La ribollita
È tutta questione di… realismo.
Certo, rimpiangere la Minestra Fedeli è segno o evidenza di qualche cosa di sconvolgente. D’altra parte, non è possibile fare altrimenti, quando abbiamo una nuova Minestra (in Toscana, meglio ribollita) che non è nelle condizioni di parlare in italiano, sia dal punto di vista semiologico che semantico. E forse è persino chiederle troppo: conoscere la differenza fra lo studio dei segni e quello dei significati.
Comunque, ciò stabilito, questa volta mi trovo davvero in sintonia con il PD, anche se per motivi diversi da quelli che il “miope PD” adduce. Quando parliamo di scuola, alfabetizzazione e “cultura“ in generale, dobbiamo fare riferimento quasi esclusivamente ad una formazione di sinistra, perché la destra non è mai stata in grado di proporre un progetto educativo che fosse di grande respiro, senza esclusivamente riferirsi al liberismo economico.
Ora, proprio in riferimento agli imbuti, che sono solo strumenti e non soggetti umani, l’attuale Ribollita, che governa dall’alto della sua “attitudine” (caratteristica comune ad altri suoi colleghi e colleghe dell’attuale governo) sostiene che sia importante fare il concorso ad esami per migliaia di precari. È chiaro che Minestra riscaldata non sa che questi docenti stanno insegnando da anni, chiaro esempio del solito sfruttamento tutto italiano. E che la preparazione ad un concorso, secondo i programmi che ha in mente, è semplicemente una follia inutile, anche se caratterizza la nullità di cui lei stessa è espressione.
Perché affermo questo?
Ritengo che i concorsi siano assolutamente una farsa, specialmente quando sono rivolti a coloro che stanno già esercitando il ruolo per cui si dovrebbe concorrere. In sostanza, è come affermare che siamo di fronte ad individui che esercitano una professione per la quale non sono preparati, e nei confronti della quale lo Stato è sostanzialmente un “pagatore inutile”. Non si capisce perché questi precari dovrebbero percepire lo stipendio quando non sono nelle condizioni di esercitare la loro professione. Inoltre, non penso che intenderanno cambiare il loro stile di insegnamento e la loro capacità cognitiva, nell’eventualità dovessero strutturarsi a tempo indeterminato.
E non ne faccio nemmeno una questione di zio Covid-19, ossia di contagio, per quanto riguarda il luogo in cui fare un concorso (come, invece, afferma la sinistra). Si tratta proprio di una questione di principio. Si dovrebbe poter accedere alla strutturazione a tempo indeterminato sulla base del numero di anni già “sprecati” nell’esercizio della professione.
E, al posto di indire nuovi concorsi, sarebbe davvero molto più fruttuoso verificare il livello di aggiornamento dei docenti, la loro motivazione all’insegnamento e, quindi, la spinta interiore che li porta ad esercitare una professione per la quale è necessario un costante e continuo rapporto con la realtà contemporanea dei nostri giovani.
Ma questo sarebbe troppo per una ribollita.
Alessandro Bertirotti si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Statale di Musica di Pescara e laureato in Pedagogia presso l’Università degli Studi di Firenze. È docente di Psicologia per il Design all’Università degli Studi di Genova, Scuola Politecnica, Dipartimento di Scienze per l’Architettura ed è attualmente Visiting Professor di Anthropology of Mind presso l’Universidad Externado de Colombia, a Bogotà e presidente dell’International Philomates Association. È membro della Honorable Academia Mundial de Educación di Buenos Aires e membro del Comitato Scientifico di Idea Fondazione (IF) di Torino, che si occupa di Neuroscienze, arte e cognizione per lo sviluppo della persona. Ha fondato l’Antropologia della mente (www.bertirotti.info).