La verità fa male

aborto_-150x150La verità fa male
È tutta questione di… confronto.

Cantava così Caterina Caselli, ai tempi dei miei genitori. Quando ero più giovane, il rapporto con loro, mio padre e mia madre, passava anche attraverso le canzoni che ascoltavano. E accade ancora oggi, nella maggioranza delle famiglia italiane. Un sano modo per condividere emozioni.

Ma non voglio parlare di questo, mentre il can can legato a questa notizia è decisamente più appetibile per me, dal punto di vista antropologico-mentale.

Io sono dichiaratamente contro l’aborto, ma non mi sognerei mai di impedire ad una femmina umana, che abbia o meno accanto a sé il maschio padre, di abortire. E penso che lo Stato, in quanto garante il più possibile di tutte le istanze dei cittadini, in quanto laico, debba garantire l’esercizio della libertà personale, quando questa non offenda la comunità. Dunque, chi voglia abortire è giusto che lo faccia. E se dopo starà male, spero che sia stato avvertito che la cosa non è certamente una passeggiata di salute. Certo, vi sono condizioni esistenziali in cui versano certe femmine umane che sono a dir poco penose, con un Stato completamente assente. E questo è il problema originario e ben più grave, dal mio punto di vista.

Certo, mi sembra altrettanto auspicabile che tutte le femmine umane fertili, quando entrano nel periodo sessuale maturo, sappiamo esattamente cosa la scienza conosce circa la gravidanza. Cosa si sa del feto, dalle prime sino alle ultime settimane; come si affronta questo periodo importante della vita di una donna, a cosa si va incontro e come, fondamentale, si può evitare di rimanere incinte. Ed io, ovviamente e in linea con le mie convinzioni a favore del bios, sono anche contrario alla pillola del giorno dopo, la RU486.

Sapere quando si formano i polmoni, il cuore, lo splancnocranio e decidere personalmente se tutto questo è già vita, mi sembra giusto e legittimo. Ma ogni opinione personale, non è mai personale, perché si basa sul nostro vivere assieme agli altri, ossia assieme alle opinioni e credenze altrui. E questo insieme si chiama cultura, intesa in senso antropologico. E fa parte della cultura anche la scienza, ossia ciò che affermano le ricerche scientifiche circa un argomento: in questo caso, ciò che si dice intorno alla vita di un feto. E sappiamo che anche la scienza non è sempre esatta, perché esistono diverse scuole di pensiero. Certo, io faccio fatica a credere che esistano scuole di pensiero in grado di dire quando inizia e quando termina la vita, se non sulla base di opinioni del tutto teoriche e falsificabili.

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Ecco perché, sono sostanzialmente d’accordo su questo manifesto. Alle donne umane cui disturba invece vedere in grande ciò che hanno e potrebbero avere in piccolo, consiglio di imparare a leggere, consultare i ginecologi a tempo debito, e capire che la sessualità, anche se fa divertire, non è sempre un divertimento assicurato nel tempo.

alessandro_bertirotti3Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È stato docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà; vice-segretario generale della CCLPW , per la Campagna Internazione per la Nuova Carta Mondiale dell’educazione (UNEDUCH), ONG presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e il Parlamento Europeo, e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).

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