La riflessione
È tutta questione di… miseria.
Il termine riflessione esprime un concetto che acquista significati differenti in base al contesto di riferimento in cui è inserito.
Ma ciò che è importante in questa sede osservare è che questo termine pone in evidenza, e sempre, un rapporto plurimo fra le cose: a) la riflessione, in geometria, è parte delle isometrie, che sono tutte quelle trasformazioni, movimenti e spostamenti, che mantengono inalterate le caratteristiche misurabili delle figure geometriche euclidee; b) in informatica, la riflessione è la capacità di un programma di eseguire elaborazioni su se stesso, andando a modificare la struttura interna del programma stesso; c) in fisica, la riflessione è la capacità di un’onda elettromagnetica di cambiare direzione quando incontra nel proprio tragitto un materiale riflettente; d) in filosofia, con particolare riferimento ad Aristotele, la riflessione è la capacità dell’intelletto di conoscere ed essere consapevole di questa conoscenza; e) in computer grafica, la riflessione è un effetto grafico-visivo che emula la riflessione fisica degli oggetti, per cui un oggetto tridimensionale è percepito con i riflessi che lo contraddistinguono, quando esposto a una sorgente luminosa.
È chiaro, dunque, che la riflessione è parte fondante e integrante il nostro modo di stare nel mondo, e che grazie ad essa tutte le cose sono in relazione fra loro. Una relazione della quale non sempre siamo consapevoli e che eppure esiste, e determina la visione d’insieme che noi ci facciamo delle cose, della realtà e degli altri.
Se prendessimo coscienza di questa relazione indissolubile fra la nostra individualità e le cose del mondo, quasi certamente i nostri comportamenti legati all’idea di autonomia e originalità subirebbero un severo ridimensionamento.
Per esempio, ognuno di noi crede di essere il sole per se stesso e per la vita altrui.
Siamo educati, anche dalla scuola, a credere che il mondo sia come un sistema solare con il sole, noi, il nostro ego, al centro e in grado di illuminare e riscaldare tutte le cose che entrano in contatto con noi.
E quando qualche pianeta che ci gira attorno (per esempio, i nostri amici…) nel suo moto di rotazione ci gira le spalle, affinché siano quelle a dover essere illuminate e riscaldate, crediamo di essere traditi, mentre si tratta semplicemente di un moto naturale del pianeta, nell’ambito del suo sistema. E il nostro dovere, visto che ci sentiamo dei soli, dovrebbe rimanere quello di continuare a fare il sole: illuminare, riscaldare, etc.
Anche se può sembrare esagerato affermare che ognuno di noi crede di essere il sole del proprio sistema solare, di fatto accade proprio così nella mente di ognuno di noi, perché è questo che emerge come tratto distintivo della nostra specie durante la sua evoluzione in questo mondo.
Ecco, penso che proprio in quest’ottica dovremmo interpretare gli ultimi incontri internazionali che i cosiddetti soli della terra hanno condotto.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).