovranità all’Europa e alle Regioni, poi calpestando gli articoli in difesa della famiglia e infine con le recenti restrizioni dei diritti elementari in un prolungato regime di emergenza; non certo ad opera della destra o di Berlusconi. Il berlusconismo passò come acqua fresca e non lasciò un’impronta di opere e riforme memorabili.
Berlusconi ha avuto tante vite e si vedono tutte sulla sua faccia, benché vastamente rifatta: una vita da costruttore, una da impresario televisivo, poi da editore, una da presidente del Milan, una da leader politico e governativo, una da satiro gaudente con uno sciame di donne, donnette e donnacce al seguito. E si è fatto, rifatto e disfatto un sacco di volte, passando dalla reggia alla casa di riposo, tramite tribunale; e ritorno. È stato l’italiano più importante degli ultimi trent’anni. E anche il premier più duraturo, più odiato e più amato nella storia della Repubblica italiana. I suoi nemici non lo hanno mai inchiodato alle cose da fare ma sempre e solo al suo modo di essere. Non l’hanno mai incalzato sulle priorità disattese ma sulla sua vita privata e passata. Non si preoccupavano dell’Italia ma erano presi dal livore di distruggerlo, metterlo fuori uso, magari in galera. Abbiamo vissuto stagioni di odio come non ci era capitato di vivere nemmeno negli anni di piombo, l’Italia spaccata a metà pro e contro di lui. E l’odio si trasferiva su chi non lo considerava una bestia di satana da abbattere, semmai un male necessario per risparmiarci la sinistra che era il peggio. Adesso che scorrono i titoli di coda, appare il Quirinale…
MV, La Verità (12 novembre 2021)